Ciao Christian e grazie per il tempo che ci concedi. Ti va come prima cosa di presentarti per i nostri lettori?

Certo, mi chiamo Christian Steve Scampini e sono nato a Milano. Nasco come fumettista ma negli ultimi sette/otto anni ho lavorato come concept artist. Ho collaborato per molte aziende internazionali e italiane più o meno grosse come Forge Reply e Ubisoft. Adesso lavoro per 34BigThings che è uno degli studi di videogiochi riuniti sotto il gruppo T-Union. Ci stiamo occupando di diversi giochi per console che usciranno il prossimo anno.

Qual è la tua figura nello specifico?

Lavorando in Italia sono costretto ad essere un concept artist a 360 gradi, grazie alle skill accumulate in molti anni d’esperienza riesco a coprire tutti i settori: character, creature, environment, weapon ecc.

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Su che titoli hai lavorato quando stavi in Ubisoft Milano?

Ho lavorato a Raving Rabbids, Just Dance e qualche altro progetto interno. Ubisoft Milano si è occupata di grandi progetti e devo dire che mi sono trovato davvero molto bene, le persone che ci lavorano sono grandi professionisti come il buon Mauro Perini e Fabrizio Stibiel.

display_steve99-frozen-maleficentAvendo parecchia esperienza nel settore ci puoi dire quali sono le maggiori differenze nel gestire il lavoro artistico tra un progetto internazionale dalle grosse risorse e una piccola produzione?

I progetti internazionali essendo grosse produzione richiedono un lavoro di team molto più fine, con grande esperienza. Hai degli obiettivi, sai cosa devi fare perché sei un professionista, e cerchi di portarli a termine gestendoti con altri reparti. Questo è molto bello in quanto ti permette di lavorare a grossi progetti e di riuscire a trovare metodi lavorativi nuovi, soprattutto perché spesso i tempi sono molto stretti. Invece con produzioni più piccole, “indie” o che dir si voglia, la cosa bella, o la differenza, è che puoi avere un fattore decisionale molto maggiore. Questa cosa è molto importante per tanti artisti, non soltanto concept artist, ma anche 3D artist. Molti passano da grosse a piccole produzioni, perché avere la libertà di poter decidere le cose realmente è molto diverso. Avere un team con una gerarchia “piatta” permette di inserire anche una parte di te, un tuo contributo personale, che è una cosa bella e importante che ovviamente, in grosse produzioni di cinque, seimila persone non accade. Insomma ci sono pregi e difetti per entrambe le realtà.

Nel realizzare artisticamente un Assassin’s Creed in che modo si può contribuire con la propria creatività alla formazione di un setting cosi realistico. Che tipo di limiti vi date nel rappresentare un periodo storico che di fatto deve essere realizzato nella maniera più accurata possibile?

L’arte ispira l’arte. La nostra professionalità ci permette di avere quel margine di manovra artistico per cui ti viene detto ad esempio: “ok, devi occuparti di un personaggio ambientato nella rivoluzione francese, il cappuccio deve essere realizzato con questo stile, veditela tu“. Non significa però che puoi decidere liberamente, devi proporre la tua idea a chi sta sopra di te o comunque ai colleghi che ti aiuteranno a raffinare quell’idea a seconda della sceneggiatura, del game design ecc. Fare videogiochi non è lineare, tutti i vari reparti collaborano, si intersecano, c’è un equilibrio molto delicato, si deve essere umili perché bisogna non solo accettare le critiche ma anche assimilarle, digerirle e reinterpretarle per riuscire a ridare una variante che possa piacere anche a chi te le ha fatte. L’unione e la coesione delle idee e del lavoro di tutti i professionisti riescono in ogni progetto a creare delle cose uniche, anche partendo da un’idea generale.

Ovviamente vanno considerati anche i limiti tecnici immagino…

Assolutamente. A differenza di altri media, siccome parliamo di design, quando realizziamo un oggetto deve essere non solo bello e utile ma anche riproducibile. Si crea un concept che avrà un numero di poligoni che rientri nei limiti imposti, in modo che quando passa al reparto modellazione, il modellatore sa come va fatto e riesca a mantenere quel senso e quell’aspetto rimanendo dentro i limiti tecnici prestabiliti. Questo principio vale in tutti i reparti.

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Ormai quasi tutti i giochi sono tridimensionali. Se realizzi un bozzetto, per esempio un paesaggio, c’è poi un altra figura artistica che integra dei dettagli che non si vedono nel concept originale “2D” oppure sono cose di cui si occupa sempre chi ha realizzato l’idea originale?

In linea di massima si, è il concept artist che oltre a fare il mood si occupa di tutti gli elementi di contorno. Ci sono diversi tipi di concept artist e per ogni fase di lavoro diverse metodologie. Il concept artist non realizza solo le immagini di mood ma anche il materiale che va ai 3D artist, e ovviamente avendo realizzato il materiale sa come “girarlo”, crea proiezioni ortogonali nella maggior parte dei casi. Il modellatore ci mette del suo, non è legato a quello che facciamo noi. Il lavoro va avanti e indietro tra le due figure perché sono entrambe molto importanti e scambiandosi tecniche e stile arrivano insieme al risultato finale. C’è una continua evoluzione, è molto dinamico fare videogiochi, ci sono si dei paletti e imposizioni ma anche molta elasticità, la quale ovviamente diminuisce man mano che le scadenze si avvicinano.

C’è qualche tuo progetto futuro che vuoi consigliare di seguire ai lettori di Stay Nerd?

action_011-1024x576Posso consigliarvi di tenere sott’occhio un progetto che stiamo portando avanti con 34BigThings, Mixed Bag e il gruppo T-Union. Il videogioco si chiama Red:Out e ne sentirete parlare presto. In realtà all’estero già ne parlano, non ultimi quelli di Kotaku. È un racing che idealmente prende l’eredità di WipeOut, abbiamo implementato un sistema di gioco che omaggia il gioco cult di Psygnosis. L’alpha era giocabile alla Games Week e l’anno prossimo saremo su Steam.

Qualche considerazione finale sulla situazione italiana per quel che riguarda il fronte degli sviluppatori di videogiochi?

Una delle cose che manca in Italia non sono le professionalità, ma il mercato, abbiamo troppe poche società. Ci manca un sottobosco di realtà che ci permetta di elevarci per trasformare le case Indie in case di produzioni vere e proprie e far nascere nuove situazioni che permettano al settore di svilupparsi anche da noi. C’è la concreta prospettiva che nei prossimi 4-5 anni la situazione esploda a tutti gli effetti. Basta vedere come le scuole che cominciano ad occuparsi di questo stiano crescendo sempre di più. È assurdo che nel nostro paese abbiamo centinaia di migliaia di euro di fatturato come vendite di videogiochi e non come produzione. Dobbiamo ribaltare questa cosa. L’ambiente è ancora molto piccolo ma noi personalmente non consideriamo le altre realtà peggiori o avversarie, semplicemente facciamo progetti diverse e cerchiamo di contribuire tutti alla crescita generale dell’industria nel nostro paese.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!