Warhammer 40.000 Chaos Gate: Daemonhunters ha sicuramente qualche limite, ma chi siamo noi per lamentarci dell’opera dell’Imperatore?

La strategia di pubblicazione di Games Workshop per quanto riguarda i videogiochi sembra sempre essere stata una cosa come “pubblichiamo qualsiasi cosa con su scritto Warhammer ci venga proposta” senza alcuna cognizione di causa o controllo qualitativo. Vien da sé che il mercato è stato invaso, soprattutto negli ultimi anni, di giochi appartenenti al brand di dubbia qualità. Nel marasma ci sono ovviamente ottimi titoli: i Total War e i Vermintide dedicati a Warhammer fantasy o Space Marine e Dawn of War per quanto riguarda Warhammer 40.000, solo per citarne tra i più famosi.

Vero è che maneggiare il materiale di partenza non è cosa semplice, tra infinite possibilità di adattamento e l’enorme background narrativo che, costruito negli anni tra Codex e libri della Black Library, è certamente una fucina di storie che spesso pattinano sul filo tra l’epica militare e la parodia della stessa.

Il 2022 di Warhammer 40.000 sembra essere partito bene però, con l’annuncio di Space Marine 2 (yay!), la prossima uscita di Darktide – sviluppato dallo stesso studio di Vermintide -, e la pubblicazione di questo Warhammer 40.000 Chaos Gate: Daemonhunters. Un’ottima sorpresa, sia sotto il profilo narrativo che su quello strettamente ludico, che al netto di qualche scivolone evitabile è comunque un gioco divertente e frizzante che in più di un’occasione restituisce momenti di ignoranza warhammeriana di tutto rispetto.

Il gioco si apre con una prima missione tutorial che mostra già il potenziale coreografico del gioco, con uno scontro epico tutto slow motion, animazioni per gli attacchi speciali, granate inquadrate da vicino durante il lancio, colonne distrutte a colpire i nemici e spadate potenti sui denti di avversari che cadono mutilati sotto i nostri colpi, con una pesantezza delle mazzate restituita non solo dalle generose mutilazioni inferte ma anche da animazioni in grado di comunicare tutta la fisicità dello scontro. Ecco, la prima cosa che colpisce dalla prima missione del gioco è la regia del tutto, tanto da essere rimasto stupito del livello di eccitazione provato per quanto avveniva in quello che è un tattico a turni alla X-Com, non proprio il genere più dinamico al mondo insomma.

La seconda cosa a saltare all’occhio è la direzione artistica, un po’ inusuale per le atmosfere a cui siamo stati abituati dai titoli dedicati a Warhammer 40.000: Complex Games ha optato per un’estetica fondamentalmente cartoon, dai colori saturi e fortemente contrastati, differenziando quindi molto Chaos Gate: Daemonhunters dai toni cupi e gravi delle illustrazioni Games Workshop. La scelta potrebbe far storcere il naso, e mi rendo conto che si entra qui nella dimensione del gusto personale. Personalmente però ho trovato la decisione ben pesata, perché in questo modo il mondo di Warhammer prende una dimensione meno piatta e l’ultraviolenza e i toni militareschi perdono un po’ di quella connotazione di celebrazione della guerra per abbracciare meglio la vena grottesca che da sempre fa da ossatura al gioco.

Il tono del racconto è però sempre apocalittico, con la storia affidata a Aaron Dembski-Bowden, uno degli autori più noti della Black Library. Ci troviamo qui a capo di un manipolo di Grey Knights, un capitolo speciale tra i vari in forza all’Imperatore, che di ritorno dalla vittoriosa missione d’apertura del gioco si ritroverà a dover combattere contro un’infestazione voluta da Nurgle che sta contagiando, pianeta dopo pianeta, il sistema. Impossibilitati a tornare su Titano per le riparazioni, con la nave requisita da un’Inquisitrice, sarà nostro compito cercare di gestire al meglio le poche risorse e i pochi soldati disponibili per fare in modo che l’infestazione non divori ogni pianeta, grazie a una parte manageriale durante la quale ci sarà richiesto di migliorare le strutture della nave e di ricercare tecnologie mentre studiamo l’origine e le cause della tragedia imminente.

Ovviamente la parte gestionale è a margine del core del gioco, gli scontri sul campo, durante i quali i nostri Grey Knights dovranno affrontare le minacce che Nurgle schiererà sui vari pianeti. Come già visto questi sono molto coreografici e dinamici, anche se c’è qualche problema di bilanciamento e di struttura. Se le mappe sono sempre molto belle da vedere e da esplorare, e spesso ricche di elementi di scenario da sfruttare per avere un vantaggio, è innegabile che la scelta operata da Complex Games e riassumibile in “tiriamo in faccia ai Grey Knights orde enormi di nemici” vada un po’ a tagliare le gambe alla varietà dell’offerta. Inoltre, i nostri avversari sono un pochino troppo coriacei, e anche il cultista vestito di stracci resiste molto ai nostri colpi, mentre ne infligge parecchi ai nostri soldati.

Oltre alla questione legata alla lore (ma anche alla logica se vogliamo), per la quale non funziona un granché che un soldato geneticamente modificato, che indossa un’armatura che lo rende un carro armato e che è l’élite dell’impero più potente dell’universo abbia difficoltà ad avere ragione di un essere umano male in arnese, gli scontri si dilatano nel tempo in maniera un po’ artificiale, e se questo avrebbe anche potuto funzionare in una situazione narrativa differente, nel caso di Chaos Gate: Daemonhunters rompe un po’ la sospensione dell’incredulità (anche perché, alla minima ferita, i nostri Grey Knights ci metteranno giorni interi a riprendersi).

Un peccato, perché il sistema di combattimento è eccezionale nel suo mescolare corpo a corpo e attacchi a distanza. La struttura è quella canonica di X-Com senza le percentuali di riuscita di un attacco. È possibile costruire una squadra efficace e diversificata per equipaggiamento e classi, ognuna con la sua build perché ogni personaggio ha un albero delle abilità grazie al quale anche due soldati della stessa classe possono essere estremamente diversi tra loro. Inoltre, l’obbligo di ruotare costantemente i soldati perché come detto alla prima ferita devo stare fermi per giorni (o partecipare alle battaglie in condizioni non ottimali, con il rischio aumentato di morire), costringe ad adattarsi alle situazioni in modo dinamico dando varietà a degli scontri che altrimenti sarebbero sempre uguali data la struttura che hanno. Avrei apprezzato quindi più varietà di design, ma il risultato complessivo è comunque ottimo.

La parte migliore è però la possibilità di recuperare punti azione per tutta la squadra facendo un’esecuzione corpo a corpo, eseguibile solo dopo aver stordito il nemico con diversi colpi. In questo modo si è spinti ad essere sempre vicini al nemico per tenerlo sempre sotto pressione, nel tentativo di inanellare esecuzioni così da non cedere mai il turno al nemico. Quando si entra in questo mindset il gioco guadagna tutto un altro gusto, e ci si trova a spingere con la propria squadra il nemico che, con una buona pianificazione, cade inerme sotto i nostri colpi.

Provando e riprovando lo stesso scontro più volte mi sono accorto della profondità tattica offerta: ogni mossa conta, e ogni mossa eseguita correttamente permette di avere quella spinta in più che potrebbe portare a un reale controllo del campo di battaglia, così come ogni errore e ogni leggerezza, ma anche ogni scontro affrontato con lo spirito del “vabè gli sparo e basta” senza attenta valutazione delle possibilità e delle conseguenze, può lasciare i nostri soldati trenta giorni a riposo nell’Apotecarium.

Giocando a Warhammer 40.000 Chaos Gate: Daemonhunters ho avuto momenti di fatica fisica e mentale, ho vissuto scontri sul filo del rasoio durati anche un’ora, ho attirato gli avversari in un punto per poterli aggirare, o li ho divisi per poterli prendere su più fronti. Ho fatto ritirate strategiche, ho visto soldati morire senza motivo per una mia leggerezza, ma ho soprattutto avuto grandi soddisfazioni.

Resta l’amaro in bocca di quello che avrebbe potuto essere Chaos Gate: Daemonhunters con un pochino in più di varietà e di bilanciamento, perché tutto il resto è lì su quei campi di battaglia, e funziona incredibilmente bene.

Si allega una foto che ritrae la mia sensazione ogni volta che avviavo il gioco:

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.