Wonder Woman, una figura dalla potenza immensa nelle sue implicazioni culturali e sociali

Pochi conoscono le origini di Wonder Woman, credendo che il concept del personaggio si basi sul mero recupero della mitologia greca e la sua ibridazione con il mondo moderno e super-eroistico. Molte sono le istanze che costruiscono questo personaggio che da ottanta anni continua ad affascinarci con i comics e la cinematografia.

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A caccia di archetipi

Gli archetipi per delineare la figura fumettistica di Wonder Woman non sono pochi, per questo il focus sarà dedicato alle digressioni della letteratura fantastica che volontariamente o meno hanno influenzato il successivo immaginario dei comics.

Robert Howard, il creatore di Conan, ha contribuito a tratteggiare i contorni di quelle cosiddette badass women, figure femminili forti, indipendenti e sfrontate, con il suo mini-ciclo di racconti storici Dark Agnes. Donna di spada. Una giovane fanciulla francese che manda a tappetto, con colpi di spada e parolacce, cavalieri, briganti e progenie oscure! Il tutto senza far (s)cadere la protagonista in situazioni erotiche e stereotipate. La bellezza femminile non è un’arma, bensì un problema che la porta a scontrarsi con uomini lascivi. Agnes non ha paura di vivere in un mondo di uomini opprimenti. La sua controparte fumettistica, seppur molto succinta, è poi confluita nel personaggio di Red Sonja.

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Essenziale è la figura di Catherine Lucilie Moore, celebre firma di Weird Tales che con il ciclo di Jirel di Joiry sigla una delle pietre miliari della letteratura fantasy al femminile nel 1934. La paladina Jirel si impossessa del retaggio cavalleresco medievale di matrice esclusivamente maschile e lo fa proprio, portando i suoi ideali nobili contro la società e nemici soprannaturali. A differenza di tantissimi altri protagonisti dell’heroic-fantasy Jirel è una donna con profonda caratterizzazione psicologica, mossa e mal consigliata da ansie e dubbi che la rendono coerentemente umana e non un effimero archetipo su carta.

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Un altro esempio di questa narrativa “femminista” viene svelato nel racconto L’isola di Francis Stevens dove il patriarcato è stato effettivamente surclassato dal matriarcato e il mondo è retto da un’utopia tutta al femminile, infatti le donne ricoprono tutti i ruoli di rilievo. 

In questo racconto weird la protagonista e uno sventurato naufragano su un’isola deserta ma florida; si viene a scoprire che anche l’isola possiede un sesso e una sfera emotiva al femminile. L’isola non solo ha dei pensieri-sentimenti ma riflette lo stato d’animo della donna. Se la donna è felice il clima è benevolo, se lei è arrabbiata iniziano ad arrivare le tempeste. L’isola decide di implodere e morire quando l’uomo, con la sua bassissima sensibilità, inizia ad imprecare e a comportarsi da vile. Si scatena una tempesta e delle eruzioni che devastano il tutto, ma per fortuna l’uomo e la donna riescono a salvarsi e a tornare nel regime delle donne. Il racconto è stato scritto nel 1918, quando le donne in America ancora non avevano il diritto al voto ma rimane sintomatico per rilevare come il sottobosco socio-letterario sentisse l’esigenza di differenziare i propri tropi e protagonisti, per dare al pubblico una più ampia varietà di genere e tematiche.

Wonder Woman, la nascita

La figura di Wonder Woman si incanala in questa falsa riga narrativa e iconografica per diminuire il monopolio machista dei fumetti americani, contaminati dalla presenza erculea di Super Man e i suoi epigoni o pallidi imitatori.

Sullo scorcio degli anni ’40 un pubblico molto giovane e ineducato culturalmente si cibò senza sosta della cultura super-eroistica; ciò non venne accolto positivamente dai sociologi del tempo e anche da diverse istituzioni scolastiche supportate da movimenti genitoriali. Per arginare il “decadimento” della nuova generazione, con tendenze bulimiche volte a fagocitare storie violente, e a volte con certi richiami sensuali, ci fu la volontà di redigere un nuovo volto del mondo dei comics, questa volta tutto al femminile.

Non dimentichiamo tutta via le grandi sommosse di rivendicazione dei diritti delle donne che si sono propagandate non solo tramite comizi, manifestazioni e proteste ma si sono “nobilitate” anche sui mezzi della carta stampata; ricordiamo per dovere di cronaca il primo numero di “Woman Rebel” del 1914 che condizionò pesantemente tutto il femminismo americano e che si erse a collante tra i movimenti del femminismo embrionale della prima ondata fino a quello della seconda ondata degli anni ’60.

Wonder woman

La National Comics, poi in seguito DC Comics, si preoccupò di consultarsi con il teorico del femminismo William Marston (inventore tral’altro della macchina della verità); costui insieme al disegnatore Harry G. Peters diedero vita alla prima Wonder Woman, caratterizzata da una forza identica a quella di Superman e da una condotta morale che la rendeva una figura rassicurante per un’America bisognosa di simboli femminili. Tuttavia non bisogna attribuire solo a Martson la genesi del personaggio Wonder Woman, ma anche alle sue compagne poliamorose. In piena rottura con qualsiasi fascia tradizionalista Martson era sposato con Elizabeth Holloway e aveva un’altra compagna, probabilmente bisessuale, ovvero Olive Byrne.

Wonder Woman
Marston seduto davanti alla macchina, Olive Byrne prende appunti, e la moglie Elizabeth è sotto osservazione

Non è un caso, quindi, quello che accadde nel 1954 quando Wonder Woman venne accusato di essere un fumetto che deteriorava la moralità delle giovani lettrici da parte del testo Seduction of the Innocent del Dottor Wertham. Infatti che tante donne vivessero su un’isola senza alcun uomo fu sufficiente per scatenare una filippica omofobica. E la vita privata degli ideatori non aiutò di certo.Wonder woman

Tuttavia il personaggio resistette alle vane polemiche moraliste del tempo e non perse mai la sua centralità nel mondo fumettistico tant’è che ancora oggi è tra i più apprezzati di tutti.

Parabola attivista e crepuscolo di Samuel R. Delany

Negli anni ’70 la patina ellenico-mitologica di Wonder Woman subì un arresto; alcune sceneggiature infatti furono scritte da Samuel R. Delany, notissimo autore di fantascienza che volle delineare in Wonder Woman un nuovo spessore sociale.

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Infatti la nuova Wonder Woman è una “normalissima” donna americana che ha aperto una boutique di moda ed è allenata da un maestro d’arti marziali di nome I Ching. Se la lotta al crimine rimane una costante, la Wonder Woman delaniana è oltretutto un’attivista dei diritti delle donne, una (anti)borghese inserita in una società asfissiante e che vuole modificare. Non è sufficiente salvare donne in pericolo, e sbattere in gattabuia dei malviventi; il vero nemico è il sistema patriarcale che frena l’autodeterminazione degli individui.

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Comic di Delany, dove Wonder Woman indossa un completo bianco invece della mitica armatura

 

Purtroppo l’esperimento di Delany venne presto accantonato, perché il pubblico non riusciva a immedesimarsi con un’eroina depotenziata dai suoi rinomati poteri; quello che voleva il pubblico era un ritorno all’antichità mitizzante.

Mitologema del femminismo in Wonder Woman

Forza e agilità sovra-umana, in grado di scovare fonti magiche e di comunicare con gli animali, una divinità in stato ibernato (se si toglie i bracciali viene posseduta da un furor divino), immortale e sempiterna, in grado di volare e lanciare la stessa folgore di Zeus. Ma chi è davvero Wonder Woman?

Le Amazzoni vivono, grazie a un dono di Zeus, sull’isola magica di Paradiso, invisibile agli occhi di tutti. L’isola è governata da Ippolita nonché madre di Diana, ovvero Wonder Woman, che ha generato sua figlia giacendo con la suprema divinità olimpica o come riporta la prima versione del fumetto Diana Prince è generata da Gea stessa con l’anima di una paladina amazzone morta del passato.

Wonder Woman

Se Wonder Woman è allevata e modellata seguendo i precetti di antichi dèi potenzialmente ne incarna anche le forze junghiane e archetipiche. Basta dare uno sguardo alle sue abilità per comprendere che in lei sono inscritte Artemide, Afrodite, Atena, e altre eroine della mitologia greca. Tutte figure che sono ascese a simboli di ribellione contro lo status-quo.

Ma sarebbe insufficiente parlare solo di parallelismi con la cultura greca e le strutture che delineano l’ossatura di questo personaggio. Wonder Woman è sì un mitologema che simboleggia il femminismo ribelle, ma è soprattutto la traduzione in concept fumettistico di tutte le istanze del primo cinquantennio del femminismo americano; un’eroina che ha cavalcato entrambe le ondate e ha simboleggiato la libertà che ogni donna poteva raggiungere credendo in se stessa e plasmando intorno al proprio essere una nuova società. Wonder Woman potrà sempre indossare un’armatura, e potrà essere connaturata dall’esotismo ellenizzante-mitologico ma rimane un ente ideato dalla critica sociale di stampo delaniano e marstoniano.

In sintesi, siamo al cospetto di un mito moderno, e come ogni atto di ribellione non finisce la sua potenza nell’espressione della forma artistica.