Western e fantascienza. Un racconto di frontiera.

Tra le case editrici che sembrano voler sorprendere costantemente il lettore, proponendo di volta in volta nuovi generi di fumetto e modelli diversi di intrattenimento in questo medium, Saldapress di sicuro è uno delle più attive. Negli ultimi anni ha portato in Italia diversi titoli innovativi, capaci di fornire al lettore efficaci rivisitazioni di generi molto sfruttati.

Tra le novità più interessanti, sotto questo punto di vista, non possiamo non annoverare Copperhead, fumetto sceneggiato da Jay Faerber e disegnato da Scott Godlewski.

Ci troviamo di fronte a un fumetto decisamente particolare, una crasi eccellente tra un western di frontiera e un racconto di fantascienza vecchio stampo, alla Star Wars con un tocco di Star Trek.

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Seguiamo così il percorso di Clara Bronson, sceriffo e madre in un futuro in cui la l’umanità è riuscita a colonizzare altri pianeti. La donna, con suo figlio Zeke, si trova su un treno diretto verso la città mineraria di Copperhead, dove la donna ha ottenuto l’incarico di sceriffo e spera di rifarsi una vita, in seguito a un evento del passato recente, su cui ancora non è stata fatta chiarezza, che sembra aver spezzato la serenità familiare. Qui dovrà fare subito i conti con la diffidenza del vicesceriffo, Buroxifinicus (detto Boo per la salvezza della lingua e dei neuroni dei lettori), una città in mano a uno spietato capitalista dell’industria mineraria profondamente segnata dalla guerra che si è combattuta solo pochi anni prima, lasciando strascichi pesanti sulla vita di tutti. Appena arrivata, il nuovo sceriffo dovrà subito fare i conti con un omicidio particolarmente violento che sconvolgerà la vita della cittadina.

Non c’è niente di banale in Copperhead e, cosa tra le più sorprendenti, il fumetto riesce a passare da scene dal gusto fortemente western a scene più fantascientifiche, sfociando nel poliziesco. Le tematiche di Copperhead variano continuamente senza lasciare mai un’atmosfera, a modo suo, unica. Ci troviamo in una vera e propria città di frontiera, al limitare delle badlands abitate da nativi feroci, popolata non solo da umani ma anche da disparate razze aliene, con scene che forniranno al lettore una sensazione di familiarità: Coppertown, “oasi” di civiltà in mezzo al deserto, non può non ricordare ad alcuni lettori la Mos Eisley di Tatooine, popolata da alieni di ogni forma che interagiscono in maniera differente con gli umani.

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Ci troviamo di fronte a un fumetto capace di contenere parecchie tematiche di attualità, trasposte in un’ambientazione accattivante e di grande impatto visivo, aiutata dagli ottimi disegni di Godlewski, tanto capaci di imitare l’anatomia umana quanto fantasiosi nella creazione di quella aliena.

Ci troveremo di fronte così a scene di violenza domestica, fin troppo attuali e alle quali siamo quasi desensibilizzati a causa della loro frequenza in cronaca; la discriminazione razziale, con i dubbi della stessa protagonista verso gli altrie, una forma di vita artificiale creata dagli umani per combattere in guerra; ma anche le difficoltà familiari, con Clara costretta a vivere una vita divisa a metà, tra il suo essere madre e donna di legge.

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Il personaggio di Clara è, a tutti gli effetti, riuscitissimo. Si tratta di una donna costretta a convivere con la diffidenza delle persone nei confronti del suo ruolo, in una posizione costantemente precaria per il fatto di essere una donna in una posizione di potere. Questo cozza spesso col suo essere madre: da un lato c’è l’empatia che solo una madre rimasta sola può avere, quell’istinto di protezione che sembra estendersi dal figlio alla sua comunità sul lavoro da un lato, ma esiste anche il senso del dovere, il dover ogni volta mettere la sua professione davanti ai suoi desideri personali. Il rapporto col piccolo Zeke sembra essere fortemente condizionato da questa cosa: il bambino spesso di trova a fare i conti con una madre che non sembra capire le sue necessità, che l’ha sradicato dalla sua vita per portarlo ai confini del mondo in un posto desolato come Copperhead, ma allo stesso tempo sa che la madre è una donna di legge e quello che fa è dettato solo dal bene comune.

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Si tratta, dopotutto, dell’essenza più pura della fantascienza e del fantastico in generale: raccontare fatti di attualità e storie realistiche in un contesto completamente nuovo, gradevole e di facile comprensione.

L’ottima storia, capace di catturare il lettore e farlo appassionare, come detto si unisce a degli ottimi disegni. Il tratto è raffinato, capace di adattarsi alle più disparate necessità di trama, in un’ambientazione dove paesaggi e i personaggi che popolano questo mondo, possono dare libero sfogo all’immaginazione di un disegnatore capace. Insomma, Copperhead è sicuramente una lettura che merita una chance da parte di tutti gli appassionati di fantascienza, di western e di fumetti di stampo poliziesco, capace di unire generi diversi in una sola ambientazione, senza far apparire la cosa forzata.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.