Si apre subito con una citazione il primo episodio dell’attesissimo Wayward Pines, neanche a dirlo, tratta direttamente da Lost, dal suo amatissimo episodio pilota per la precisione, quando facemmo la conoscenza di un Jack disteso al suolo con un’inquadratura del suo occhio chiuso, che si apre confuso in uno scenario apocalittico. Ma questo non è Lost, e quello al suolo non è Jack, ma piuttosto Ethan Burke, personaggio interpretato da Matt Dillon che si risveglia nel bel mezzo di un bosco, con uno sguardo parimenti confuso ed un aspetto malandato. La citazione, il gusto per un certo tipo di opere e soprattutto una sceneggiatura decisamente intrigante sono la base dell’ultima opera della Fox, che vede nel team addirittura l’estroso M.Night Shyamalan non più in tiro come ai tempi de Il Sesto Senso, ma in qualche modo ancora capace di far parla re di sé. Wayward Pines, con la sua run di soli 10 episodi, è quindi pronto per farsi vedere e noi non ci siamo fatti scappare l’occasione di apprezzarne il pilot, con il suo ritmo teso e talvolta snervante, e con la sua verve così piacevolmente simil-lynchiana tale da catturare la nostra attenzione. Ma che cos’è? Di che parla?

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Basato sull’omonima trilogia di romanzi firmata da Blake Crouch, Wayward Pines è ispirata al lavoro che David Lynch firmò in tv negli anni ’90, e che letteralmente cambiò il modo di concepire il serial televisivo. Parliamo ovviamente di Twin Peaks anche se l’ispirazione, almeno nel serial, si è decisamente diluita non tanto nell’atmosfera generale (quella della cittadina in cui decisamente le cose non quadrano), ma ovviamente nella sua matrice più “bizzarra” che è poi marchio di fabbrica del cinema di Lynch e che, difficile non ammetterlo, costituisce anche un muro contro cui gran parte degli spettatori sbatte. Wayward Pines, dunque, pur ispirandosi a Twin Peaks risulta, in fin dei conti, decisamente più comprensibile e chiaro, complice anche l’intenzione di diluire il plot in 10 episodi dando, progressivamente, risposte alle domande che si creano.

Matt-Dillon-Wayward-Pines-ImagesLa storia è quella di Ethan Burke, un  agente speciale che, spedito in una cittadina dell’Idaho alla ricerca di due agenti scomparsi, finisce vittima di un incidente dalle dinamiche non proprio chiare. Risvegliatosi nei pressi della cittadina di Wayward Pines si renderà ben presto conto che la città, dall’apparenza pulita, ordinata e molto ordinaria, nasconde diversi misteri, primo su tutti l’atteggiamento stravagante di molti dei suoi abitanti, alcuni dei quali imperscrutabili e quanto mai intenzionati, per motivi ignori, ad impedire a Ethan di mettersi in contatto con l’esterno. Di più non diciamo, perché come intuirete la trama, la caratterizzazione dei personaggi (e dei misteri annessi) è praticamente il fulcro della vicenda, e dire anche poco di più sarebbe uno spoiler sgradevole. Quel che possiamo dirvi è che questo primo episodio (“Dove il paradiso è di casa”) ci è sembrato decisamente intrigante, complice una serie di deja vù, probabilmente involontari, che ci hanno portato con la testa ad un’altra cittadina dei misteri, televisivamente ancora non esplorata, ossia Silent Hill.

1431359430_wp5Ma cosa c’entra Silent Hill con Wayward Pines? C’entra nella matrice di certe scene e nella caratterizzazione di certi personaggi. Dubitiamo che, come per Silent Hill (o Lost, a cui il telefilm, come detto, pure si ispira) il serial ci presenterà una città “viva” ed in qualche modo diretta artefice dell’incubo dell’agente Burke, tuttavia alcuni ambienti di richiamo (come l’ospedale) o la stereotipizzazione di certi personaggi, evidentemente loschi, come lo Sceriffo Pope (Terrence Howard) hanno in me richiamato ricordi relativi proprio alla città di Konami. Anche il gioco tra ambienti puliti e ordinati e certi altri decisamente malconci e lugubri sembra costruire un gioco tra bianco e nero che ha richiamato in me i ricordi dei viaggi in quel di Silent Hill con un risultato generale più che apprezzabile e godibile. Certo, a voler essere pignoli, non c’è qui tutto quel pathos e quell’indicibile trasporto che la serie sembrava volerci vendere nel corso dei vari spot degli ultimi mesi, e certe situazioni decisamente non ci sono piaciute (Burke ma sei un agente speciale o no?!) tuttavia, sin da ora, Wayward Pines promette decisamente bene e sarà di sicuro una delle migliori serie con cui godere di casa propria nei prossimi mesi di afosa calura.

[icons icon=”icon-thumbs-up” color=”#81d742″ size=”60″]Cosa ci è piaciuto?

L’alone di mistero e l’atmosfera generale di questo pilota sono decisamente appaganti. Abbiamo inoltre l’impressione che la serie in sé non si perderà in spiegoni diluiti in un lungo giro di episodi, ma che piuttosto la sceneggiatura sia sviluppata in modo tale che, seppur vari misteri vanno accalcandosi, pian piano si arriverà a tutte le risposte. Il che, sinceramente, è un bene.

[icons icon=”icon-thumbs-down” color=”#dd3333″ size=”60″]Cosa non ci è piaciuto?

La recitazione di Matt Dillon, attore su cui non ci sentivamo di scommettere granché, non è affatto male e il personaggio ha quel’impostazione da “duro con problemi” che avvince, tuttavia l’agente Burke, che non manca mai di specificare di essere un agente speciale, si comporta spesso come un pirla e sembra incapace di uscire da qualunque situazione senza che la buona sorte lo aiuti. Insomma: ma che diamine di agente speciale sei?!

[icons icon=”icon-play” color=”#ff963a” size=”60″]Continueremo a vederlo?

Decisamente si. Non solo per il nome di Shyamalan (che comunque, salvo la regia del primo episodio, resta più un nome di richiamo che uno che ha effettivamente le mani in pasta sul piano creativo), ma anche perché quel miscuglio di enigmi, misteri, morti ammazzati e atmosfere oniriche ci garba e ci piace. Speriamo solo che il tutto non si risolva in uno spiegone del cavolo che utilizzi soluzioni banalissimi per intrighi che, almeno adesso, sembrano decisamente complessi!