Purtroppo da qualche anno a questa parte la moda dei remake, dei remaster e dei sequel infiniti domina imperante nel mondo videoludico. Ma oggi si fa un salto nel passato, negli eccentrici anni ’80, nei colorati anni ’90 e nei caotici primi anni 2000, quando creare un videogioco nuovo e originale era considerato la normalità, e spesso i risultati erano decisamente “bizzarri”. Ecco quindi una variegata selezione dei videogiochi più assurdi, nonsense e inutili mai creati. Go!

Home Improvement: Power Tool Pursuit (1994)

Tratto dal telefilm Home Improvement appunto (in Italia abilmente tradotto “Quell’uragano di papa”, vabbe’) questo gioco ha come protagonista un pixelloso Tim Allen che cerca di destreggiarsi tra dinosauri e mummie, avendo come uniche armi trapani, pinzatrici e seghetti vari. Il gioco voleva essere un tributo al vero maschio americano, quello che non compra cose per la casa, ma che se le fabbrica da solo, un’ode al fai-da-te tra sudore e martelli. Addirittura nel libretto di istruzioni c’era scritto: “I veri uomini non hanno bisogno delle istruzioni”, e infatti non c’erano. Fu un fallimento comunque, forse anche perchè non aveva davvero niente a che fare con il simpatico telefilm.

Michael Jackson’s Moonwalker (1990)

Poteva mancare nella lista un gioco dove si impersona un candido Michael Jackson che spara stelline ai nemici, si tocca il pacco mentre esclama “UhhH!” e nel mentre salva innocenti bambini, spedendoli dritti nel suo ranch su nuvolette di stelle? Assolutamente no. Sega riuscì a creare un simpatico videogioco dal film di Michael; tra le cose degne di menzione, memorabile la feature leggermente “Pedobear” in cui se il cantante salvava il bambino giusto, poteva trasformarsi in un robot che sparava raggi laser dagli occhi, il tutto ovviamente accompagnato dal ritmo delle sue hit più famose. Dieci anni dopo il povero Mr. Jackson avrebbe ancora avuto a che fare con dei bambini, ma in maniera “leggermente” diversa.

La Marcia dei Pinguini (2007)

Quando questo film uscì al cinema, neanche il più mentecatto si sarebbe aspettato che potesse uscire un videogioco dedicato alla pellicola. Dei pinguini che camminano in fila indiana, che gameplay si poteva mai creare? Nonostante ciò, ci sono riusciti. Nel gioco si dovevano semplicemente aggiungere dei pezzi di ghiaccio lungo il cammino dei buffi animali, per facilitargli la marcia. Stop. Basta. Dopo 10 minuti di gioco, la morte cerebrale non era poi così lontana.

Il Videogioco di Grey’s Anatomy (2009)

Gioco ideale per casalinghe disperate o per sedicenni incinta, questa trasposizione videoludica su Nintendo Wii del celebre telefilm targato ABC era una specie di avventura grafica che riprendeva la storia narrata nell’arco di qualche puntata più o meno importante del famoso medical drama. Ma anziché salvare pazienti all’interno dell’ospedale, il gioco incoraggiava il giocatore a flirtare con i colleghi tra i reparti, a slinguazzarsi o a fare battute e allusioni vagamente sessuali. Non chiedetemi altro perché io ho sempre odiato Grey’s Anatomy e per fortuna non ne ho mai visto una puntata in vita mia. Gli stessi sceneggiatori del telefilm comunque collaborarono alla stesura della trama del gioco, come se oltretutto importasse qualcosa a qualcuno. Neeeext!

Le avventure della Bibbia (1991)

Un videogioco basato sulla Bibbia. Esatto. Morigeratamente degno di essere giocato in qualsiasi catechesi, questo platform bidimensionale vi calava nei panni di Noè nel disperato tentativo di salvare più animali possibili dall’incombente diluvio, o in quelli di David mentre cercava di difendere il suo gregge di pecorelle dai perfidi lupi, o infine in quelli di Miriam, nel suo pericoloso viaggio verso il Nilo. Altro che Call of Duty e Battlefield, i vostri genitori sarebbero stati fieri di voi per sempre. Catartico.

Playboy: The Mansion (2005)

Dopo la sacra Bibbia si passa all’estremo opposto. Il videogioco di Playboy apre le porte della favolosa Playboy Mansion, con il giocatore nel ruolo di un novello Hugh Hefner pronto a costruire il suo impero economico fatto di tette e di culi. Il gioco assomigliava molto a The Sims, bisognava bilanciare il business assumendo giornalisti e fotografi per la rivista, pianificare la pubblicità e i meeting con gli investitori, ma anche organizzare feste sfrenate e serate hot tra Jacuzzi e piscine, cercando magari di ‘arrivare al dunque’ con qualche Playmate.

Le avventure di Tom Sawyer (1989)

Questo gioco è stato catalogato come uno tra i videogiochi più razzisti mai creati, e non a caso fu categoricamente vietato di distribuirlo negli Stati Uniti e nel resto dell’Occidente, rimanendo confinato sul suolo giapponese. Il nero Jim era così nero che praticamente il suo ritratto nel gioco si confondeva con il colore nero del fondale (cosa assolutamente voluta) e le sue labbra erano così grosse da far invidia alla Marini. Come se non bastasse, il gioco era pure brutto e molesto. L’ideale insomma per far scoppiare una guerra civile.

ALF (1989)

L’alieno peloso Alf è un piacevole ricordo per molti di quelli nati nei primi anni ’80. Il telefilm era bellissimo e i dialoghi sempre geniali. Dato l’enorme successo che ebbe, non ci si stupisce del fatto che fu creato anche un videogioco omonimo dalla Sega per il glorioso Master System. In questo platform, bisognava aiutare Alf a trovare del combustibile per la sua astronave (la Alfer, lol); alla fine del gioco il morbido alieno marrone raggiungeva la luna e da qui partiva alla volta di Marte per riabbracciare la sua fidanzata Rhonda. Programmato con il culo ovviamente, vendette uno sfacelo solo perché aveva il faccione di Alf sulla cover, poteri del marketing.

Ronald McDonald nel magico mondo (1994)

Strano a dirsi ma la catena McDonald’s ha avuto un’ampia collezione di videogiochi creati tra gli anni ‘80 e ‘90 ad hoc per supportare il brand, e dedicati soprattutto ai più piccoli. Anche se i Clown possono essere spaventosi, non raggiungeranno mai la crudeltà di Ronald in questo gioco, che incurante di tutto e spensierato come una farfalla, se ne andava in giro per colorati livelli a picchiare pinguini e innocenti pomodorini per farne gustosi ingredienti di panini. Negli anni successivi avremmo scoperto a nostre spese che dentro quei panini c’era ben altro…

NSYNC: Get to the Show (2001)

Questo gioco entra prepotentemente non solo nella top three dei giochi più strani, ma anche in quella dei giochi più brutti di sempre. Uscito per Game Boy Color nel 2001, mette il giocatore nei panni del fan numero 1 della popolare boyband americana composta da cinque minchiette e che andava di moda nei primi anni 2000. Il compito è quello di diventare una sorta di schiavetto del gruppo e compiere per loro tutta una serie di missioni che va dal guidarli in limousine da una parte all’altra di Los Angeles a comprargli ciambelle o fiori, condite da una serie di minigiochi altrettanto scandalosi. Per cosa poi? Il premio finale è una loro esibizione live. Su Game Boy. Degli NSync. Uno schiaffo in faccia era meglio.

 Shaq-Fu (1994)

Shaq-Fu uscì nel 1994 per Super Nintendo e Mega Drive. In questo gioco ai limiti della realtà, si impersona la leggenda del basket americano Shaquille O’Neal, trasportato non si sa come in una dimensione alternativa dove deve salvare un bambino dalle grinfie di una perfida mummia puzzolente. Questo scialbo picchiaduro ad incontri è stato incoronato da molti come uno dei videogiochi più brutti mai creati, ma il suo essere così orripilante lo ha fatto entrare di prepotenza nella storia appunto: la gente, non paga di questo orrore, ha sentito pure il bisogno di un sequel, e si è data da fare: Shaq-Fu: Legend Reborn tramite una campagna di crowdfunding è riuscito a raccogliere ben 450.000 dollari ed è stato realizzato. Non c’è mai fine all’indecenza.

Seaman (1999)

Senza dubbio il videogioco più bizzarro mai creato. Seaman era un simulatore virtuale di crescita, uscito per la gloriosa Dreamcast. Ma crescita di quale animale? La voce narrante di Leonard Nimoy (idolo) introduce il giocatore nel mondo marino di Seaman, un essere ibrido metà pesce e metà uomo, che però ha la faccia di Yoot Saito, il produttore giapponese del gioco. Lo scopo del titolo in pratica era di far sopravvivere e far evolvere questo essere assurdo, passando per diversi stadi esistenziali: si partiva da un uovo per passare poi a un girino, un pesce e alla fine ci si evolveva in un bruttissimo uomo-rana. Tramite il microfono inoltre si doveva per forza rassicurare e spronare l’esserino ad interagire con l’ambiente, pena la morte, ma stando anche attenti a non farlo stancare troppo, altrimenti ci si poteva addirittura beccare degli insulti dallo stesso. Come era lecito aspettarsi, in Giappone questo gioco così strano fece il botto e vendette milioni di copie.