Passaggio della torcia

Dal 2001, all’alba di un mondo, le serie TV si riempirono di figure dell’intelligence americana che, in varia maniera, cercavano di prevenire altri eventi disastrosi come quello del World Trade Center. Tra i primi esempi di questa linea abbiamo 24, serie nata dalla collaborazione di Joel Surnow e Robert Cochran. Il serial con protagonista Kiefer Sutherland nel ruolo dell’agente dell’antiterrorismo Jack Bauer riscosse un enorme successo di pubblico e critica, anche per aver proposto un format completamente nuovo, mostrandosi come una serie televisiva in “real time.

Così il tempo dello spettatore e quello dell’agente Bauer coincidevano, permettendo al primo di vivere, istante per istante, tutte le avventure del secondo, quasi stesse assistendo a degli avvenimenti veri, in diretta televisiva, donandogli una suspense maggiore rispetto ad altri show dello stesso tipo. Almeno in teoria. La serie, durata otto stagioni corrispondenti ad altrettanti giorni nella vita dell’agente dell’antiterrorismo, ebbe un buon successo in patria e all’estero, ottenendo anche una serie di spin-off cui si aggiunge oggi 24: Legacy, creato dai veterani Evan Katz e Manny Coto, che cerca di riprendere in mano il testimone sette anni dopo la fine dello show principale.

Questa scelta porta a una serie di domande inevitabili, prima fra tutte se sia possibile riesumare il format di una serie che, dopo otto stagioni, aveva mostrato un’evidente parabola discendente. Soprattutto, le perplessità dei fans si sono concentrate sull’assenza di Jack Bauer, il cui carisma ha tenuto in piedi uno show più volte sull’orlo della chiusura negli ultimi anni.

Eredità

Il titolo di questa nuova serie ci appare particolarmente azzeccato: Eredità rappresenta il desiderio di riprendere l’idea di 24, senza crearne una copia sputata. E, in questo, il risultato sembra perfettamente conseguito. Cambia il protagonista, cambiano i nemici, non cambia la sostanza. Al posto di Jack Bauer ci troviamo così il Ranger dell’esercito Eric Carter, interpretato da Corey Hawkins.

Sei mesi dopo aver concluso con successo la missione di assassinare un leader terrorista, lo sceicco Ibrahim Bin-Khalid, Carter cerca di tornare alla vita di tutti i giorni, come la maggior parte della squadra coinvolta in quella missione. L’unico a non essere tornato alla propria esistenza è Ben Grimes, il quale è diventato un clochard ed è etichettato come paranoico. Inutile dire che le domande sulla sua presunta paranoia passeranno in meno di dieci minuti. Un gruppo di terroristi affiliati allo sceicco ha infatti iniziato a dare la caccia ai sei ranger che avevano preso parte alla missione, alla ricerca di un oggetto misterioso che sarebbe stato prelevato dal rifugio del leader terrorista. Dopo averne uccisi quattro, restano solo Eric e Ben, col secondo che mette in allarme il compagno. L’irruzione dei terroristi nella casa dell’ex soldato dà il via a tutti gli avvenimenti della serie, costringendo l’uomo a fuggire con la moglie, dopo essersi salvato a malapena.

Inevitabile serie di domande: chi ha fornito ai terroristi i dati della squadra? Cosa stanno cercando? E, soprattutto, qual è il loro scopo? L’unica certezza, in tutto questo, è che sta per succedere qualcosa di brutto e che l’unico a poter sbrogliare l’intera matassa è Eric Carter, proiettato in uno scenario da incubo in cui lui è il primo bersaglio di una cellula terroristica: non un centro commerciale, non un monumento, una grande piazza di affari o un qualsiasi altro obiettivo sensibile, ma un uomo che, nella mente dei terroristi, è in possesso di qualcosa di fondamentale per completare la missione di Bin-Khalid, il quale progettava di attaccare gli Stati Uniti. Una sorta di effetto domino perverso: se Carter cade, cadranno molti americani innocenti. E, in tutto questo, si inserisce la figura dell’ex capo della CTU, Rebecca Ingram (interpretata da Miranda Otto), che come ogni persona di potere all’interno della vicenda nasconde qualcosa.

Legacy, quindi, cerca di riprendere il filone della serie madre, rispettandone il canone solo in maniera “formale”: abbiamo il tempo reale, le inquadrature con l’orologio che segna lo scorrere dei sessanta minuti della puntata, gli split screen, ma gli eventi sono differenti. Non si capisce in maniera limpida chi siano i nemici e cosa vogliano, né quale sia la posizione ufficiale dell’intelligence statunitense in questa vicenda. Oltre a questo, il personaggio di Hawkins è profondamente diverso da quello di Sutherland. Il rischio che Carter potesse diventare semplicemente un “Jack Bauer meno Jack Bauer del vero Jack Bauer” era dietro l’angolo ma, pur essendoci similitudini tra i due, non si concretizza.

Eric Carter non è Jack Bauer e non vuole esserlo. Pur essendo un soldato, non si è mai trovato a lottare contro il tempo in questa maniera, non è abituato ad essere sia preda che predatore. Il personaggio ha un codice morale molto più ferreo del suo predecessore, forse dovuto al suo passato recente come soldato. Da questo punto di vista è un “Bauer in potenza”, che si sta adattando a quella realtà per cui il fine giustifica i mezzi a cui il protagonista della serie originale era già abituato. La recitazione di Hawkins, che nel trailer non sembrava lontanamente sufficiente, appare più fluida in questa premiere, forse aiutata anche dalle numerose scene d’azione. L’attore riesce a rendere bene il ruolo di un giovane soldato appena rientrato dalla guerra, incapace di riabituarsi alla vita di tutti giorni, che riesce a dormire e mangiare a malapena, senza trovare abbastanza tempo per la moglie.

Avendolo citato per tutto il tempo, tocca ora parlare del terribile convitato di pietra costituito dalla figura di Jack Bauer. Il confronto con la sua controparte di Legacy non esiste: personaggi troppo diversi, calati in situazioni che di simile hanno solo il margine di tempo risicato in cui si svolgono. Tuttavia, c’è anche il rovescio della medaglia, ovvero che l’idea di questo spin-off, pur funzionando, sembra essere minata alla base da una semplicissima realtà, il fatto che per il fan medio “non esiste 24 senza Jack Bauer. Se per voi tale affermazione può diventare una domanda (meno retorica possibile), allora non vi sarà impossibile dare una chance a questa Legacy che, tutto sommato, si impegna a fondo e se la merita. Oltre a questo, le sotto-trame della serie ci appaiono poco appetitose. Davvero dovrebbe interessarci che il marito dell’ex capo della CTU potrebbe diventare il prossimo Presidente degli Stati Uniti? La moglie di Carter deve essere protetta da un fratello “gangster”? Non è interessante, torniamo il prima possibile alla trama principale, senza ulteriori deviazioni.

Cosa ci è piaciuto?

Il format originale dello show viene ripreso, ma adattato a una storia e a personaggi nuovi, senza la pretesa di voler essere esattamente come l’originale. Nonostante l’iniziale perplessità, il personaggio interpretato da Corey Hawkins funziona, mostrandosi ben lontano da quello del suo predecessore, pertanto dotato di una propria interessante identità.

Cosa non ci è piaciuto?

Difficile appassionarsi alle trame secondarie tratteggiate dagli sceneggiatori. Appaiono solo come una deviazione inutile da una trama che ha del potenziale e fagocita i subplot monopolizzando (legittimamente) tutto l’interesse del pubblico.

Continueremo a guardarlo?

I primi due episodi sono riusciti a incuriosirci quel tanto che basta per rispondere di sì a questa domanda. Quando le premesse di una serie sono poca cosa e le aspettative basse, trovarsi di fronte a uno show godibile risulta una sorpresa abbastanza piacevole da convincerci a continuare a guardare. E la cosa più importante è che questo ritorno non si fonda esclusivamente sul fattore nostalgia, ma fa il suo per ritagliarsi un’indipendenza nel tributo, proprio come si fa con un’eredità.