Torniamo ad aver paura con Alien: Isolation

Era il 1979 l’anno in cui Alien vide la luce, il genio visionario di H.R Giger diede vita a una delle creature cinematografiche più amate di tutti i tempi. Ridley Scott ne diresse la pellicola e come si suol dire, il resto è storia. Ventisei anni dopo Sega acquisisce la licenza sui diritti, mettendo in cantiere tre titoli dedicati alla saga: uno uscito l’anno scorso, il terribile Alien: Colonial Marines, figlio di una Gearbox sbadata e letteralmente assente, l’accoglienza della critica e del pubblico minarono la fiducia dei sostenitori Sega creando un velo di scetticismo intorno a Alien: Isolation, ma andiamo con ordine; forse non tutti sanno che parallelamente al Colonial Marines, Sega commissionò un altro progetto su Alien a Obsidian con l’intenzione di sviluppare un episodio di stampo RPG, tipico della software house californiana con all’attivo titoli come Fallout: New Vegas e Star Wars: Knights of The Old Republic II:The Sith Lord. Sega col senno di poi non avrebbe cancellato il loro titolo in favore di Colonial Marines, ma ai tempi – ahinoi – lo fece con i risultati che tutti conosciamo. Con Alien: Isolation i ragazzi di The Creative Assembly hanno voluto tentare la strada survival centrando pienamente il bersaglio al primo colpo e rendendo finalmente giustizia a un brand eccezionale.

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Alien: Isolation è ambientato quindici anni dopo i fatti avvenuti nel primo film, qui ci ritroveremo a vestire i panni dell’ingegnere Amanda Ripley, figlia della storica Ellen, ufficiale della Nostromo interpretata allora da Sigourney Weaver. Il gioco inizia appena verremo informati dell’esistenza di una scatola nera appartenuta proprio alla Nostromo, Amanda infatti non avendo mai smesso di cercare indizi riconducibili alle sorti della madre ne approfitta per salire a bordo della Sevastopol cercando di recuperare i preziosi dati. Da queste premesse parte un vero e proprio tour de force emotivo che alternerà fasi di estrema tensione a momenti di relativa calma apparente. In realtà la condizione nella quale ci rtroveremo non ci permetterà mai di dormire sonni tranquilli, il nostro equipaggiamento sarà ridotto all’osso e un uso parsimonioso delle preziose risorse a nostra disposizione si rivelerà fondamentale, il sistema di crafting accresce ulteriormente il valore dei materiali che troveremo sparsi nella location, funzionando tra l’altro molto bene e adattandosi  al genere in maniera perfetta: dover costruire bombe fumogene, granate flash, diversivi acustici, kit medici e quant’altro aumenta ulteriormente la tensione che si respira all’interno dei claustrofobici corridoi nei quali si svolge Alien: Isolation. Avere a disposizione solo un piede di porco e una torcia a ioni (entrambi strumenti preziosissimi per l’apertura di diversi passaggi bloccati) per difendersi (oltre a un revolver perennemente a corto di munizioni) non è il massimo della vita quando uno Xenomorfo affamato di sangue ci tallona senza sosta. Il coinvolgimento emotivo è il fulcro dell’intera esperienza quindi, a differenza di produzioni all’apparenza simili (tipo Outlast) che spingono sul terrorizzare il giocatore attraverso sequenze da infarto improvvise, in Alien: Isolation l’ansia e l’angoscia di sentirsi braccati ci accompagneranno nel corso di tutta l’avventura, scandendo con assoluta chiarezza quanto la nostra posizione all’interno dell’intero contesto sia solo e unicamente quella della preda.

alien: isolation

Non avremo alcuna possibilità di fronteggiare l’alieno in un faccia a faccia, l’uso del lanciafiamme lo farà allontanare le prime volte e alla lunga lo porterà a sviluppare nuove dinamiche di caccia per raggirarci e colpirci alle spalle, l’uso dei proiettili lo farà solo infuriare facendolo scagliare verso la nostra posizione per finirci senza pietà. La vittoria non è contemplata, solo l’uso della materia grigia ci permetterà di proseguire ed evitare di finire stecchiti. Il miglior approccio al gioco è quello furtivo, aggirare ogni pericolo è fondamentale. In nostro soccorso troveremo nell’inventario un utile rilevatore di movimento che ci mostrerà eventuali minacce evidenziandole sullo schermo, quando comincerà a rivelarne una vicina il ritmo del bip acustico aumenterà e con esso anche il numero dei nostri battiti cardiaci, ve lo assicuriamo. Oltre allo Xenomorfo nella stazione ormai dismessa faremo la conoscenza di un manipolo di umani superstiti e di alcuni sintetici (organismi artificiali in principio da supporto all’uomo) in entrambi i casi la loro presenza sarà ostile e anche in questi momenti la parola d’ordine sarà furtività. Sorprendere i nemici umani ci permetterà di metterli fuori gioco senza problemi, non si potrà fare lo stesso con i sintetici e l’approccio sarà simile a quello visto con l’alieno, per nostra fortuna (o sfortuna in termini di economia di gioco) la loro I.A. non sarà all’altezza dell’antagonista principale: capiterà spesso di ritrovarsi fermi in un angolo con un umano o un sintetico davanti a noi incapaci di vederci. Per fortuna queste situazioni non si verificheranno spesso, indipendentemente dalla loro frequenza, il gioco non ne risentirà più di tanto e lo status emotivo con il quale affronteremo l’intera campagna rimarrà inalterato.

Alien: Isolation

La produzione a livello artistico da il meglio di se, la decisione di ricreare alla perfezione gli ambienti in maniera del tutto coerente a quelli visti nella pellicola cinematografica si è dimostrata vincente trasformando l’intero pacchetto in un prodotto che definire fan service è poco, gli sviluppatori grazie all’accordo con Twenty Century Fox hanno potuto mettere mani a una quantità industriale di materiale visivo, permettendogli una riproduzione degli ambienti ai limiti del maniacale. Il level design è davvero ispirato e l’uso di un illuminazione dinamica degna di nota, associata a un ottimo utilizzo di effetti volumetrici e particellari rendono la location ancora più reale, viva e opprimente oltre ogni misura. Al pari dello Xenomorfo, la Sevastopol ricopre un ruolo importante con i suoi angusti corridoi, anfratti dove nascondersi e tutta l’ansia che il sistema di ventilazione comporta, quella paura primordiale che anche nel film era ben presente, avvertire l’alieno avvicinarsi sopra di noi attraverso i condotti genera un’ansia costante, è in questi momenti che Alien: Isolation fa davvero paura, la musica in divenire aumenterà il ritmo con note che ricordano molto i classici degli horror, realizzando così un’atmosfera da brivido perfetta in tutte le sue componenti. Tecnicamente ci troviamo di fronte a un prodotto ben congeniato, la nostra prova è stata effettuata su un PC equipaggiato di una scheda video GTX 760 OC a 4Gb GDDR5, un procio i5 4440 da 3.1 Ghz, 8 Gb di Ram Corsair Vengeance DDR3 a 1866 Mhz, collegato in Full HD a un pannello da 47″ e un impianto audio Bose. I settaggi Ultra su questo setup non hanno dato particolari problemi e soprattutto nessun rallentamento, il frame rate è rimasto costante a 60 fps, anche nelle fasi più concitate o in presenza di pesanti effetti grafici. Ci rimane difficile credere che le attuali console next gen non abbiano potuto supportare i 60 fps in full HD ma che, anzi, in entrambi i casi non riescano a mantenere costanti nemmeno i 30 fps nelle fasi più movimentate, un vero peccato, perché essendo un titolo che fa dell’immedesimazione il suo punto di forza vivere il tutto a 60 frame è davvero sensazionale. L’esperienza giocata resta ugualmente di altissimo livello anche su Xbox One e Playstation 4, ma è innegabile che i rallentamenti, anche se sporadici, e sopratutto i 30 frame frenano sensibilmente il grado d’immedesimazione al quale il gioco aspira. Anche questa volta quindi consigliamo, a chi può usufruire di un hardware di medio alto livello, di prendere la versione Ripley su PC per godere appieno dell’ottimo lavoro svolto dai The Creative Assembly (pagandolo, oltretutto, 20€ in meno).

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Perché la versione Ripley? (anche se a dirla tutta sembra essere stata distribuita solo quella in versione retail). Perchè all’interno troverete i token per sbloccare due DLC che da soli valgono l’intero prezzo del biglietto: Equipaggio Sacrificabile e Unica superstite, entrambi ambientati sulla Nostromo 15 anni prima degli avvenimenti di Alien: Isolation; nel primo vestiremo i panni di uno a scelta tra Ripley, Dallas e Parker (hanno bisogno di presentazioni?) nel disperato tentativo di espellere l’alieno attraverso i condotti di areazione, nel secondo, invece, potremo utilizzare solo Ellen Ripley nel tentativo di attivare l’autodistruzione della Nostromo, una corsa contro il tempo per riuscire ad allontanarci con una scialuppa di salvataggio (praticamente si vive il finale del primo film). Entrambi i DLC regalano momenti memorabili, anche se gli ending ce li saremmo aspettati perlomeno originali e con una durata un tantino più sostanziosa. A differenza della campagna principale qui non ci saranno umani o sintetici a rompere i coglioni, ma saremo solo noi e lo Xenomorfo e la tensione salirà alle stelle. Altro aspetto fondamentale che accresce il valore oggettivo del prodotto è la qualità del campionamento audio, la musica scandisce il ritmo del gioco e l’audio ambientale da forma alla tremenda realtà di trovarsi all’interno di un astronave sperduta nello spazio profondo insieme a elementi poco raccomandabili e uno Xenomorfo intento a darci la caccia.

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Ogni minimo rumore potrebbe celare in realtà una minaccia, il team ha pensato bene di dare molta importanza a questo fattore e noi non possiamo che ringraziare per la cura certosina riposta, la sensazione di esserci fisicamente c’è tutta e questo significa molto in termini d’immersione. Alien: Isolation non è comunque esente da difetti, la perfezione come sappiamo non esiste e alcuni elementi che fanno tanto “old gen” purtroppo sono presenti anche qui (lo scotto da pagare per una produzione Cross gen): innanzitutto l’assenza totale di ombre riportate ne è un chiaro esempio, se ci posizioniamo di spalle a una fonte di luce la nostra ombra non si vedrà minimamente e come la nostra anche quella degli altri png, la cosa non salta all’occhio di un gamer poco attento ai dettagli, ma un maniaco della perfezione non può non farci caso, fortunatamente ci pensa il magistrale uso di luci e ombre ambientali a colmare questa lacuna, ma ammettiamo di essere rimasti un po’ delusi da questo limite. Altro elemento negativo lo si può notare nelle animazioni legnose dei sintetici e degli umani, così come quelle facciali ai limiti della decenza, discorso inverso invece per le animazioni dello Xenomorfo: i tecnici hanno suddiviso il corpo dell’alieno in sette parti da animare ricreando perfettamente il suo movimento tipico e sgravando ulteriormente sulla paura scaturita dalla sua presenza nel nostro stesso ambiente. Vederlo da un nascondiglio aggirarsi alla nostra ricerca è davvero impressionante, il tempo sembra fermarsi e anche noi col pad in mano cerchiamo di trattenere il respiro tanto è alto il coinvolgimento. Senza alcun dubbio in Alien: Isolation ritroviamo la miglior realizzazione grafica vista in un videogioco dello Xenomorfo più famoso del mondo. Per concludere la carrellata dei difetti, diciamo che il gioco non vanta una narrazione alla pari di quella del film e i dialoghi appaiono poco curati e sbrigativi, potrebbe sembrare una lacuna di grandi proprorzioni, ma per fortuna il gioco regge su basi talmente solide da far passare in secondo piano anche una trama poco ispirata. Possiamo definire questo Alien: Isolation un survival horror puro, senza troppi fronzoli, non introduce nulla al genere ma l’esperimento di miscelare l’uso sapiente di meccaniche collaudate in un contesto costruito ad hoc per far rivivere le sensazioni che hanno reso celebre la pellicola è riuscito perfettamente. Il prodotto è quanto di meglio ogni fan della saga avrebbe potuto immaginare ed è quanto di meglio per far avvicinare i più giovani a questo universo. La campagna in singolo dura circa 20 ore, il tempo necessario per rendere Alien: Isolation (senza dubbio alcuno) il miglior videogioco dedicato all’Alien di Giger,  non della generazione (badate bene) ma il migliore di tutti i tempi.

 

Bruciatore
Nato e cresciuto a Roma con un pad in una mano e la matita nell’altra, disegnatore freelancer e opinionista videoludico, ha cominciato con un Atari 2600 e da allora continua a correre.