Avete mai immaginato come sarebbe vivere in un mondo completamente “in mano” alle macchine? I ragazzi di Denki lo hanno fatto. Scopriamo insieme cos’hanno da dirci!

Il progresso tecnologico è da sempre uno degli argomenti più interessanti con cui siamo regolarmente a contatto, simbolo indelebile di quanta importanza abbia nella nostra quotidianità.

Col tempo, infatti, l’essere umano ha imparato, scoprendo sempre nuove soluzioni, ad affidarsi sempre di più a quelle che sono le “macchine”, di qualsiasi tipo o dimensione, capaci di rimpiazzarci in molti casi, ma più semplicemente di aiutarci nelle attività della nostra routine vitale. Ma non soltanto: il progresso tecnologico ha segnato e continua a segnare una parte fondamentale dell’evoluzione, ma è innegabile quanto questo in parte spaventi.

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Diverse opere letterarie, cinematografiche, videoludiche e animate hanno infatti provato ad immaginare come potrebbe essere un mondo (futuro) in cui le macchine assumono un’importanza talmente elevata da risultare quasi soverchianti e, in alcuni casi, addirittura in grado di assumere un proprio volere, con tutto ciò che ne consegue per i più deboli umani.

In realtà, però, è il tutto è già più facilmente spiegabile pensando alla situazione lavorativa attuale mondiale: le macchine, che consentono di risparmiare tempo e fatiche, e in più lavorano in modo più rapido ed efficiente (anche se non sempre), hanno di fatto reso il lavoro manuale sempre meno richiesto, con tutto ciò che ne consegue. Diciamoci la verità: tutti noi, chi più chi meno, ci siamo sempre chiesti come sarebbe un mondo in cui la tecnologia avvolge ogni cosa, ma trovare una risposta non è esattamente semplice.

Se però siete troppo curiosi di scoprirlo, potete provate Autonauts, che in qualche modo prova a rispondere – a modo suo – a questo difficile quesito. 

Tutte per uno

Il titolo, un gestionale nudo e crudo, ci porta in un mondo completamente automatizzato, in cui le macchine hanno completato definitivamente il sorpasso a discapito degli umani, rimpiazzandoli praticamente in toto per quel che concerne la manodopera di ogni qualsivoglia attività “fisica”. 

Un po’ come in No Man’s Sky, in Autonatus il nostro obiettivo sarà quello di viaggiare per lo spazio in “sella” alla nostra navicella, ma con uno scopo finale tendenzialmente diverso: scoprire sì nuovi pianeti, ma con la volontà fondamentale di renderli automatizzati e perfettamente vivibili grazie al lavoro delle innumerevoli macchine disponibili per la creazione.

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Sì, avete capito bene: creazione. La natura del gioco infatti ci mette subito di fronte a quella che è la sfida più eccitante per un titolo del genere: reperire sempre nuovi materiali per poter creare nuove attrezzature. Giunti sul suolo del nuovo pianeta, infatti, l’unica risorsa sarà la nostra mente, e per progredire il gioco ci assegnerà missioni tutto sommato basilari, che sfociano nella creazione di sempre nuove macchine per iniziare la colonizzazione del nuovo mondo.

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Il titolo di Denki, in realtà, vive di un livello di sfida più che altro tarato verso la reiterazione e la ripetizione, ma non verso l’alto per quel che riguarda il tasso di sfida, tutto sommato basilare anche per un neofita totale del genere. In verità il tutto è leggermente più ostico nelle battute iniziali, giacché l’obiettivo “finale” del titolo è quello di farci spendere meno azioni possibili per completare un determinato incarico, e avendo molte meno “braccia” al lavoro nelle prime ore di gioco, il tutto è nettamente più difficile.

Col passare del tempo, però, il lavoro diventa palesemente più agevole, grazie anche alla grande possibilità di personalizzazione delle macchine stesse. Gli automi, infatti, possono essere creati a nostro piacimento in termini di abilità e mansioni, liberamente modificabili anche in futuro, e man mano impareranno ad essere nettamente più efficienti e, soprattutto, autosufficienti.

Questa soluzione dà sicuramente una profondità ludica sinceramente inaspettata che si rispecchia direttamente nella progressione, in cui sarà possibile assistere alla capacità di sostenere funzioni sempre maggiori da parte dei nostri automi personali.

Homo faber fortunae suae

Ciò, chiaramente, non toglie nulla al puro divertimento generato dallo “smanettare” che un titolo del genere sa dare, anzi. Al netto del progresso tutto sommato “autonomo” delle varie macchine, il nostro compito sarà quello di tenere sempre sotto controllo la situazione, per poter portare avanti nel migliore dei modi un percorso produttivo efficiente ed efficace.

Una volta create le macchine, infatti, per poter proseguire con gli step necessari per avanzare effettivamente nel mondo di gioco sarà necessario spingersi sempre più in avanti in termini direttamente di sviluppo e creazione di nuove tecnologie, compito che soltanto noi possiamo portare avanti.

Le macchine, poi, godono (come dicevamo all’inizio) di un’autonomia abbastanza limitata e sarà dunque compito nostro continuare a tenerle “in riga” nel mondo più produttivo e complementare possibile.

Il tutto, chiaramente, abbraccia sempre più a fondo le meccaniche del genere, sbloccando la possibilità di lavorare e operare su livelli sempre più alti man mano che si prosegue nell’avanzamento della “storia” che, in buona sostanza, si conclude proprio con la creazione di un mondo in cui le macchine presenti sviluppano un’autosufficienza tale da non richiedere più l’intervento umano. 

In conclusione…

Autonauts è complessivamente un prodotto di buon livello che, seppur senza distanziarsi troppo dal genere di appartenenza, riesce a risultare sufficientemente originale. Grazie a qualche guizzo ludico e al prezzo budget (19,99€) ci sentiamo di consigliarne l’acquisto agli appassionati del genere in questione, che potrebbero ritrovarsi per le mani un’avventura leggera e tutto sommato appagante, ma che chiaramente non lascia gridare al miracolo. Per tutti gli altri, beh, non è sicuramente questo il prodotto che vi porterà a cambiare i vostri gusti.

Salvatore Cardone
Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.