Fango, polvere e poco altro

È il 2008 quando Baja: Edge of Control fa la sua comparsa su PlayStation 3. Si tratta di un racing game su sterrato, dove a bordo di vetture off-road, dalle dune buggy ai pick up americaneggianti si sfrecciava tra sabbia e fango facendo a sportellate con i propri avversari.

Quasi dieci anni dopo il titolo, per la verità già all’epoca senza infamia e senza lode, non certo uno dei pilastri del genere, si rifà il trucco con un’edizione rimasterizzata in HD che riesce sì a svecchiarlo, per quanto possibile, ma che lascia aperto più di un interrogativo.

È abbastanza semplice prendere confidenza con il titolo: la modalità principale è la carriera, dove è possibile farsi le ossa guidando veicoli leggeri nei primi campionati, guadagnando denaro e punti esperienza grazie agli sponsor (che però elargiranno la ricompensa solamente nel caso la macchina non subisca danni nel punto in cui compaia il marchio) e ovviamente alle vittorie, che garantiranno poi l’accesso a campionati più lunghi e difficili e alla guida di vetture estremamente più potenti.

Lo stile di guida è per forza di cose più arcade che simulativo, per un titolo che più che al realismo strizza l’occhio alla caciara e al racing senza troppe pretese.

Bellezza acqua e sapone

Il lavoro fatto sul gioco è tutto sommato buono, considerando che non si tratta di un remake ma di una “semplice” rimasterizzazione. Rispetto al gioco originale dunque la grafica è più definita, i colori sono più vivi e sono assenti i fastidiosi cali di framerate che la versione PS3 si portava dietro.

Completa il quadro l’aggiunta di una modalità multiplayer locale, fino a quattro giocatori in split-screen, che è una rarità al giorno d’oggi, e che può aggiungere qualche ora di longevità in più.

Cos’è che non va allora in Baja? Innanzitutto ci sono alcune pecche che seppur fisiologiche per via dell’età del gioco, possono far storcere il naso.

Un po’ impantanato

Innanzitutto come abbiamo detto prima i colori sono molto più vivi e il cielo ad esempio è molto piacevole da guardare: il punto però è che in un gioco del genere, ambientato praticamente per intero in terre desolate e desertiche, si tratta di un’operazione di restyling che ha poco senso, perché avendo la stessa palette di colori, le oltre 90 piste presenti nel titolo hanno tutte un po’ lo stesso sapore.

Anche il sistema dei danni non è che convinca particolarmente: in primis perché l’iconcina che li segnala è poco chiara, e poi perché il metodo per ripararli è un po’ fantascientifico. O ci si ferma nella piazzola posta in corrispondenza al traguardo, dove il vostro veicolo verrà riparato dalle buone fatine invisibili, oppure bisognerà richiedere assistenza ad un elicottero che riparerà i danni al volo facendovi fermare lungo il percorso. Ok l’arcade, ma forse qui si esagera.

Oltretutto anche la gestione visiva dei danni non è eccezionale, e spesso consistono in una portiera che non riesce a chiudersi, o al faro anteriore che casca, davvero poca roba insomma.

Ma… perché?

Quello che fatichiamo a capire è in sostanza il motivo per il quale Baja sia stato oggetto di questo trattamento di bellezza. Già all’epoca non era un capolavoro, ed anche oggi con tutte le attenuanti dovute all’età, non riesce a spiccare tra gli altri racing sotto praticamente nessun aspetto.

Il che è un bel difetto, considerando la quantità e qualità di titoli del genere presenti oggi nel parco giochi della current gen. Senza voler ricorrere ai racing su pista come l’ottimo F1 2017 e gli imminenti Forza 7 e Gran Turismo Sport, ma un concorrente come Dirt 4 o l’appena uscito WRC 7 rendono questa riedizione di Baja una scelta francamente poco sensata.

Verdetto

Baja: Edge of Control HD non è un brutto lavoro di restyling, anzi. Il problema è però che si tratta di un gioco vecchio di dieci anni, che è stato sì svecchiato, ma che si porta comunque dietro tanti difetti, e che ha una concorrenza spietata nel genere, che lo rendono un’ultima scelta, considerando che già di partenza stiamo parlando di un titolo non certo imprescindibile.

Gabriele Atero Di Biase
Diplomato al liceo classico e all'istituto alberghiero, giusto per non farsi mancare niente, Gabriele gioca ai videogiochi da quando Pac-Man era ancora single, e inizia a scriverne poco dopo. Si muove perfettamente a suo agio, nonostante l'imponente mole, anche in campi come serie TV, cinema, libri e musica, e collabora con importanti siti del settore. Mangia schifezze che lo fanno ingrassare, odia il caldo, ama girare per centri commerciali, secondo alcuni è in realtà il mostro di Stranger Things. Lui non conferma né smentisce. Ha un'inspiegabile simpatia per la Sampdoria.