Ripercorriamo tutta la storia cinematografica che vede protagonista la mitica bambola assassina Chucky

Tra le tante saghe horror che hanno visto i loro albori negli anni ‘80, mi sento di dire che quella di Child’s Play, ribattezzata in Italia La Bambola Assassina, è sicuramente una delle più costanti a livello qualitativo nonostante sia stilisticamente molto eterogenea.

Child’s Play nasce da un’idea di Don Mancini: quella unire elementi sovrannaturali in uno slasher movie, proponendo un killer estremamente accattivante, grottesco, spietato ma allo stesso tempo indirettamente “simpatico” vista la sua natura di pupazzo dalle sembianze fanciullesche. Fattezze che nell’affasciante contrasto con il suo carattere violento, sboccato, ma anche ironico, avevano le potenzialità per creare un personaggio irresistibile e iconico. Cosa che -la storia ci insegna- in effetti successe.

La Bambola Chucky altri non è che l’assassino Charles Lee Ray, che in punto di morte, si reincarna grazie ad un rito voodoo in un bambolotto della linea Good Guys. Il primo film giocava molto su questa riuscita intuizione, creando uno slasher movie abbastanza classico e conservativo nei suoi elementi macroscopici (omicidi efferati, scene gore, momenti di tensione) ma che proprio grazie alla presenza di Chucky, poteva inserire nella formula qualcosa di nuovo.

Un serial Killer dentro una bambola infatti forniva l’occasione di portare in scena nuovi espedienti per sorprendere le ignare vittime, potendosi fingere un pupazzo normale, pronto a colpire in qualsiasi momento. Questo rendeva praticamente ogni scena in cui è presente la bambola sempre molto inquietante, anche quando questa appare in tutto e per tutto inanimata.

La nascita di Chucky

Don Mancini e il regista Tom Holland con il primo film del 1988, non puntavano però nel realizzare un film basato sulla pura tensione, ma cercavano un’espressione dell’horror molto più “corporale” e gore. Lo stesso Chucky era una figura molto concreta da questo punto di vista. Più infatti l’anima di Charles Lee Ray rimaneva bloccata dentro il corpo di Chucky, più questo sotto la superficie plasticosa acquisiva consistenza biologica.

Nel corso della saga lo stesso malefico pupazzo infatti è protagonista di molte scene splatter a sue spese, venendo ferito e mutilato. Siamo insomma lontani dall’impalpabile presenza di una Annabelle o altre bambole della scena horror, Chucky ha una sua vulnerabilità che diventa negli epiloghi dei vari capitoli sempre pretesto per spettacolari, sanguinarie e bruttissime morti, seppur in ogni sequel è sempre pronto a tornare in gran forma in un modo o nell’altro. Ma questi si sa, sono i paradossi del genere, soprattutto nella sua deriva seriale. In ogni caso, questa condizione di prigionia all’interno del pupazzo che nel tempo rischia di divenire irreversibile, porta Chucky a creare un morboso rapporto con il ragazzino Andy, l’unico su cui può trasferire la propria anima.

Un rapporto che sarà fondamentale anche per i film successivi. Con il sequel diretto Child’s Play 2 del 1990, la cui regia è affidata a John Lafia, tutto quello che funzionava del primo episodio brilla ancora di più, abbiamo un Chucky ancora più carismatico, mosso e animato con effetti speciali artigianali e animatronic ancora più convincenti, situazioni e omicidi dall’inventiva maggiore. Il soggetto e la supervisione di Don Mancini anche in questo caso non mancano, e se la serie non ha mai deragliato eccessivamente nei suoi innumerevoli episodi, è proprio grazie alla costante presenza del suo autore.

Ancora una volta gli ingredienti principali facevano la differenza: la bizzarra dissonanza nello spirito grottesco e allo stesso tempo esilarante di un personaggio come Chucky, capace di strappare involontariamente una sana risata nei suoi exploit più volgari durante scene apparentemente drammatiche, e l’avvincente contesto thriller il quale teneva banco senza annoiare fino alla fine.

Il terzo film, Child’s Play 3 (o la Bambola Assassina 3) a mio avviso è il più debole in assoluto, e quello che maggiormente mi ha dato la sensazione di un film mosso da pure esigenze commerciali e non creative (anche perché il secondo ebbe un gran successo). Si protrae in maniera ridondante e poco efficace lo scontro tra Chucky e un Andy ormai in età adolescenziale, ma il film è meno divertente, i personaggi comprimari dimenticabilissimi (niente di simile alla Kyle interpretata da Christine Elise del secondo capitolo) e il setting della caserma militare funziona poco. Non è pessimo: seppur diretto in maniera un po’ anonima da Jack Bender, in fondo si tratta di un film scritto sempre da Don Mancini. Inoltre la parte finale non è male. Ma sicuramente a conti fatti, è l’episodio meno riuscito tra tutti.

Come succedeva a molte saghe horror d’annata, anche La Bambola Assassina cambiò tono andando avanti. Quello che però bisogna sottolineare è che a differenza di quelle dedicate a Nightmare, Hellraiser, Venerdi 13, Halloween e altre, questa riesce a mantenersi sempre valida.

La Famiglia di Chucky

Chiusa questa trilogia si apre un nuovo filone composto da due film che mettono l’accento su un inedito carattere umoristico. Un cambiamento che rinfresca la serie, le dà una verve diversa, più divertita e che ben si sposa con il personaggio di Chucky, sarcastico e sopra le righe, risultando un’evoluzione più naturale di quello che si potrebbe pensare. Vengono inoltre introdotti in questi film due personaggi importanti. Ma andiamo con ordine.

Ne La sposa di Chucky (del 1998 per la regia di Ronny Yu), abbiamo l’introduzione della compagna Tiffany (interpretata da Jennifer Tilly) figura psicopatica, bizzarra e carismatica che porterà nella storia tra un omicidio e l’altro, nuove e improbabili dinamiche di coppia. Una insalubre relazione tra serial killer che vivono nei corpi di due bambole, che non mancherà di divertire, grazie anche a quella vena gore che non manca mai ma anzi viene ulteriormente enfatizzata proprio per far da contraltare ai toni più stemperati della pellicola.

Nel 2004 esce Il Figlio di Chucky. Si tratta del primo film in cui Don Mancini oltre a scrivere la storia prende in mano direttamente la regia della sua creazione. Qui Don Mancini introduce Glen che rappresenta un nuovo divertente e intrigante paradosso all’interno della saga, pur essendo il figlio di due plasticose bestie senza scrupoli come Tiffany e Chucky, è un ingenuo imbranato, dal cuore apparentemente puro e sempre fuori posto nelle folli peripezie criminose dei genitori.

Questa personalità nella relazione con gli improbabili genitori e in generale nel setting assolutamente cinico del film, è fonte di scene veramente divertenti. Il personaggio di Glen inoltre è in qualche modo intrigante ed anche piuttosto avanguardista nel veicolare inaspettate tematiche sull’identità di genere nella bizzarra e dissacrante cifra stilistica del film. Niente di troppo profondo ovviamente, ma sicuramente metteva in luce la capacità dell’autore nel caratterizzare i personaggi in maniera sempre interessante.

Questi film spaccarono un po’ la fanbase de La Bambola Assassina, si tratta infatti dei due capitoli più controversi, per molti considerati fin troppo sopra le righe nella loro deriva demenziale. Io non sono d’accordo. Per me si tratta di variazioni sul tema coerenti con il surreale personaggio creato da Don Mancini, realizzati con perizia sul piano tecnico, non superficialmente, sempre pieni di inventiva, mai rinunciatari nell’elemento slasher/horror, citazionisti a non finire e velatamente critici verso molti aspetti della società americana la quale viene rappresentata spesso attraverso personaggi di contorno da ridicolizzare o comunque delineati in modo negativo.

Nel 2013 Don Mancini -che da Il Figlio di Chucky in avanti dirigerà sempre i suoi soggetti relativi al franchise- opera una sorta di soft reboot con La Maledizione di Chucky, realizza un film che è un nuovo punto di partenza ma in realtà si rivela in continuità con i film precedenti. Qui modernizza lo stile, si avvicina stilisticamente al filone da “casa infestata”, torna a dei toni cupi che ricordano il primo capitolo e li enfatizza ulteriormente. Elimina inoltre gli elementi iperbolizzati dalla saga nel corso degli anni per creare un horror slasher più intimista a livello di messa in scena. Un film a basso budget ma dalle grandi potenzialità. Con un Chucky più serioso ma sempre irriverente e magnetico, Don Mancini si conferma oltre che un gran visionario anche un valevole regista, che passando da Il Figlio di Chucky a La Maledizione di Chucky dimostra di saper lavorare in maniera eccellente con tutti i diversi registri della saga.

La rinascita di Chucky

La Maledizione di Chucky è un film di palpabili atmosfere e personaggi veramente ben scritti e caratterizzati, anche quando assumono il ruolo di poco amabili caricature. In questo film si apre un nuovo arco narrativo che racconta la storia di Nica Pierce (interpretata da Fiona Dourif), che verrà poi portato avanti -e apparentemente concluso- nel successivo Il Culto di Chucky del 2017, in cui fanno la loro comparsa anche altri personaggi storici della saga, tra cui un adulto e vendicativo Andy.

Ancora una volta Don Mancini realizza un film divertente e riuscito che cerca di non ripetersi troppo, utilizzando in maniera inedita anche un po’ di computer grafica, non super convincente, ma funzionale alle macabre performance di Chucky. Se quindi le sue colorite uccisioni sono sempre al centro della scena, il tono della pellicola cerca un nuovo connubio tra horror spinto e piglio più disimpegnato. Il setting cambia parecchio dal passato con l’ospedale psichiatrico e si cerca di dirigere il concetto di “bambola indemoniata” verso nuovi lidi, triplicando ad un certo punto la minaccia e il divertimento con la presenza di tre Chucky in contemporanea che diventano protagonisti di siparietti imperdibili e vivacizzano la solita immancabile scia di morte e sangue che contraddistingue i film di Don Mancini.

Non considerando proprio e saltando a pié pari il brutto reboot del 2019, fuori dal canone originale e altamente dimenticabile, a questo punto mi resta solo da raccomandarvi il recupero di questa saga cult se amate il genere horror. Anche perché è in dirittura d’arrivo una serie TV ideata nuovamente da Don Mancini (in veste di sceneggiatore e regista del primo episodio) chiamata semplicemente Chucky e che promette di ricollegarsi alla continuity originale, con Brad Dourif, storico doppiatore della bambola, pronto a prestarle nuovamente la voce. Speriamo vivamente che si rivelerà un nuovo prodotto all’altezza di una delle saghe slasher horror più iconiche e ispirate degli ultimi decenni.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!