Broken Sword 5 Recensione: il ritorno di George Stobbart, tra capre, quadri maledetti e pittori hippie

Quella dei Punta e Clicca, diciamocelo, è una storia lunga e travagliata e che, nelle ultime decade, ha perso gran parte del suo smalto. Complici piattaforme di gioco sempre più potenti, i generi videoludici si sono evoluti al punto da tale da creare nuovi – e più complessi – meccanismi di gioco, lasciando ai Punta e Clicca ben poco spazio e visibilità, nonostante fossero stati tra i videogiochi più amati di sempre. Tra questi è impossibile non citare i capolavori LucasArts e l’altrettanto famoso Broken Sword! Titolo non ancora dimenticato dai fan e che grazie all’ausilio di Kickstarter è stato possibile riportare in vita. Di fatto Broken Sword 5 è stato già rilasciato da più di un anno su PC e PlayStation Vita, ma solo di recente è approdato sulle console di nuove generazione. Riuscirà Broken Sword 5 a ritagliarsi uno spazio tutto suo in questo mercato sempre più avaro di idee e innovazioni?

Broken Sword 5 Recensione Stay Nerd

Inizia sempre così… con la morte! Chiunque conosca la saga, sa a cosa mi riferisco e anche questo capitolo non è da meno. Si parte con un apparentemente banale delitto: un uomo entra in una galleria d’arte di Parigi, cerca di rubare un quadro e nella colluttazione che ne consegue spara al proprietario del negozio. Un delitto semplice che, per quanto triste, ci ricorda fatti di cronaca nera che fin troppo spesso siamo costretti a leggere sui quotidiani. Nulla di interessante o di particolarmente emozionante… almeno fin quando il duo Stobbart/Collard non inizierà ad indagare. Ben presto piccoli dettagli sparsi sul luogo del crimine delineeranno una situazione ben più complessa e misteriosa. Il quadro in questione “La Maledicciò” pare essere maledetto e, come se non bastasse, collegato ad una setta religiosa alla ricerca di un misterioso artefatto capace di portare orrore e distruzione sul nostro pianeta.

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Che dire, niente male per un “semplice” quadro. Come al solito la verità verrà a galla poco alla volta, racconta attraverso i solito dialoghi senza senso, i soliti enigmi interessanti ma non troppo complicati… insomma tutto è proprio come ce lo ricordavamo e la storia è, per dirla in maniera molto semplice, intrisa dello stile tipico della serie. Su tutto bisogna rendere atto ai ragazzi di Revolution Software di essersi messi realmente al “servizio” dei fan, regalando loro un titolo che fosse familiare non solo nelle meccaniche ma anche nei ritmi narrativi e soprattutto in quel “humor/no-sense” tipico della serie. Potete quindi stare tranquilli, Broken Sword 5 è un vero tuffo nel passato, ed è capace di restituirci quelle sensazioni che pensavamo fossero ormai dimenticate. A dir la verità la storia di Broken Sword 5 tarda un po’ a decollare, di fatto la prima metà di gioco è solo un assaggio, una grossa “introduzione” se vogliamo. Passata la prima parte, infatti, il ritmo si fa sempre più serrato e i misteri dietro “La Maledicciò” vengono poco poco a galla, andando così a completare quel mosaico di dati e di informazioni lasciate per la prima metà di gioco un po’ in sospeso. Nel complesso quindi la storia, pur non essendo sicuramente la più affascinante nella serie, fa bene il suo dovere. Non manca di tenerci attenti e vigili su ciò che accade, e riesce sempre e comunque a regalarci un sorriso quando serve, smorzando tensione e ritmo di gioco quanto basta. Perché Broken Sword 5 sa esattamente dove colpire il nostro cuore di fan, sa quando rilasciare citazioni (vedi la scenetta con la capra) e regalarci così un momento di gioco nuovo ma al contempo incredibilmente familiare.

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Proprio per quanto concerne il gameplay, se ci pensate, non c’è molto da dire. I comandi sono quanto più minimali possibili: un tasto per interagire con l’ambiente circostante e un altro per richiamare il menù degli oggetti. Tutto è essenziale e funzionale, esattamente così come ce lo ricordavamo. C’è da dire che anche su console (dove in genere i Punta e Clicca non si esprimono al loro massimo potenziale) Broken Sword 5 gira benissimo, il puntatore ha una fluidità incredibile e funziona discretamente bene anche col touchpad presente sul Dualshock 4. Per il resto gli enigmi sono variabilissimi e mai scontati, si passa da situazioni in cui bisogna “insistere” esaurendo diverse linee di dialogo, ad altre in cui combinare oggetti nei modi più insensati. Ciò che risulta vincente sono i dialoghi che scaturiscono dai nostri tentativi andati a male, quando il gioco reagisce alle nostre “idee geniali” prendendoci anche un po’ in giro; ovviamente le soluzioni a volte sono così lapalissiane da non lasciarci nemmeno il tempo di pensare, altre volte invece sono così astruse e folli (vedi ceretta a cane imbalsamato) da lasciarci sbigottiti e divertiti allo stesso tempo. Nel complesso il livello di difficoltà è ben calibrato, gli enigmi come dicevamo poc’anzi, non sono né troppo complessi né troppo semplici, chiedendoci solo la giusta attenzione per essere risolti e, qualora non riuscissimo, sono presenti in-game degli aiuti che ci semplificheranno non poco la vita. Qualcuno potrà a riguardo anche storcere il naso, ma di fatto se proprio vogliamo finire il titolo con le nostre sole forze, basta semplicemente non usarli. Da segnalare in chiusura il solito ottimo doppiaggio in Italiano (almeno nella versione per console) e la solita grafica bidimensionale che tanto c’era mancata.