Bumblebee: ovvero quanto E.T. incontra i Transformers…

Dopo svariati capitoli sotto la direzione di Michael Bay sempre più mosci, il franchise cinematografico dei Transformers decide di dare un colpo di spugna alla saga per ricominciare da zero, cercando di sfruttare i famosi giocattoli della Hasbro per realizzare un film dai toni decisamente meno ipercinetici e più avventurosi. Bumblebee, diretto da Travis Knight, è quindi un reboot (anche se apparentemente potrebbe quasi sembrare un semplice prequel) che arriva veramente presto se si considera che l’ultimo capitolo è dell’anno scorso, ma che sottolinea l’evidente successo di una serie che non può permettersi di rimanere a riposare troppo a lungo.

L’inizio di Bumblebee è famigliare ai cultori dei precedenti capitoli e ne riprende il ritmo forsennato e l’azione frenetica. Siamo a Cybertron, patria dei Autobot e dei Decepticon, due fazioni della stessa razza in lotta per motivi non troppo approfonditi (sappiamo che gli Autobot sono una sorta di ribellione verso il “governo” dei Decepticon e poco altro). Già dai primi minuti appare subito interessante il lavoro per rinnovare il design spesso criticato dei Transformers cinematografici, ora molto più fedeli ai modelli originali dei cartoni e dei giocattoli anni 80. Ma il celebre decennio tornato in voga negli ultimi tempi, avvolge praticamente il mood di tutto il film, ambientato proprio sul finire di questo. Bumblebee sfrutta quindi un trend dal facile appeal non solo per contestualizzare il racconto ma anche per dare un’impronta narrativa al film che richiama certe “avventure fantasy” dell’epoca.

Il robot giallo arriva sulla Terra per aspettare i suoi compagni, ma in seguito ad uno scontro con una coppia di Decepticon perde la memoria e la voce, e per riprendersi e mimetizzarsi prende le sembianze di un maggiolino, che poi sarebbe anche l’originale trasformazione del personaggio. Verrà ritrovato dalla diciottenne, Charlie, (interpretata dalla giovane e brava Hailee Steinfeld), una protagonista decisamente più carismatica e simpatica rispetto alla vecchia spalla umana degli Autobot, interpretata da Shia LaBeouf.

Tra Bumblebee e Charlie si crea quindi un rapporto stretto e di amicizia, e da essa scaturisce il corpo centrale del film fatto di quelle dinamiche che hanno definito gli stilemi di una serie di film infinita, per lo più proprio negli anni 80, che ruotavano intorno al rapporto tra un essere umano e una qualche strana creatura vivente, come Corto Circuito, Il Gigante di Ferro, o se vogliano azzardare paragoni con capostipiti cult, E.T. di Spielberg.

Di fatto, certe situazioni “quotidiane” che condividono Bumblebee, smemorato e placido robottone e la sua amica Charlie, che tenta di tenerlo nascosto a famiglia e forze dell’ordine, sono piacevoli e sfruttano in maniera singolare la licenza della Hasbro, ma al tempo stesso presentano dei problemi. Il più importante è che il film diventa stucchevole e ingenuo oltre il lecito, e difficilmente uno spettatore smaliziato riuscirà a farsi coinvolgere emotivamente da certi espedienti triti e ritriti dal filone sopracitato, soprattutto quando risultano prevedibili e pretestuosi. Ci sarebbe poi anche da parlare di quanto la sceneggiatura sia estremamente superficiale in più punti. È vero che parliamo di un film dei Transformers, quindi aspettarsi grande credibilità dagli eventi è poco lungimirante, ma che ci sia una costruzione più sensata e logica di certe dinamiche sarebbe quanto meno auspicabile. Il rapporto che si instaura tra l’esercito, il governo e i Transformers è quasi ridicolo in tal senso. Ma OK, nell’ottica della favola che un po’ furbescamente fa delle ingenuità del cinema “vintage” un esercizio di stile, ci sta tutto, anche un John Cena che rende il ruolo del soldato tutto d’un pezzo ipertrofico ai massimi livelli. Ma se non si punta sulla trama, come alcuni cult del film di genere -che Bumblebee palesemente usa come modello- facevano ai tempi d’oro, almeno devi imbastire una messa in scena brillante e fortemente coinvolgente, sul piano stilistico ed emotivo. E invece a mio parere, Bumblebee non si rende memorabile sotto nessun punto di vista. Né sul piano dell’azione, per lo più concentrata all’inizio e alla fine, né su quello “sentimentale”, dimostrandosi solo pieno di fanservice a buon mercato che va a pescare il consenso facile dei nostalgici dei Transformers e di sti benedetti anni 80, il cui eco pare davvero imprescindibile ormai in una qualsiasi operazione commerciale cinematografica o televisiva oggigiorno. 

Verdetto

Non mi fraintendete, Bumblebee è un buon rilancio per i Transformers. Sul piano tecnico il film è quasi ineccepibile, alla regia Knight se la cava bene e il film galoppa arzillo per tutta la sua durata senza mai annoiare. Eppure non riesce ad andare oltre questo. È chiaro come gli intenti di Bumblebee siano sostanzialmente due: strizzare l’occhio ai fan dei robottoni originali, del contesto storico in cui sono nati, e conquistare i cuori degli spettatori grazie ad un film più a misura di avventura teen e meno cafone rispetto ai capitoli precedenti. Il primo obiettivo è raggiunto ma rimane fine a sé stesso, giacché tutto sommato, tranne nel caso appunto di Bumbelbee, i TS sono davvero poco protagonisti di questo film. Il secondo invece riesce solo in parte. Bumblebee non imbastisce alcune situazione realmente coinvolgente, ogni evento innesca momenti incredibilmente citofonati e per questo dalla presa debole sul piano empatico. Inoltre il fatto di voler tenere il piede leggermente in due scarpe, tra l’anima più action e congeniale alla natura del franchise e il tentativo di sfruttarlo per qualcosa di diverso, non permette al racconto di esprimersi a dovere su nessun fronte. Parliamo comunque di un film di intrattenimento sicuramente gradevole,  molto superiore al lavoro di Bay praticamente sotto ogni punto di vista. Peccato non basti per fare una salto di qualità realmente importante, nonostante la volontà di “sperimentare” sia senza dubbio uno dei meriti del film. Peccato che si sia presa una via molto facile e a mio avviso poco stimolante, ma che sono sicuro si rivelerà paradossalmente vincente al botteghino. Tanto funziona così.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!