L’indimenticabile Legacy of Kain

Prima che l’universo vampiro fosse popolato da adolescenti tormentate, vampiri vegani e romanticherie varie, ci fu un’epoca nella quale il vampiro era considerato una creatura oscura, caratterizzata da un’immortalità precaria e un’indole predatrice, racchiuse in un corpo privo di vita ma dall’aspetto umano. Spesso associati a luoghi tetri e maledetti, i vampiri hanno sempre esercitato un certo fascino nell’immaginario collettivo, tanto da diventare protagonisti di molte opere letterarie, videoludiche, cinematografiche e chi più ne ha più ne metta.

Un po’ di background

Sviluppato dall’unione dei team di Silicon Knights e Crystal Dynamics, Blood Omen: Legacy of Kain (conosciuto semplicemente come Blood Omen 1), è il primo capitolo della fortunata serie Legacy of Kain. Riservato dapprima al solo pubblico Playstation, è riuscito a entrare anche nelle grazie dei giocatori PC grazie al porting effettuato dagli sviluppatori con l’aiuto di Activision nel 1997. Prima di tutto, occorre fare un piccolo salto nel passato (di qualche migliaio di anni rispetto agli eventi narrati nel titolo) al fine di capire gran parte della trama non solo di Blood Omen, ma dell’intera Legacy. La vicenda narrata si svolge nel reame di Nosgoth. Dall’aspetto tipicamente gotico-medievale, queste terre vedono il loro destino, e quello del mondo intero, intrecciarsi con quello dei Pilastri di Nosgoth, nove colonne di marmo bianco, infinitamente alte che rappresentano nove elementi differenti: la Morte, il Tempo, l’Energia, la Mente, il Conflitto, la Natura, l’Equilibrio, lo Stato e la Dimensione, erette allo scopo di dividere il Regno Materiale(il mondo dei vivi) dal Regno Demoniaco (il mondo dove sono confinati i demoni). Ogni colonna corrispondeva a un Guardiano, ovvero a un essere umano destinato a racchiuderne in sé le caratteristiche, sviluppando un legame simbiotico non solo con la colonna stessa ma anche con gli altri otto Guardiani; insieme, questi nove individui, avrebbero costituito il Cerchio dei Nove avente come nucleo il Guardiano dell’Equilibrio che, esattamente come il Pilastro corrispondente, doveva regolare e bilanciare le energie che scaturivano dagli altri elementi, al fine di mantenere un costante equilibrio di forze su Nosgoth. Nell’universo dei videogames, in particolar modo in quello degli RPG, i vampiri vengono spesso inseriti come nemici da abbattere, tranne in determinati casi nei quali assumono un ruolo più centrale. Tra i vari titoli che possono corrispondere alla descrizione, ne spicca uno approdato su Playstatione PC nel lontano 1996/97, che bussò di prepotenza alle porte dell’Olimpo Videoludico: Blood Omen: Legacy of Kain.

Le terre di Nosgoth erano abitate principalmente da esseri umani. Col passare dei secoli tuttavia, una razza si rese protagonista di un elevato picco demografico, a discapito degli umani stessi: i Vampiri. Tra i compiti del Cerchio, vi era anche quello di proteggere la popolazione da qualsiasi tipo di minaccia e per ovviare al problema, decisero di istituire un Ordine simil-templare, i Sarafan. Guidati dal Paladino Malek, Guardiano del Pilastro del Conflitto, i Sarafan sterminarono gran parte della razza vampira e il massacro provocò le ire di uno dei più antichi e potenti vampiri di Nosgoth, Vorador. La sua risposta al genocidio compiuto, fu tanto rapida quanto implacabile: egli assaltò la Roccaforte dei Sarafan ed eliminò sei membri del Cerchio, prima di sconfiggere in duello lo stesso Malek. I rimanenti membri del Circolo, il Negromante Mortanius(Pilastro della Morte)e Moebius il Tessitore del Tempo (Pilastro del Tempo) incolparono il Paladino per la morte dei loro compagni, accusandolo di aver fallito nel suo ruolo di Protettore del Cerchio e condannandolo a un’eternità di schiavitù, privandolo dell’anima e vincolandola a un’armatura vuota. Passarono i secoli e nuovi Guardiani comparvero a sostituire quelli perduti durante l’assalto di Vorador. Tra questi vi era una fanciulla, Ariel, rappresentante del Pilastro dell’Equilibrio e amante del Mentalista Nupraptor Guardiano della Mente. La morte della ragazza, per mano di una figura misteriosa, diede il via a una serie di eventi catastrofici: l’equilibrio delle forze era spezzato; Nupraptor, reso folle dal dolore, diresse i propri poteri contro i membri del Cerchio, avvelenandone le menti e rendendoli folli e crudeli; i Pilastri, riflettendo lo stato mentale dei propri Guardiani, vennero corrotti, il bianco del marmo divenne nero come l’ebano, e il mondo fu gettato nel caos e nella decadenza.

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Decenni dopo la morte della Guardiana e la corruzione dei Pilastri, nei pressi di Ziegsturhl, un giovane e arrogante nobiluomo di nome Kain venne assalito e ucciso da un gruppo di banditi. Risvegliatosi nel Regno Spettrale in catene, fu avvicinato dal Negromante Mortanius che gli offrì la possibilità di tornare in vita ed eliminare i suoi aggressori. Noncurante del prezzo da pagare e guidato dall’ira e dalla sete di vendetta, il giovane accettò l’accordo; il suo corpo venne avvolto dalla magia, il colore della pelle divenne cadaverico, i capelli si tinsero di bianco e in canini si allungarono. Il nobile Kain era morto e dalle sue ceneri era nato il Vampiro Kain. Un mostro, un’aberrazione, una creatura notturna condannata a vivere una non-vita, nutrendosi di quella degli altri…a questo l’avevano portato la sua arroganza e sete di sangue. Accompagnato dalla voce del grande Simon Templeman (che lo doppierà anche nei capitoli successivi), il neonato Vampiro inizia così il suo viaggio nel mondo delle tenebre, attraversando terre infestate da demoni, non morti, mostri e Guardiani fuori di testa; un viaggio che lo condurrà alla scoperta del proprio destino e a una scelta da compiere, capace di scuotere le fondamenta dell’intero reame di Nosgoth. Già perché se il primo intento di Kain, una volta tornato nel Regno Materiale, è quello di trovare e annientare i propri carnefici, presto si ritroverà costretto a modificare il proprio obiettivo, indirizzando la spada verso i reali artefici dello sfacelo che regnava su Nosgoth: i Guardiani dei Pilastri, ormai troppo folli per controllare in maniera adeguata i loro poteri. A questo punto, visto che non siamo a Gotham City, non abbiamo l’Arkham Asylum, e soprattutto Kain non è Batman (oddio in un certo senso si…ma lo vedremo dopo), tanto vale armarsi di assi di legno, chiodi e martello, e iniziare a costruire un set di nove bare, perché la sete di potere e sangue del Vampiro deve essere placata, e i Pilastri purificati. Una serie di domande sorgono spontanee: che c’entra Kain con il destino di Nosgoth? Perché un semplice Vampiro dovrebbe riportare l’equilibrio in quelle terre tormentate? Che gliene frega di base? Ci arriveremo per gradi, prima di tutto si necessita una premessa – e mi rivolgo soprattutto ai più giovani tra di voi – dovete eliminare dalla mente, come già detto all’inizio, tutto il concetto di vampiro dall’animo buono, costretto a vivere di espedienti e nutrirsi di topi per sopravvivere. Un vampiro non è, non è mai stato e non sarà mai una creatura d’indole pacifica; è un essere superiore, dotato di poteri variabili (dalla capacità di diventare un pipistrellone gigante tipo Dracula di Bram Stoker, alla semidivinità di Alucard di Hellsing) costretto a vivere lontano dalla luce del sole e a nutrirsi di esseri umani come se fossero bestiame (ciao a tutti vegani… spero vi sia piaciuto l’articolo fin qui!). Ora prendete queste caratteristiche, aggiungeteci un ego spropositato, un’aggressività radicata nell’animo, una brama di potere sempre più forte, e avrete Kain.

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A questo punto abbiamo un neonato vampiro piuttosto incazzoso, nove Guardiani da internare e un mondo in preda al caos. La soluzione dell’equazione è tanto ovvia quanto azzardata: fomentare il vampiro al fine di renderlo il salvatore di tutta la baracca. Chi ne sarà l’artefice, o quali saranno le dinamiche non saranno oggetto di questo articolo, sappiate solo che è tutto frutto di un piano ben congeniato… a parte la fine forse. Già perché se da un lato Kain porterà a termine il proprio compito in maniera magistrale, dall’altro la scelta di dargli dei poteri quasi divini, si rivela controproducente per il Machiavelli della situazione, restando tuttavia eccellente se si guarda il quadro d’insieme. Mi spiego meglio. Kain, ormai completamente ebbro di sangue e poteri vampirici, si ritrova a dover compiere una scelta: suicidarsi e riportare l’armonia su quelle terre straziate, o regnare su di esse condannandole alla rovina. In entrambi i casi il caos non avrebbe più dilagato e l’Equilibrio sarebbe stato ripristinato, quindi…perché non scegliere la seconda e placare finalmente la propria brama di potere?

Kain nel 1996

Quando si tratta di creare un videogioco bisogna tenere bene a mente tre elementi, soprattutto quando il titolo in questione rientra nella categoria degli RPG: la trama, il protagonista ed il gameplay. Sebbene non siano le uniche componenti che contribuiscono alla qualità di un titolo, sono sicuramente le più importanti, poiché una buona grafica o un buon sonoro, inseriti in un titolo che manca in una delle tre componenti, darà sicuramente un risultato inferiore rispetto alle aspettative di chi gioca e di chi il gioco lo crea. La trama di Blood Omen, è lineare ma al tempo stessa ricca di colpi di scena che tendono a concentrarsi soprattutto verso la fine, lasciando nella mente del giocatore attento più di un interrogativo, che forse troverà una risposta nei capitoli successivi. Tale scelta è spesso un coltello a doppia lama per chi crea un’opera videoludica, soprattutto quando si tratta di qualcosa di nuovo che non vanta un pubblico di affezionati alle spalle: se si fallisce il titolo è destinato a finire nel dimenticatoio; se invece si ha successo può nascere qualcosa di grande destinato a rimanere nella storia.

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Ed è la storia stessa a darci una risposta in questo caso, poiché se la scelta di lasciare alcune domande prive di risposta fosse stato un fallimento, forse non sarebbero stati sviluppati altri quattro titoli della stessa serie e forse non ci ritroveremo qui a parlarne a distanza di quasi vent’anni dal suo sviluppo. Certo, una buona trama senza dei personaggi ben caratterizzati, e soprattutto senza un protagonista degno di tale nome, risulta vuota poiché non permette quell’immersione e quell’immedesimazione che contribuiscono a renderla coinvolgente per chi andrà a interagirvi. Il 1996 è stato un anno molto ricco sotto questo punto di vista: abbiamo visto la nascita di personaggi come Lara Croft (protagonista di Tomb Raider I e dei successivi capitoli), Diablo (Antagonista principale in Diablo I), Quake (dell’omonimo videogioco), Chris Redfield e Jill Valentine (personaggi principali di Resident Evil I) per citarne alcuni; inserire in questo panorama un personaggio che lasciasse il segno nella memoria dei giocatori, era senza dubbio un compito abbastanza arduo per i team di Silicon Knights e Crystal Dynamics. La difficoltà si raddoppiò quando venne adottata la scelta di caratterizzare Kain secondo un classico modello di anti-eroe: Denis Dyack, Presidente della Silicon Knight, ha spesso paragonato il personaggio a William Munny protagonista del film western Gli Spietati, dove troviamo un personaggio dal passato oscuro e dai modi violenti, che riveste il ruolo di eroe della situazione. In Kain ritroviamo più o meno le medesime caratteristiche: l’essere divenuto un vampiro lo rende fiero da un lato, ma tormentato dall’altro (almeno nelle fasi iniziali del gioco) e questa è forse la carta vincente giocata dal team. Come avrebbe potuto un pubblico abituato a rivestire i panni dell’eroe senza macchia della situazione, immedesimarsi in una figura del genere? Semplice, basta rendere più umano il mostro. Già perché la sensazione iniziale che si prova giocando nei panni di Kain, è proprio quella di essere odiati dal mondo intero, nessuno vuole l’aiuto di un vampiro e tutti fuggono alla sua vista. Il tormento di vivere una situazione del genere è facilmente condivisibile, tuttavia, man mano che si andrà avanti nel gioco, i suoi (nostri) poteri accresceranno e questa botta di megalomania non prenderà solo il vampiro, ma gli stessi giocatori, accrescendo quel tot d’immersione necessaria, per appassionarsi al personaggio. Diciamocelo, a chi non darebbe alla testa la possibilità di strappare l’anima dal corpo di un avversario, o di abbandonare macchine e mezzi pubblici in favore della possibilità di volare sotto forma di pipistrello?

Legacy of Kain

Diablo… sei tu?

Una delle particolarità dei videogiochi è la capacità di divertire e coinvolgere il pubblico al quale si rivolge. In Blood Omen abbiamo una trama eccellete, che ruota attorno a un personaggio carismatico e capace di coinvolgere il giocatore nelle proprie vicende, ma cos’è che ne determina il divertimento? Se fosse un libro basterebbe una narrazione scorrevole; nel caso di un film alla suddetta si aggiunge la componente visiva che deve eguagliare quella narrativa; nel caso di un videogioco abbiamo una componente narrativa, una visiva, una sonora e la più importante di tutte, la giocabilità (o gameplay se preferite). Prendete il vostro gioco preferito, qualunque esso sia, toglietegli il gameplay e guardate cosa rimane: un semplice film… nel migliore dei casi. Abbiamo già detto come il 1996 fu un anno trionfale per l’Universo Videoludico. Tra i vari titoli ve ne fu uno in particolare, che assomiglia molto a Blood Omen in termini di gameplay: Diablo. Esattamente come in Diablo, nel titolo in analisi ci ritroveremo a guidare un personaggio su una mappa bidimensionale e una visuale dall’alto (o bird’s view). L’interfaccia è molto semplificata: l’ampolla rossa indica la vita, la sfera blu e i simboli sovrastanti la quantità di potere magico, la luna e la meridiana indicano il tempo e trattandosi di un vampiro le ore giornaliere comporteranno delle penalità; l’icona quadrata sovrastante la meridiana indica l’incantesimo equipaggiato mentre ancora più sopra vediamo Kain con l’equip indossato in quel momento. Con l’aumentare del suo potere, Kain vedrà incrementare anche la quantità di magie a sua disposizione e spazieranno da un semplice incantesimo di Luce (per illuminare l’area) a incantesimi di difesa come Respinta (crea uno scudo di energia attorno al vampiro proteggendolo dagli attacchi e respingendo le magie per breve tempo) o d’attacco come Morte dello Spirito (in grado di strappare l’anima dal corpo di un nemico); un’altra tipologia di incantesimi sono le trasformazioni, che permetteranno a Kain di cambiare forma a seconda della necessità, divenendo un Lupo (per correre più in fretta e saltare ostacoli come gli avvallamenti nel terreno) o un Umano (lupi travestiti da agnelli…) o uno stormo di Pipistrelli (per viaggiare tra i vari beacon sparsi per Nosgoth, a mo’ di teletrasporto).

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A tal proposito spicca la scelta adottata dal team di inserire delle brevi sequenze cinematiche, al fine di simulare la vista del Vampiro, mentre sorvola Nosgoth durante i fast-travel. Il ritmo dei combattimenti non è particolarmente differente rispetto a quello del, già citato, Diablo: un tasto per l’attacco e uno per gli incantesimi. Una delle particolarità che lo rendono unico nel suo genere è il fatto che quasi tutti i nemici, prima di morire, resteranno storditi per pochi secondi nei quali si può scegliere se abbattere l’avversario o succhiarne il sangue. Scordate denti, morsi e quant’altro, Kain (esattamente come Vorador) è un vampiro che tenta di mantenere una certa nobiltà ed eleganza, oltre a ostentare il proprio potere, indi per cui il “prelievo” verrà eseguito tramite una sorta di attacco mentale, che permette di estrarre il sangue dal corpo della vittima e dirigere il getto verso la bocca… tipo fontanella d’acqua potabile insomma. Purtroppo il medesimo sistema di combattimento, soffre di alcuni bug come attacchi che vanno a vuoto senza motivo o nemici incastrati all’interno dello scenario che non possono essere raggiunti da Kain; fortunatamente la loro frequenza è molto sporadica, tanto che molti utenti non hanno mai sofferto di questi problemi. Il gameplay non è certo uno dei punti di forza del gioco, non perché sia noioso o ripetitivo, ma perché risulta ridondante in un’epoca nella quale i videogiochi stanno subendo una sorta di evoluzione e la scelta di non inserire tutto questo in un contesto, almeno, 3D lascia un po’ interdetti. Scelta obbligata o meno il pubblico sembra non gradire lo stile, tanto che molti recensori dell’epoca, pur tessendo lodi sulla trama e sul protagonista, non lesinarono critiche al riguardo.

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Il pomo della discordia

A prescindere da ciò che ne pensarono gli esperti, il titolo riscosse grande successo tra il pubblico, sia nella sua versione Playstation che in quella per PC, tanto che i vari team iniziarono a pensare a come muoversi: in un’intervista Dyack dichiarò che il team di Silicon Knights era intento a elaborare un prequel di Blood Omen, incentrato su Vorador e il suo passato, precisando però che questa volta non si sarebbero avvalsi dell’aiuto di Crystal Dynamics. Questa dichiarazione scoperchiò il vaso di Pandora che racchiudeva il rapporto tra i due, e le testate giornalistiche dell’epoca iniziarono a rovistare al suo interno. Nel 1997, Crystal Dynamics, ormai ritiratasi dal ruolo di produttore e focalizzatasi solo sullo sviluppo del titolo, annunciò il sequel di Blood Omen, intitolato Legacy of Kain: Soul Reaver. La produzione del gioco venne bloccata dal team di Dyack, che fece causa all’ex-alleata software house, accusandola di plagio; dallo scontro legale ne uscì vincitrice la Crystal Dynamics, che ottenne i diritti del gioco e nel 1999 vide la nascita della propria creatura, grazie anche all’aiuto della Eidos Interactive che aveva comprato l’intera azienda. Macchinazioni degne di Game of Thrones? Non ancora: parte dell’accordo finale, stipulato con la Silicon Knights, era l’obbligo da parte della Crystal Dynamics, di nominarli nei titoli di coda come i creatori del concept originale; tale accordo saltò nel caso di Soul Reaver quando venne reso noto cheil suo concept non aveva nulla a che fare con il team dei Silicon, poiché nasceva da un’idea di Amy Hennig e Seth Carus, che avevano elaborato l’intera opera dandole il nome di Shifter.

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Chi erano questi due individui? Semplice: due designers di Crystal Dynamics che avevano lavorato al progetto di Blood Omen. Nel 2012 vennero resi noti al mondo altri documenti inerenti la disputa tra le due software house, tra i quali spiccava anche il nome di Activision. In questa sede tuttavia, non li affronteremo, da un lato perché finiremmo completamente offtopic, da un altro perché molti di questi documenti, non hanno mai avuto conferme o smentite da parte di uno dei due soggetti coinvolti; e soprattutto perché aprire un vaso di Pandora provoca sempre un gran casino!

I Pirati di Nosgoth

Abbiamo già parlato del successo avuto da Blood Omen negli anni. Tale successo lo portò, come tanti altri giochi, ad essere oggetto di alcune mod a operadi vari mod-developer; tra questi spicca il team russo di RazorWind Games. L’obiettivo del gruppo era quello di creare un remake del gioco in 3D e all’intero progetto diedero il nome di Blood Omnicide: iniziato nel 2009 come un piccolo progetto portato avanti da alcuni appassionati, ha riscosso così tanti pareri positivi nella community, che il team in pochi anni è arrivato a contare una quindicina di membri ufficiali di diverse nazionalità. Il progetto è a tutt’oggi ancora attivo, infatti il 15/11/2015 è comparsa, dopo due anni di assenza, una nuova comunicazione ufficiale da parte del team, nella quale spiegano che “il progetto non è ancora stato abbandonato ma che sta procedendo molto lentamente” e invitano i fan a portare pazienza poiché prima o poi verrà rilasciata la versione 0.1. Nel corso degli anni, un episodio correlato allo sviluppo di Blood Omnicide, lasciò molti utenti di stucco. Nel 2010, a distanza di quattordici anni dall’uscita del gioco, un giocatore scoprì per caso una zona nascosta all’interno di Blood Omen, mentre testava la versione alpha della mod, e ne svelò la locazione e i dettagli all’intera community, con tanto di screen che testimoniavano la veridicità del suo racconto. Pare infatti che dietro il Capt’n Bitter’s Pub, nella città di Vasserbünde, vi sia un’entrata segreta che conduce all’interno del pub stesso; il giocatore si troverà davanti a uno strano oggetto, che lo porterà a bordo di una nave di pirati in mezzo al mare.

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La nave in questione sarà totalmente esplorabile e, oltre a diversi tesori, il Vampiro si troverà davanti a svariati nemici contro i quali misurarsi. Ma non basta: una volta esplorata la nave, Kain potrà oltrepassare la distesa d’acqua e recarsi verso la zona adiacente, contenete un altro strano oggetto che lo condurrà avanti nel tempo. Si ritroverà così nuovamente sul vascello, questa volta completamente distrutto; da qui potrà tornare sulla terraferma e ricominciare il viaggio come se nulla fosse. Un piccolo viaggio nel passato… tanto per abituarsi alla sensazione!
Oggi come oggi è raro trovare un gioco che abbia qualcosa da raccontare a distanza di quasi vent’anni dalla sua pubblicazione e il sapere che, forse, farà ancora parlare di sé negli anni a venire, aggiunge credito a un titolo che, seppur non perfetto, ha allietato e continua ad allietare le serate di molti esponenti del popolo videoludico. Dopo Legacy of Kain: Defiance la serie sembra essere stata definitivamente abbandonata, nonostante un tentativo fallito sul nascere ad opera della Square Enix, e ci piace pensare che, nonostante tutto, alcuni tesori debbano restare sepolti là dove si trovano, onde evitare di essere riportati alla luce ed essere bruciati da essa. Ma questa è un’altra storia… forse.

Federico Barcella
Romano di nascita, nerd per passione, amante di Final Fantasy, di Batman e dei Cavalieri dello Zodiaco. Parla poco ma ascolta e osserva molto, sente un’affinità smodata con i lupi e spera di rincarnarsi in uno di loro. Cede spesso alle tentazioni della rabbia con picchi che creano terremoti in Cina per l’Effetto Farfalla e odia la piega che sta prendendo l’Universo-Videoludico negli ultimi anni.