Ospite della Italian Tech Week – l’evento del gruppo editoriale GEDI dedicato a innovazione e tecnologia – Christian Cantamessa ha raccontato nel dettaglio il processo di scrittura di un videogioco e suggerito quale possa essere la strada da seguire nel metaverso

intervista christian cantamessa

pesso quando viene citato il nome di Christian Cantamessa lo vediamo, soprattutto nel nostro paese, associato a concetti come “leggenda”, “pioniere” o a quel filone di talenti nostrani che ha compiuto la cosiddetta fuga di cervelli. Certo, non si tratta di epiteti erronei o usati a sproposito: il curriculum e la carriera di questo sceneggiatore è costellata di successi che gravitano nei paraggi di progetti enormi della galassia del videogioco (su tutti, ovviamente, Red Dead Redemption). Però c’è dell’altro, o meglio “deve esserci” mi sono ripetuto in testa quando stavo attraversando le sale delle OGR di Torino (incubatore di start up, spazio espositivo, polo fieristico e per grandi eventi mutuato da un gigantesco complesso di riparazione dei treni) per recarmi al primo dei due appuntamenti che vedevano Cantamessa protagonista durante l’Italian Tech Week.

Perché le leggende, quelle vere, per essere definite come tali non hanno solo bisogno di traguardi altisonanti e di richiamo ma, più di ogni altra cosa, di una visione specifica e focalizzata del mezzo che usano per comunicare e comunicarsi. Fortunatamente mi è bastato molto poco per comprendere che Christian Cantamessa quella visione ce l’ha eccome, e che non è solo la portata gigantesca dei progetti a cui ha lavorato a renderlo un nome di rilievo nel suo ambito (la sceneggiatura di videogiochi e fumetti, certo, ma anche la regia cinematografica). Penso infatti che il prodotto su cui la creatività di una persona si posa sia solo una parte del valore, dell’identità e dell’ideologia che essa ha di come vuole fare le cose: e quella di Cantamessa è una strada che dovremmo prendere in considerazione.

intervista christian cantamessa

Raccontare il videogioco con il videogioco

Ogni mezzo ha un modo proprio di raccontare e raccontarsi, e quindi di conseguenza chi scrive per un medium specifico deve aver ben chiare le procedure da seguire in relazione e in funzione alla piattaforma sulla quale la sua storia prende forma. Questo, per sommi capi, è l’incipit che stava alla base del primo dei due appuntamenti che hanno visto Christian Cantamessa protagonista alla Italian Tech Week. Un lungo e approfondito workshop, moderato dalla giornalista Alessandra Contin, dedicato agli strumenti e ai passaggi necessari per intraprendere un percorso di scrittura in un videogioco che sia prima di tutto in concerto con gli altri elementi che compongono il prodotto. Cantamessa ha proposto una struttura a fasi – che parte dal macroscopico e arriva al livello più dettagliato (nel caso del videogioco, quello dell’interazione tra chi gioca e il mondo) – per spiegarci quale approccio lui usa quotidianamente, portando esempi diretti di progetti a cui ha lavorato.

Iniziando con la stesura dell’ambientazione e la costruzione del mondo di gioco (in gergo world building) si creano le basi per i due piani successivi, la struttura su cui tutto il gioco dovrà ruotare. Si passa poi alla sceneggiatura vera e propria, ovvero alla gestione dei personaggi principali e alla scrittura dei momenti narrativi più importanti (che nei titoli ad alto budget normalmente sono cinematiche non interattive): la nostra visuale sul mondo quindi si restringe e si concentra su un momento, un’area e un gruppo di persone specifiche. Infine arriviamo a quello che, per chi scrive un videogioco, è forse il compito più arduo: giustificare narrativamente le interazioni di chi gioca e dare un feedback di storia a quest’ultime. Christian Cantamessa ha voluto porre una grandissima enfasi su questo aspetto, sottolineando come dietro ogni porta chiusa debba esserci della scrittura che giustifica quella chiusura o che per ogni spallata data a un passante deve esserci un’adeguata reazione.

intervista christian cantamessa

Curiosa, poi, è stata la risposta a una domanda che ho fatto al relatore riguardo a uno dei momenti più ricordati di Red Dead Redemption: l’attraversamento del confine che separa Stati Uniti e Messico. Ho chiesto all’autore se l’inserimento di Far Away di José Gonzales (autore dell’intera colonna sonora del gioco) fosse stato preventivato in fase di sceneggiatura o se, invece, puramente dato da una casualità. Lo sceneggiatore mi ha risposto raccontandomi un retroscena piuttosto interessante che vede la nascita della canzone in funzione di tutta una serie di file audio che il compositore stava realizzando e assolutamente slegata da un’assegnazione specifica a una scena. Giocando le demo utili a capire come strutturare le canzoni, Christian Cantamessa si imbatte proprio nella canzone in seguito a un lungo viaggio e da lì l’illuminazione e la decisione di collocarla in quel preciso momento della storia, rendendolo memorabile ancora oggi a distanza di dodici anni.

Videogiochi, iperconvergenza e metaverso

Secondo momento dedicato a Christian Cantamessa è stato poi un intervento sul palco centrale di Italian Tech Week, in una rassegna di interventi dedicati alle nuove prospettive digitali della terza incarnazione del web. Concentrandosi sulla definizione più comune di metaverso – ovvero un luogo virtuale iperconvergente – lo sceneggiatore ha dato dimostrazione al pubblico di come i videogiochi possano essere la dimensione da studiare per ipotizzare una convergenza ampia e che vada al di fuori di quel mezzo, ma che di fatto esiste già da decenni in esso.

Che sia di dispositivi, di prodotti o di persone, infatti, quel che il metaverso ci profila davanti negli anni a venire avviene già da tempo nel videogioco. Cantamessa ha portato sul palco esempi concreti di come questa nuova entità virtuale sia stata di fatto avviata e percorsa dal videogioco in tantissimi esempi disparati e che possono segnare la strada per l’avvenire. Il videogioco, quindi, è un mezzo convergente a cui dobbiamo e possiamo guardare con interesse per capire quale sarà la strada da percorrere nel futuro in ambiti più ampi di quelli ludici.

Luca Parri
Nato a Torino, nel 1991, Luca studia scienze della comunicazione come conseguenza della sua ossessione nei confronti delle possibilità che offrono i mezzi di comunicazione e ha lavorato come grafico e consulente marketing (lavoro che ha fatto crescere esponenzialmente la sua ossessivo-compulsività per le cose simmetriche e precise). Lo studio gli ha permesso di concretizzare la sua passione per i differenti linguaggi dei media, sperimentando con mano l'analisi linguistica e semiotica; il lavoro gli ha dato la possibilità di provare a inserire la teoria nel pratico. Studio e lavoro, insieme, lo hanno portato a scrivere di, tra gli altri argomenti, grafica pubblicitaria, marketing, comunicazione e comunicazione visiva collegata al videogioco.