Dopo l’ottima accoglienza in patria, City Hunter: Private Eyes debutta anche nelle sale cinematografiche italiane

Fra i grandi protagonisti dei classici del manga, Ryo Saeba è uno dei più riservati. Negli ultimi vent’anni non si è fatto vedere molto in giro: nessuna nuova serie in stile Lupin III, nessun bizzarro (e discutibile) remake à la Saint Seiya, nemmeno un live action, come avvenuto per Death Note.

Proprio questo 2019 ha segnato il suo ritorno: nel mese di febbraio compare nel crossover Jump Force, dopo quasi trent’anni di assenza dal mondo dei videogiochi, nonché nella curiosa pellicola francese Nicky Larson et le parfum de Cupidon [Nicky Larson è il nome di City Hunter nella localizzazione francese fin dai tempi dell’anime, NdR], ma soprattutto nel film City Hunter: Private Eyes, che ha debuttato in Giappone l’8 febbraio.

Il film, distribuito da Nex Digital in seno al progetto Nexo Anime in collaborazione con Dynit, verrà proiettato anche nelle sale cinematografiche italiane nei giorni 2, 3 e 4 settembre. D’altro canto, come vi abbiamo raccontato proprio lo scorso febbraio, c’è ancora bisogno di uomini come Ryo Saeba.

Per l’occasione è stata riunita la vecchia squadra: il soggetto è di Tsukasa Hojo, l’autore del manga, mentre la regia è stata affidata a Kenji Kodama, che ha diretto le prime tre delle quattro serie dell’anime e svariati film. Realizzato da Sunrise, ovviamente, come sempre. Anche il cast del doppiaggio corrisponde in buona parte a quello dell’anime, tanto di quello giapponese [con il quale ho visionato l’opera, NdR] quanto di quello italiano.

City Hunter: Private Eyes

Un’operazione nostalgica in piena regola, insomma. E non solo nelle premesse, ma anche nello svolgimento. Sembra quasi di guardare l’anime, magari una storia composta da due episodi, solo che il film dura 95 minuti, una manciata di minuti in più rispetto ai precedenti film e speciali TV.

Come al solito, l’incolumità di una giovane e splendida fanciulla è minacciata da una pericolosissima organizzazione criminale. Come al solito, serve l’aiuto di City Hunter, per proteggere non solo la ragazza, ma anche l’intero quartiere di Shinjuku. Come al solito, Ryo Saeba cercherà di insidiare la sua cliente (con tutti i topoi del caso), di riscuotere i suoi “crediti” con l’affascinante Saeko, di ricevere martellate in testa per mano di Kaori. Oltre a Saeko, tornano molti altri comprimari, come Falcon e la sua Micky e l’arzillo (per usare un eufemismo…) Doc e la sua assistente Kazue. Spicca, infine, il graditissimo (soprattutto da parte di un estasiato Ryo!) cameo della banda Occhi di Gatto, direttamente dall’opera prima di Hojo.

Anche questa volta, il legame molto implicito fra Ryo e Kaori è al centro dei riflettori e verrà messo a dura prova da un personaggio inedito, una vecchia conoscenza della partner del nostro sweeper preferito… ma dire di più equivarrebbe a spoilerare!

City Hunyter: Private Eyes

Si respira aria da bei vecchi tempi, in City Hunter: Private Eyes; è cambiata solo l’epoca. E non mi riferisco alla data di uscita della pellicola, bensì all’ambientazione: anche se Ryo guida ancora una Mini e spara ancora con una 357 Magnum, le vicende sono ambientate ai giorni nostri e il progresso tecnologico gode pure di un notevole risalto nella trama, che si limita a rielaborare in chiave moderna le classiche tematiche della serie. D’altro canto, gli eroi dei fumetti, come quelli dell’epica, vivono un tempo diverso da quello dei comuni mortali, una sorta di eterno presente.

Ciononostante, sotto la patina modernista l’intreccio e le vicende sono rimasti classici che più classici non si può; anche il character design adatta fedelmente quello originale al tratto moderno. E così, fra smartphone e droni, Ryo Saeba si è aggiornato, perdendo giocoforza il suo fascino retro.

City Hunter: Private Eyes

Ma non è questo il problema di City Hunter: Private Eyes, che risiede piuttosto nella sua scarsa consistenza: come dicevo sopra, sembra di guardare il cartone animato (magari su Italia 7 Gold, come negli anni d’oro), solo un pelo più articolato per via della maggior durata. Certo, ciò è dovuto anche alle caratteristiche della serie, dotata di una trama prevalentemente verticale, ma corrisponde anche a una precisa volontà di mantenersi fedeli agli stilemi del passato senza osare, puntando principalmente sulla nostalgia della platea, che ha dimostrato di amare ancora lo “stallone di Shinjuku” ora come allora. D’altro canto, dopo un silenzio di vent’anni City Hunter fa il suo ritorno eccezionalmente nelle sale cinematografiche: che fai, finta di niente?

Giovanni Ormesi
Scrivo di videogiochi (più o meno bene) dal 2008, dopo una decina abbondante di anni passati fra le pagine delle bellissime riviste cartacee, che purtroppo si sono perse con il tempo e con il progresso. Oltre ai videogame, sono anche un buon lettore, specialmente – per quanto attiene all'ambito nerd – di Dylan Dog. Nel bene e nel male.