Perché in Italia il Crowdfunding e il “finanziamento dal basso” non hanno futuro se non cambiamo atteggiamento.

Come forse molti di voi sanno, in questi ultimi due anni mi sono occupato di numerose campagne crowdfunding. Entusiasta per i buoni risultati ottenuti all’inizio avevo anche fondato insieme a un amico una piccola azienda chiamata Coffee Tree Studio, ma le cose non sono andate come mi aspettavo anche perché nessuno mi aveva ancora mostrato il lato oscuro. E così ho deciso di scrivere questo articolo. Vista anche l’imminenza della mia nuova campagna dedicata a Lumina 2 su Indiegogo (se siete curiosi guardate gli account di World of Lumina o Tatai Lab editore). Prima di iniziare con questa analisi “distruttiva” faccio come al solito una premessa: io credo nel crowdfunding come nuovo metodo di finanziamento per aziende e iniziative culturali.
In un’era in cui le uniche attività considerate profittevoli sono le aziende tecnologiche, “innovative” (quanto odio questo termine), e non esistono reali finanziamenti per le attività culturali (vi invito a controllare i requisiti richiesti dai vari venture capitalist, business angel, incubatori o acceleratori di impresa; per non parlare dei bandi di finanziamento europei e italiani), il finanziamento dal basso rappresenta una buona alternativa (forse l’unica) alle banche. Purtroppo viviamo un’epoca in cui si investe sui contenitori e non sui contenuti. E i risultati si vedono e si sentono.

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La mia non è una critica allo strumento, ma piuttosto una serie di riflessioni seguite da alcuni consigli che penso possano essere utili. Ma andiamo al punto, perché secondo me in Italia il crowdfunding non ha futuro? E cosa dovete aspettarvi? Rispondo in 10 punti (va tanto di moda su internet perché fa fatica leggere) e mi riferirò solo all’Italia perché il resto del mondo merita un capitolo a parte.

1.Siamo tutti esperti: tempo fa qualcuno diceva “in Italia siamo tutti allenatori”. Ecco questo funziona un po’ in tutti i campi. Quindi le persone, quando costruisci una campagna, invece di valutare il progetto che presenti (magari dandoti una mano a promuoverlo) ti riempiono di critiche negative e inutili, svalutando il tuo lavoro o elencandoti tutti i suoi difetti: il modo di comunicare, la cifra richiesta, i prezzi, i costi, il prodotto, la piattaforma, i colori, i disegni… in questi due anni sono riuscito a ricevere critiche distruttive pure da persone che (in teoria) erano coinvolte direttamente nella campagna (aka gli avrebbe permesso di avere qualche soldino per la propria attività).
Poi mettete in conto che il primo mezzo di comunicazione per una campagna sono i social network e la frittata è fatta. Non importa se è una iniziativa di persone che stanno iniziando da zero (magari anche investendoci dei soldi), che magari dietro ad ogni scelta ci sono dei ragionamenti o delle analisi, o che semplicemente ci sono stati degli imprevisti durante il percorso… a parole c’è sempre qualcuno che sa fare di meglio e l’importante è scriverlo online per farlo sapere al creatore (già stressato per i fatti suoi) e agli interessati al progetto (già confusi dalle numerose informazioni di internet). Con questo non dico che le critiche siano sbagliate, alcune ci stanno, ma andrebbero fatte nei modi opportuni e con un minimo di competenza. Sottolineo competenza, perché chissà perché ma le critiche arrivano spesso (e soprattutto) da persone che non hanno mai tentato la strada del crowdfunding e che probabilmente non sanno nemmeno come si scrive la parola “crowdfunding”. Quindi se decidete di far partire una campagna, non scoraggiatevi, queste persone ci sono e ci saranno sempre. Io le chiamo “quelli del cowfounding” (cow-founding = fondazione a vacca).

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2. Il prezzo è sbagliato: nel 1983, copiando un vecchio format americano datato 1956, iniziava la trasmissione “OK, il prezzo è giusto!”. Il quiz televisivo si basava un principio molto semplice, indovinare il prezzo di alcuni prodotti. Sembra facile vero? Eppure erano tanti i concorrenti che messi davanti al prodotto non riuscivano a indovinare il prezzo esatto. Per la maggior parte dei leoni da tastiera, nel crowdfunding i prezzi che fai sono sempre sbagliati, l’unico giusto è quello dove c’è scritto gratis (premio GAC assicurato).  In questi due anni ho visto dissertare dei prezzi meglio che in un qualunque mercato del pesce, nessuno si domandava come venivano realizzati, stampati o spediti i prodotti presentati in campagna, e tutti si lanciavano in calcoli (rigorosamente esentasse, perché il Italia i colori scuri sono alla moda, e senza considerare il lavoro delle persone coinvolte, in fondo siamo tutti schiavi) e ricerche di mercato basate su dati rigorosamente soggettivi  o, come diceva Elio, alla “mio cuggino”. Anche in questo caso non abbattetevi! Fate tutti i vostri conti, studiate il mercato (se volete vendere un libro, guardate quando costa mediamente un libro in una ricerca di mercato Istat o Nielsen). Se il prezzo è sbagliato ve ne accorgerete subito perché il prodotto non venderà e quindi bisognerà porre rimedio, fare una nuova analisi, cercare di ridurre ulteriormente i costi ed eventualmente, prepararsi per un altro crowdfunding .

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3.Se ti supporto non ci devi guadagnare: se fai un crowdfunding non ci devi guadagnare, perché in fondo lo fai per il progetto. Questa frase l’ho sentita tante di quelle volte che credo si possa ripetere come un mantra. Secondo molti, chi fa un’attività creativa (o auto finanziata) e si appoggia a questo strumento non deve mangiare, pagare le bollette, avere affitti, famiglia, guidare l’auto o semplicemente potersi pagare un caffè al bar. Tutto quello che viene fatto nel progetto deve essere creato dal nulla, in tempo zero, grazie all’attività di volontariato fatto da persone benestanti che hanno tanto tempo libero. Ecco, voi aggiungeteci pure che gli asini volano e che se le marmotte fanno la cioccolata, sicuramente ci sarà qualche altro animale che farà il lavoro gratis al posto tuo. Se fai una raccolta fondi, è giusto (ripeto giusto) che il creatore ci guadagni. Specialmente se sta fornendo un prodotto o un servizio di qualità. Altrimenti quel prodotto e servizio non hanno alcun futuro e il mondo sarà popolato da prodotti amatoriali, di scarsa qualità e poco affidabili (aspettate, ma ho una sorta di déjà-vu… come se mi trovassi già in questa situazione…). Se credete in quello che state facendo, non svalutatevi e non abbiate paura di dire “perché io valgo” (quando una pubblicità manda anche messaggi positivi).

4. Online nisciuno è fesso: ed eccoci ad un’altra fantastica caratteristica della popolazione italiana. Nel film i “I ladri” Totò diceva sempre di fare parte della sezione CNF e ripeteva questa frase “Ca’ nisciutoe’ fesso”. Ecco in Italia viviamo nella perenne paura che ci sia qualcuno che ci stia fregando, questo perché ci capita talmente spesso che coltiviamo i geni della diffidenza fin dalla più tenera età (persino le leggi vengono costruite basandosi su questo principio). Non dico sia sbagliato, in molti casi gli acquisti online o il crowdfunding si sono dimostrati delle vere e proprie truffe, ma non si può generalizzare sempre, specialmente se il promotore della campagna si sta esponendo in prima persona e vuole costruire un’attività continuativa e duratura. Così mi è capitato di leggere commenti del tipo “Non parteciperò mai più a un crowdfunding”, “è una truffa”, “siete stati scorretti” ecc… con mio sommo dispiacere guardando tutto il lavoro e la fatica fatta per realizzare i vari progetti. Non prendetevela, continuate sulla vostra strada e rimanete coerenti con quello che state facendo. Se siete onesti, prima o poi (spero) verrete riconosciuti in quanto tali anche in un paese come l’Italia.

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5.Fai promozione senza disturbare: nel 2016 non è per niente fare promuovere la propria attività perché siamo continuamente bombardati da informazioni e quindi per poter farsi sentire è necessario disturbare in modo continuativo e costante. Molto spesso, dopo mesi e mesi di promozione, interviste, video, post ecc… mi è capitato di sentire persone dirmi “se lo sapevo prima vi avrei dato una mano” oppure “non ne sapevo niente di questo tuo progetto”, quindi è normale “fare casino” durante una campagna crowdfunding. Nel mio piccolo ho sempre cercato di concentrare questa attività in uno o due mesi, proprio per evitare di essere troppo fastidiosi, eppure, non basta. Arriva sempre qualcuno che dice “eh mo’ basta co’ sta’ cosa” oppure qualcuno che invidioso afferma “non capisco perché tutti parlano di questa iniziativa inutile” o “tutto questa casino per una cosa così stupida”.
Faccio anche notare che essendo una “promozione di un lavoro” si deve mostrare il lato positivo di un prodotto, altrimenti come fai ad attirare la curiosità delle persone? Vi immaginate se Banderas durante la pubblicità dicesse “ho fatto questi biscotti, ma quando li inzuppi nel latte sono duri come il granito” oppure se il marketing di Star Wars avesse fatto tutta la pubblicità del film con la frase “secondo noi la vecchia trilogia è meglio”? Ma in Italia adoriamo lamentarci ed essere invidiosi, nonostante la tecnologia e le divinità ci abbiano fornito il libero arbitrio, quindi anche in questo caso non preoccupatevi, normali troll da social network.

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6. L’inglese di Mr. Flanagan: avete presente la scenetta in cui Giacomo cercava di insegnare l’inglese a Roy Hodgson oppure i video che prendono in giro Renzi che parla inglese? Ecco, la maggioranza degli italiani, se vede qualcosa scritto in inglese inizia ad avere crisi di panico. Quindi immaginatevi la reazione davanti al fatto che le principali piattaforme crowdfunding sono americane o straniere. In questi anni ho visto gente che si fermava davanti al “support” di Indiegogo perché non era sicura del significato, oppure di persone che scrivevano “io non ci capisco niente” davanti alla scritta “buy”. Ricordatevi di tradurre tutto anche in italiano, ma non pensate di aver risolto così il problema, perché dubito anche che molti capiscano l’italiano.

7.La miniera d’oro della mancanza di autocritica: molto spesso capita che chi si avvicina al crowdfunding veda questo strumento come una sorta di miniera d’oro. Basta creare una campagna per risolvere tutti i propri problemi economici con il minimo sforzo (in pratica è come aver vinto alla lotteria).
Ecco questo non esiste. Fare crowdfunding vuol dire prepararsi al più grande esame che mai avete dovuto sostenere, significa confrontare le proprie idee/prodotto con il pubblico e mettere in discussione tutto quello che avete pianificato e realizzato (anche il prodotto stesso). Non ho mai visto nessuno diventare ricco con il crowdfunding se non rubando (vedi il caso del drone di Kickstarter) o vendendo ad aziende più grandi (vedi Oculus). Il crowdfunding è un modo per affrontare il mercato di petto e iniziare la propria attività (Kickstarter vuol dire calcio di inizio), consapevoli che a fine campagna vi ritroverete con pochi (o nessun) euro in tasca. Eppure nella mentalità dell’italiano medio, proporre un finanziamento dal basso significa guadagnare soldi con il minimo sforzo e senza alcun tipo di costo o tassa da pagare. Non perdete mai il vostro spirito autocritico, siate onesti con voi stessi e cercate in tutti i modi di non trascurare tutto quello che comporta l’avvio di un’attività del genere.

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Il post-crowdfunding non esiste (grazie Amazon): quando cercate online trovate una marea di post di blog che vi raccontano come comunicare e promuovere la vostra campagna crowdfunding, nessuno vi racconta del dopo. Forse perché quel qualcuno che scrive non è sopravvissuto al post o non ha mai usato uno strumento del genere e sta semplicemente copia-incollando qualche decalogo scritto da un motivatore lampadato. Il post crowdfunding è la cosa più difficile che esista. Perché? Perché avete fatto una promessa ai vostri sostenitori, i quali vi hanno finanziato, quindi ora dovete mantenere quella promessa. Non potete dire “abbiamo sbagliato i conti” oppure “avete inserito gli indirizzi sbagliati” o “il corriere ha deciso di aumentare i prezzi”, dovete mantenere la promessa e quello che realizzate ha su di se le aspettative del pubblico (aspettative che a volte non risultano rispettate, perché ognuno percepisce i messaggi in modo soggettivo). Organizzare la realizzazione del prodotto, l’imballaggio, la spedizione, il customer care è un incubo e richiede tanta pazienza e filosofia zen, nonché una buona organizzazione e struttura alle spalle (grazie ad Amazon siamo ormai abituati a ricevere un pacco in tre giorni… ma stiamo parlando di Amazon).  Eppure tutti ignorano questa fase, e con tutti intendo non solo il pubblico, anche i creatori stessi.

9.Analfabetismo informatico: riprendo da un articolo “analfabetismo inteso come mancanza di competenze digitali e quindi incapacità di “saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie di informazione e comunicazione (TIC) per  il lavoro, il tempo libero e la comunicazione.” Incapacità quindi di utilizzare le TIC “per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet”. Non aggiungo altro perché sono già triste così… 

10. In fondo sei e resti nessuno: una delle poche cose che invidio agli Stati Uniti è il sogno americano. Non importa chi sei o da dove vieni, se hai una buona idea e hai successo allora ti meriti tutta l’ammirazione e il sostengo possibile. E se tu ci sei riuscito allora da te posso imparare qualcosa che mi permetterà di raggiungere i tuoi stessi risultati.  In Italia non funziona così, qui esiste il “se ci sei riuscito tu, allora posso farlo anche io” e il “se non ci riesco allora non è colpa mia, vuol dire che la tua è stata solo fortuna perché non vali nulla”Oppure “lui ha avuto successo perché era famoso, mentre tu non sei nessuno”Trovate le differenze. 

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Spero di non avervi demoralizzato o che nessuno si senta offeso (e di non aver usato troppo spesso la parola crowdfunding). Non sono uno studioso di marketing e dico spesso cose errate, quindi prendete tutto con le pinze e se pensate siano stupidaggini, fidatevi, avete ragione. Ma visto che siamo a ridosso della campagna di Lumina 2 (che parte il 29 Febbraio), osservate cosa succede e poi riprendiamo in mano questo decalogo. Comunque il crowdfunding è uno strumento fantastico. Come tutti gli strumenti può essere usato bene o male e ha i suoi pregi e i difetti. Usatelo, siate onesti, seguite un’etica professionale, cercate di costruire un budget il più possibile completo (considerate tasse, spedizioni, imballaggi, produzione, persone, ecc…), lavorate alla comunicazione, la promozione, incontrate il pubblico e i troll da tastiera… ma qualunque cosa succeda ricordatevi di non avere mai paura di fallire. È dai propri errori che si può costruire un successo!  (e qui potete pure tirarmi gli ortaggi!)

Buon Marzo e al prossimo post!

Davide Migliore
Nasce Ingegnere informatico e rimane incastrato in un computer finché un giorno, chiamando i suoi genitori, annuncia "Pare che ho un dottorato di ricerca". Dopo tre anni passati a giocare con carrozzine guidate dal pensiero e robot bambini, ha una crisi mistica e decide di abbandonare tutto per scoprire il segreto di Steve Jobs. Studia tutto ciò che riguarda la mente e il suffisso -ologia, e un giorno arriva l'illuminazione, co-fonda il Coffee Tree Studio e si scopre ancora incastrato dentro un computer. Ha l'abitudine di morire una decina di volte all'anno e ha un nano da giardino armato di ascia.