Schiaffi di qualità

The Raid 2 Berandal, seguito di The Raid, è un film che ha raccolto molti consensi tra tutti gli appassionati del genere action-arti marziali.  Se non sapete di cosa stiamo parlando, vi invitiamo a recuperare la grave lacuna cominciando proprio dal primo capitolo, non solo perché si tratta di uno dei migliori film di genere degli ultimi anni, ma anche perché questo seguito comincia esattamente dove il primo finiva, proseguendo le vicende del poliziotto Rama, che questa volta cercherà di smantellare il sistema criminale che sta soggiogando la società della propria città, direttamente dall’interno. Una storia che racconta il difficile tentativo di infiltrarsi nella malavita locale che, seppur costruita su basi non del tutto originali (gli spettatori più nerd non potranno che notare qualche somiglianza con un gioco di qualche tempo fa, Sleeping Dogs), serve più che altro a tratteggiare la ruvidità del backgrond e la cinica caratterizzazione di protagonisti e antagonisti (questo sequel vede la presenza anche di noti artisti del cinema asiatico, come il giapponese Kenichi Endō), siano essi più o meno macchiettistici.

Questo rende le spettacolari scene d’azione, vero cuore pulsante della pellicola, più coinvolgente e trasmette un senso di pericolosità e violenza in un mondo in cui il protagonista Rama, unico personaggio che sembra conservare una sorta di purezza d’animo, deve scendere a patti con la violenza che lo circonda per sopravvivere. Se queste possono sembrare le premesse di un film asiatico di genere come molti altri, ci pensa la messa in scena del talentuoso regista Garret Evans a fare la differenza. The Raid 2 infatti è senza ombra di dubbio un capolavoro dei film di arti marziali, e alcune delle sue scene più riuscite lo pongono tra i massimi esponenti di un filone che nel cinema asiatico conta centinaia di esemplari. Il segreto di The Raid sta sicuramente sul modo di porsi con l’azione rappresentata su schermo, di qualsiasi natura essa sia. I combattimenti sono non solo tutti davvero riusciti ma anche geniali. Le doti atletiche del  giovane e velocissimo attore Iko Uwais (Rama) si sposano alla grande con delle coreografie che trasmettono una fisicità e violenza senza eguali. Nessun movimento inutile, nessuna piroetta coreografica. Ogni scontro è potenzialmente mortale e prende vita dalle “reali” intenzioni dei partecipanti allo scontro di annichilire completamente l’avversario nella maniera più veloce e necessariamente violenta possibile. Dove infatti non lesinano i particolari, è proprio nella rappresentazione dell’impatto del corpo umano con i colpi, spigoli, mazze e quant’altro.

Se infatti altri film edulcorano la violenza dello scontro nascondendo o non soffermandosi sullo strappo, la lacerazione o l’impatto subito, The Raid 2 decide invece di puntualizzare il senso di dolore in un crescendo di adrenalina che, similmente al primo capitolo, culmina con un combattimento “finale” esasperato fino all’estremo nei tempi e nello stress psicofisico dei due contendenti.

Garret Evans anima con la stessa filosofia anche le sequenze non strettamente legate alle arti marziali, basti pensare allo spettacolare inseguimento in macchina che rappresenta uno dei picchi più alti del film. All’interno di queste scene non solo c’è genialità nella messa in scena, con spettacolari combattimenti a 5 dentro un’automobile lanciata a folle velocità che farebbe impallidire scene simili viste in altre pellicole come Matrix Reloaded (ma questo discorso vale un po’ in generale), ma anche la capacità di tirare fuori spettacolari ribaltamenti e incidenti girati con meno soldi di filmoni ad alto budget (come ad esempio Fast and Furios) ma nonostante questo in modo più convincente e realistico. Non osiamo infatti immaginare il rischio degli stunt nel ricreare dal vero queste incredibili “danze disastrose” a quattro ruote su strada. Come un vero artigiano che mette perizia e passione nel suo lavoro, il regista allo stesso modo imbastisce ogni fotogramma della pellicola, che esso faccia parte di una lunga sequenza corale di scontri e disordini all’interno di una prigione quanto del claustrofobico scontro 1 contro 100 all’interno del minuscolo spazio di un bagno.

Anche negli aspetti più classici della regia, la classe non manca. Lo studio del dettaglio in primo piano, dell’inquadratura, del piano sequenza cheti rende tal scena vera e tangibile, non lasciano mai a desiderare, senza però lasciar trapelare una narcisistica volontà di eccedere ma con la semplice volontà di sposarsi con la propria fotografia la fotografia dalle tinte fredde, e dare carattere al tutto.

Nonostante l’ormai più che evidenziata violenza del film, a cui manca qualsiasi velleità di ironia o comicità con cui stemperare le atmosfere, il film risulta comunque godibile grosso modo da chiunque, risultando in primis un’opera destinata a intrattenere e divertire, seppur facendo leva su corde non certo spensierate. Al cast di interpreti tutti destinati a vestire ruoli per lo più facilmente inquadrabili (il poliziotto buono, il poliziotto cattivo, il boss della malavita e il suo figlio spietato e insofferente ecc.), fanno eccezione un paio di personaggi maggiormente fuori dalle righe e più variopinti, come la sadica Hammer Girl e il suo compare con la mazza da Baseball, che “”stonano” leggermente con il contesto generale, ma fanno parte di quegli archetipi di eccentricità del cinema asiatico che caratterizzano pellicole come questa e vengono assimilati dal contesto generale che “si prende molto, molto sul serio ma fino ad un certo punto”.

Ho adorato questo film e più ne scrivo, più ne scriverei. Decido però di fermarmi qui e consigliare a tutti gli appassionati di film BELLI, un minimo smaliziati e capaci di riconoscere le mille maniere diverse di fare bene un film, anche quando riguarda prodotti generalmente reputati di “serie B” come The Raid 2, perché è giusto che abbia la stessa visibilità di produzioni infinitamente più blasonate e celebri che spesso però non valgono la metà di film come questo. Adesso però voglio un film in cui Iko Uwais se le dà di santa ragione con un altro maestro dei calci in faccia come Tony Jaa (The Protector; Ong Bak)! Chissà,  magari nel terzo capitolo…

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!