Gorr, un errante che porta il suo credo tra le ombre

“Vi scongiuro, fratelli, restate fedeli alla terra e non credete a coloro i quali vi parlano di sovraterrene speranze! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano o no. Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra è stanca: se ne vadano pure!”

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o, a parlare non è Nietzsche. Nemmeno Zarathustra. No questi pensieri non sono dannunziani, né tantomeno affini a Emerson. No a parlare è un uomo che perdendo tutto ha trovato sé stesso. Un essere che ha deciso di imbracciare le armi e partire per una missione. Un’entità che ha scelto di venerare solo ed esclusivamente la morte.
A parlare è l’Io di Gorr, il macellatore degli dei.

Dio è morto.
Con esso anche la fede, se mai fosse esistita realmente.
La nemesi interpretata da Christian Bale in Thor Love and Thunder, nella pellicola diretta da Taika Waititi, viene mostrata in maniera “semplificata” nelle sue origini (per ovvi motivi di timing), ma l’identità permane.
Un fedele che ha passato tutta la sua vita a venerare dei, a discapito della sua condizione esistenziale e dei suoi affetti. Un  essere abbandonato a sé stesso. Martoriato, ferito, vessato, ostracizzato, bandito. Un uomo che ha creduto fino alla fine in qualcosa che potesse trovarsi lì sopra proprio perché superiore a qualsiasi mortale.
Un essere che ha smesso di pregare e che ha cambiato credo. Dopo il suo incontro con gli dei e, soprattutto, con la necrospada, Gorr si è fatto vassallo della morte, fautore dell’Io, custode del Fato e dell’autodeterminazione.

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Gli dei sono meschini. Entità e costrutti posti ai vertici della piramide dell’anima solo perché innalzati dai mortali stessi. Gorr lo scopre a proprie spese, vede la sua terra inaridirsi, i frutti marcire, le piante seccarsi e i suoi affetti morire. Le preghiere non servono più, nemmeno quando si prostra dinnanzi al suo Dio.
No.
L’unica cosa da fare è rialzarsi. Brandire la propria arma e squarciare la gola delle entità insieme al Velo di Maya che si è posto dinnanzi alla sua testa. Ora non c’è più il filtro del culto. Non c’è più lo status autoimposto. Le storture sono cadute e gli unici capaci di articolare l’universo secondo il proprio volere sono il Fato e il Tempo. Anche quest’ultimi, però, possono cadere. La guerra può iniziare, può essere dichiarata.

Gorr è la lama che recide i fili tessuti tra le mani delle divinità e i cuori degli uomini

La strada di Gorr è già stata battuta anzitempo da chi, prima di lui, aveva profetizzato la morte delle stelle e il perire dei secondi. Il superomismo degli dei, provenienti dalle pieghe del tempo e partoriti dai culti tra soli e lune, è giunto a un bivio. Sottostare a chi, per secoli, li ha venerati o cadere definitivamente.
Il macellaio brandisce la sua arma e avanza, incontra Zarathustra stesso durante il suo cammino, capisce che è inutile parlare con gli umani, che è inutile pensare a una proiezione dell’Io oltre l’uomo, c’è solo una risposta: la morte.
Il superomismo viene ancor più sorpassato dalla creatura nata dalla mente di Aaron e Ribic, lui scardina e demolisce tutto ciò che va oltre, tutto ciò che viene ingiustamente venerato. Le ombre divorano il suo cammino e zittiscono la natura, non si sente nemmeno l’echeggiare della pioggia, le fronde verdi e la terra marrone spariscono inghiottiti dall’oscurità.

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Sì, perché il macellatore di dei annulla l’esistenzialismo, riformula il credo e dissipa la nebbia che soffoca gli occhi moribondi dell’essere umano assuefatto da preghiere e offerte tribali. Non c’è contatto con la natura che tenga e i mortali, cloaca di nefaste amenità, non possono redimersi guardando e celebrando gli dei, perché anch’essi sono colpevoli. Se l’oltreuomo era un oceano cristallino capace di ripulire le nefandezze dell’animo, Gorr tinge quelle acque di rosso sangue e le oscura sotto un cielo orfano della luna. Le metamorfosi ci sono, ma anziché essere tre come quelle affrontate dal saggio che discende dalla montagna, lui si sofferma ad una soltanto, decidendo di corrompere sé stesso per un bene superiore, qualcosa capace di far tremare coloro i quali hanno sbeffeggiato il credo mortale e il sonno umano.

No Dio non è ancora morto, ma lo farà presto, lui e tutti gli altri dei. Da Zeus a Odino, da Knull a Thor, tutti dovranno cadere dopo aver fatto penitenza delle proprie colpe. La necrospada li dilanierà, ma Gorr non ne gioirà, la sua causa è più importante, ripudia le emozioni stesse che hanno accecato le superbe membra di divinità stanche e presuntuose. Lui vuole la guerra, lui vuole la vendetta, ed è pronto a eclissare la luce pur di insegnare ai mortali che si può vivere anche senza un Dio.

“Al di sopra di tutto risuona la voce di quelli che predicano la morte: e la terra è piena di quelli cui non si può non predicare la morte

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.