Il live action Netflix di Cowboy Bebop è un prodotto (quasi) all’altezza dell’originale

Di tutte quelle che sono passate nella plurimillenaria storia del nostro pianeta, forse la nostra epoca non è proprio la migliore in cui vivere. Inquinamento, clima impazzito, economia satura, proxy war in giro per il mondo. Eppure c’è un aspetto della vita in cui dovremmo sentirci viziati: molti dei nostri prodotti narrativi preferiti vivono seconde, a volte terze giovinezze, grazie a remake, reboot e trasposizioni su media diversi. Game of Thrones, da saga fantasy di qualità ma anche di nicchia, è diventata una serie TV che ha fatto la storia; Harry Potter è passato dalle pagine al cinema; i supereroi della Marvel hanno raggiunto un successo senza precedenti grazie al MCU. E questi sono solo alcuni degli esempi più celebri. Certo, non tutte le trasposizioni vengono bene e Netflix ne sa qualcosa, specie quando vengono attuate su anime e manga. Basti pensare al dimenticabile Bleach e all’indimenticabile (per i motivi sbagliati) Death Note. Alla luce di questo breve excursus potete immaginare la domanda a cui cercheremo qui di dare una risposta: con Cowboy Bebop live action com’è andata? Scopriamolo!

Perché trasformare Cowboy Bebop in live action è un’operazione rischiosa

“Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile.” Così recita il più celebre aforisma di Johan Cruijff, uno che ha fatto la storia nel suo campo. Anche se non vi piace il calcio, comunque, vi basterà (ri)vedere l’anime di Cowboy Bebop per comprendere al meglio cosa volesse dire il tuttocampista olandese. L’opera di Shinichiro Watanabe è composta di episodi autoconclusivi, lineari e facili da seguire, la cui vera forza è proprio l’apparente semplicità e spensieratezza. Spike e Jet, i protagonisti, vagano senza meta nello spazio alla ricerca di qualche furfante da arrestare e portare alla polizia, per incassare la taglia che pende sulla sua testa. L’unico obiettivo è sbarcare il lunario e magari fuggire da un passato che non viene mai preso in esame seriamente. La linearità della narrazione viene impreziosita dalla presenza di personaggi secondari interessanti, capaci di lasciare il segno anche se rimangono sullo schermo per poco tempo. L’opera originale, però, è soprattutto una sublime prova registica: raramente, per non dire mai, inquadrature e colonna sonora hanno giocato un ruolo così determinante in un anime serializzato. Cowboy Bebop è un gioiello raro, terribilmente difficile de trasporre in live action proprio perché snello nella sceneggiatura, ma incredibilmente ricco dal punto di vista tecnico e stilistico.

Cowboy Bebop live action 1

Cowboy Bebop live action: le conseguenze dell’adattamento

Del live action di Cowboy Bebop su Netflix salta subito all’occhio la durata degli episodi, che varia dai quarantacinque ai sessanta minuti. Un bel salto e una scelta coraggiosa, se pensiamo che l’anime stava tra i venti e i venticinque. L’implicazione principale, come potete immaginare, è legata al contenuto: come riempire tutto il tempo in più? Su questo fattore, forse più che su ogni altro, si giocava il successo o l’insuccesso del progetto. Con un grande sospiro di sollievo possiamo dire che Andre Nemec e soci hanno colto nel segno, grazie a una strategia tanto semplice sulla carta quanto complicata da mettere in pratica. La serie scava infatti nelle pieghe dell’anime, riprendendo tutti i discorsi lasciati in sospeso nel 1998, soprattutto quelli che riguardano il passato dei protagonisti. Spike Spiegel, una volta, si chiamava Fearless ed era un membro del clan mafioso del Red Dragon. Dopo un tradimento per amore, è stato “ucciso” e ora cerca di rifarsi una vita da cacciatore di taglie. Gli ex colleghi e un vecchio amico, però, tornano a bussare alla sua porta. Jet Black era un poliziotto con una moglie e una figlia, poi è stato incastrato per corruzione e ha perso tutto. Ora vuole riconquistare il rispetto della famiglia e magari tornare ad avere un ruolo nella crescita della piccola.
In aggiunta alla verticalità della trama degli episodi, che già aveva fatto la fortuna dell’anime, la serie live action di Cowboy Bebop aggiunge quindi la linea orizzontale, una storia che lega le puntate tra loro e rende ogni azione dei protagonisti ancora più significativa.

Cowboy Bebop live action 2

Le altre caratteristiche della serie live action di Cowboy Bebop

Buone notizie per tutti i nostalgici dell’anime: il live action di Cowboy Bebop mantiene tutto il fascino retro-fantascientifico dell’originale. L’ambientazione è l’intero universo, in cui le astronavi e i gate per il salto nell’iperspazio convivono con cercapersone e televisori a tubo catodico. Questa commistione di elementi futuristici e tecnologia ormai superata anche nella nostra realtà è stata mantenuta e, esteticamente parlando, fa sempre la sua egregia figura.
Ciò che invece è leggermente cambiato è il tono dello show, che strizza decisamente di più l’occhio al trash rispetto all’opera originale. Non mancano battute di spirito, parolacce e situazioni al limite del surreale. Il risultato è un prodotto al passo con i tempi, che somiglia per certi versi ai film del Marvel Cinematic Universe nel suo tentativo di far ridere, ma spesso ricorre a un umorismo più affilato.
Il vero fiore all’occhiello della serie live action sono però le scene d’azione. Rispetto all’anime si spara di meno e ci si picchia di più a mani nude, con lunghe sequenze di arti marziali coreografate e mai banali. L’utilizzo dell’ambientazione e degli oggetti che la compongono durante i combattimenti ricorda molto lo stile dei vecchi film di Jackie Chan, aggiungendo un po’ di quell’imprevedibilità che non fa mai male.
Infine, anche il rapporto tra i due protagonisti è leggermente cambiato rispetto all’opera di Watanabe. Nell’anime la differenza anagrafica è maggiore e spesso Jet si comporta quasi da padre nei confronti di Spike: lo redarguisce bonariamente e cerca di aiutarlo anche quando compie scelte sbagliate. Nella serie TV i due sono praticamente coetanei, legati da un’amicizia non priva di segreti. L’ex poliziotto, infatti, non conosce il passato del cowboy e questo rappresenta uno dei nodi più importanti della narrazione.

La serie live action di Cowboy Bebop è nettamente al di sopra delle altre trasposizioni da anime targate Netflix. La storia rimane interessante nonostante l’allungamento del minutaggio, raccontando qualcosa di più e non perdendo ritmo. Il risultato più importante, però, è l’essere riusciti a conservare il fascino unico dell’opera di Shinichiro Watanabe, fatto di regia e colonna sonora.

Marco Broggini
Nasce con Toriyama, cresce con Ohba e Obata, corre con Shintaro Kago. Un percorso molto più coerente di quello scolastico: liceo scientifico, Scienze della Comunicazione, tesi su Mission: Impossible, scuola di sceneggiatura. Marco ha scoperto di essere nerd per caso, nel momento in cui gli hanno detto che lo sei se sei appassionato di cose belle. Quando non è occupato a procrastinare l'entrata nel mondo del lavoro, fa sport che nessuno conosce e scrive racconti in cui uomini e gatti non arrivano mai alla fine.