Abbiamo avuto l’arduo compito di testare Diluvion quando ancora era in Beta. Come scrivemmo allora, il gioco aveva idee interessanti ma le sviluppava parecchio male. Purtroppo per il gioco, le nostre prime impressioni si sono rivelate tristemente accurate, mentre le nostre speranza non sono state esaudite. Scopriamo insieme perché.

Di cosa parliamo?

Diluvion ci porta in una realtà dove un infinito maltempo, inviato da fantomatici dei, ha finito con il sommergere il mondo e sembra che tutta la superficie marina sia perennemente congelata. Quello che rimane dell’umanità vive sott’acqua di stenti, in avamposti e basi raffazzonate e pericolanti strutture costruire, mentre tutto intorno il mondo va a rotoli o, in questo caso, in acqua. L’umanità si sposta grazie a sottomarini di vario genere (all’inizio del gioco, potremo scegliere tra 3 tipologie, ognuna con i suoi pro e contro).

Il giocatore veste i panni di un capitano di un sottomarino, il quale, dovrà raggiungere la fine del… beh, corridoio infinito in fondo al quale, pare, una dea ha piazzato la chiave per la redenzione dell’umanità. Bella l’idea di un gioco open world, con sottomarini, in un contesto post-apocalittico, tutto sommato ben reso all’interno del videogioco. Purtroppo per Diluvion, però, i suoi pregi più grandi finiscono praticamente qui.

Gameplay

Possiamo dirigere il nostro sottomarino con il facile ausilio di tastiera e mouse. I tasti sono piuttosto pochi e si impara velocemente a gestire il proprio veicolo, di qualsiasi genere esso sia. La visuale in terza persona ci permette perfettamente di muoverci negli ambienti, di buon impatto visivo. Ma, con il muoverci durante il gioco, si può spesso incappare in un fastidioso problema. Qualora il nostro sottomarino attracchi in prossimità di un punto qualsiasi, a volte eseguirà bizzarre variazioni di asse per finire poi la manovra. E questo non sarebbe un problema, ma può far sì che veniamo attaccati mentre siamo ormeggiati da qualche parte. Qualora uscissimo in fretta dalla visuale di esplorazione degli ambienti, potrebbe accaderci un piccolo e fastidioso problema. La visuale in terza persona andrà a cozzare con gli ambienti di gioco, facendo sì che la telecamera si posizioni alle spalle del sottomarino, inquadrando a volte un avamposto, a volte uno spuntone di roccia. È capitato che l’intero schermo fosse completamente bianco. Un pezzo di ghiaccio infatti, frapposto tra la visuale e il nostro mezzo subacqueo, ci impediva di vedere il sottomarino, cosa piuttosto molesta, specie subendo dei danni in maniera continuata, dato che non potevamo spostarci. Qualcuno vi colpisce e voi dovete procedere a tentoni per capire se girare a babordo o tribordo per tentare di uscire dalla posizione in cui il dannato oggetto si frappone nella visuale. Ma potrebbe anche succedere che nell’attracco il vostro sottomarino si impigli in un qualche oggetto vicino, dando vita a fastidiosi situazioni e bizzarre auto-manovre (come piroette o capovolgimenti).

Tuttavia, la visuale in terza persona (unita alla colonna sonora, di cui parliamo dopo) sa regalare belle emozioni, soprattutto quando ci inoltriamo in un ambiente non ancora esplorato, e ce ne sono alcuni davvero emozionanti da scoprire. Inoltre, la gestione dei combattimenti in terza persona risulta pratica e comoda, e una volta preso dimestichezza con tastiera e mouse diventa semplice affrontare i nemici, anche quando numerosi. Il sistema di combattimento è piuttosto basilare. Con il tasto destro, se terremo puntato un nemico potremo agganciarlo e lanciargli contro dei siluri. Oppure potremo, con il tasto sinistro del mouse, fare fuoco con le nostre (o nostra, a seconda del sottomarino che avete) torrette. In realtà, una volta presa la mano, salvo casi di combattimenti disperati, non si sente il vero bisogno di lanciare dei siluri, costosi e rari. Da registrarsi un ottimo livello di intelligenza artificiale nei nemici. Infatti i nemici, se si accorgeranno della nostra supremazia offensiva (ad esempio, venissero bersagliati subito da un siluro subendo gravi danni) non ci penseranno due volte e proveranno a battersela. Parecchio frustrante, dopo aver impiegato fior di risorse per distruggerli, vedere il nostro “loot” fuggire nelle oscurità marine. Fastidioso, sì, ma anche realistico, pertanto estremamente apprezzabile. Potremo anche far risuonare nelle profondità marine il nostro sonar, che ci permetterà di individuare mine, avamposti, e altri sottomarini. Vi è inoltre il tasto con cui gestire il nostro equipaggio ed equipaggiamento, accedendo in pochi istanti ad una visuale interiore del veicolo, sebbene questo, non metta in pausa il gioco.

Comparto tecnico

Ecco, forse il comparto tecnico è un punto in cui Diluvion non ha dei demeriti, anzi. La colonna sonora è molo adatta, sebbene forse alla lunga un po’ ripetitiva, ma presenta orecchiabili variazioni in base a cosa stiamo facendo. Musichetta soave quando scopriamo una nuova località, qualcosa di più upbeat mentre combattiamo. Dal punto di vista visivo, nonostante la semplicità delle animazioni e dei paesaggi, Diluvion ci offre comunque una buona grafica. Molto caricaturale, quasi cartoonesca a tratti, ma comunque piacevole, alcune ambientazioni sono davvero memorabili, sopratutto per, come chi vi scrive, apprezza i contesti post apocalittici. Il gioco non registra mai cali di frame rate o altri problemi, anche se, da notare, qualche freeze in caso di game over.

Un oceano di difetti

Stanti questi pregi, però, abbiamo già anticipato quanto il gioco non ci abbia per niente entusiasmato, purtroppo. Dopo una decina di ore di gioco complessive, la tentazione di abbandonarlo si è fatta fortissima, per salvaguardare la nostra salute mentale. Perché se ci è concesso di descrivere Diluvion in una sola parola è: frustrante. I limiti tecnici non sono, dal nostro personale punto di vista, il grande male dei videogiochi. Intendiamoci, se ogni tanto una texture è errata o il motore fisico fa le bizze, possiamo ben fregarcene, se il gioco ci intrattiene comunque. Diluvion non ci riesce. Perché?

Primo: è capitato che il gioco, dopo aver apparentemente salvato in un punto X, in caso di tragedia ci abbia riportato molto più indietro. E perdere anche solo un’ora di Diluvion è da disperazione. Peraltro, non è possibile il salvataggio manuale: solo raggiungendo pochi insediamenti il gioco auto-salverà i vostri progressi e gli obiettivi raggiunti. E qui arriviamo anche al punto focale, l’obiettivo del gioco. Il Capitano gestisce le proprie missioni da una schermata. Il problema è che queste missioni non sono chiare. Ci troveremo spesso e volentieri, per non dire sempre, a girare a casaccio in una grande e poco chiara mappa, che non ci darà il benché minimo segno di orientamento. Non avremo neanche a disposizione una mappa intelligente che indichi la nostra posizione. Dovremo muoverci a tentoni con l’ausilio della bussola. E se il gioco fosse impostato puramente così, potremmo anche accettarlo. Il problema è che non è così. Infatti, ogni tanto (all’inizio del gioco praticamente sempre) verranno in nostro aiuto dei banchi di pesci dorati, che secondo le indicazioni del gioco, se seguiti, ci porteranno all’obiettivo. All’inizio la cosa ha funzionato. Poi il sistema di aiuto ha iniziato a fare confusione, portandoci in punti ciechi o privi di senso, come città/avamposti già visitati. Questo porta il giocatore a dover girare alla cieca, completando gli obiettivi per caso.

Inoltre, il sistema di gestione missioni e relativo aiuto dei pesci dorati va in difficoltà in caso che un obiettivo generale si divida in più sotto-obiettivi minori. Facciamo un esempio pratico, per eseguire un upgrade del sottomarino, si devono spuntare 5 piccoli obiettivi (che consistevano nel trovare oggetti). Pur partendo secondo logica dal primo, il nostro lungo e frustrante girovagare a vuoto ci ha portato a completare prima, e per sbaglio, il secondo e il terzo obiettivo. Il gioco (che in teoria dovrebbe aiutarci anche con i dialoghi dei nostri marinai) non ha però riconosciuto questo risultato. Tant’è che una volta finito il primo obiettivo (anche qui, per puro caso) in maniera praticamente contemporanea al quinto, ci siamo ritrovati alla ricerca del quarto.

Peccato che il gioco continuasse a darci indicazioni sul secondo e terzo obiettivo. Un vero caos. Come se non bastasse, al caricamento di un salvataggio, o all’ingresso di un avamposto già visitato, molte opzioni di dialogo con il nostro equipaggio o con altri personaggi ci verranno ri-segnalate come ancora da effettuare. Non sapete quante volte abbiamo dovuto sorbirci la spiegazione dei siluri da parte del capo della relativa sezione.

Gestione delle risorse umane e non

Diluvion contiene anche una piccola componente punta e clicca. Infatti, quando si attracca ad un relitto o ad un avamposto, potrebbe capitare di dover cercare attentamente contenitori nascosti (con all’interno le cose più disparate, la maggior parte delle quali per poi essere vendute). Inoltre nel corso del nostro viaggio potremo acquistare dei marinai aggiuntivi, i quali potranno essere assegnati (in maniera intelligente, osservando le loro abilità) ai vari reparti. Gli attributi da guardare sono 4, e ogni reparto giova di un buon punteggio di una combinazione di due di essi. Ma attenzione però: più gente avremo, maggiormente cibo e aria verranno consumati. Quindi ci ritroveremo a dover tenere un basso numero di manovalanza se ci vogliamo permettere di avventurarci in acque sconosciute, dove potremmo non trovare cibo e aria.

L’aria si ricaricherà più o meno in base a dove attracchiamo, a volte non si ricaricherà neppure, costringendoci a pregare il gioco di farci trovare un attracco che ci dia un po’ di respiro, in tutti i sensi. Qualora finisse l’aria, ovviamente, sarà game over, e dovremmo ripartire da chissà dove. Mentre, finito il cibo, semplicemente tutti i marinai “extra” sul nostro sottomarino smetteranno di lavorare e li troveremo in panciolle nella zona comune (nessun accenno di morte per fame, apparentemente).

Verdetto

In conclusione, cosa possiamo dire? Che Diluvion è un gioco che parte da una buona idea e una bella ambientazione, ma è schiacciato dai suoi stessi, pesanti, difetti. Principalmente, oltre alla telecamera, la gestione delle missioni, i salvataggi che a volte falliscono. Ma, sicuramente, il difetto più grave è che ci si senta preso in giro quando seguendo il percorso stesso fornito dal gioco, ci si ritrova nel nulla, salvo poi individuare un’altra pista, e seguendo quella, tornare al punto di prima… Frustrante è la parola, come dicevamo, che purtroppo si addice meglio ad un prodotto come Diluvion. Però è anche vero che, presa coscienza di questi difetti, i ragazzi di Arachnid potranno sicuramente correre al riparo. Si tratta di errori sicuramente da considerare, ma non di un gioco impostato in maniera sbagliata. Pertanto, apprezzate le buone intenzioni del gioco, parzialmente non mantenute, continuiamo a sperare che per lui, come per l’umanità protagonista del gioco, ci sia ancora possibilità di redenzione.