Un seguito… divino

Larian Studios è uno di quegli sviluppatori che nonostante avesse un certo seguito è riuscito a trovare su Kickstarter una nuova linfa vitale. Attraverso questa piattaforma, infatti, lo studio belga si era assicurato un milione di dollari con il quale era stato possibile finanziare Divinity: Original Sin, un titolo che aveva squarciato completamente il panorama RPG riportando alla luce una certa filosofia che si era quasi completamente persa senza però dimenticare di aggiungere un certo tocco personale che avevano reso il titolo una piccola gemma del filone ruolistico. Seguendo la scia di questo successo, Larian si è presentata su Kickstarter nuovamente per finanziare un progetto che prometteva di migliorare ulteriormente la formula che si era dimostrata vincente ed aggiungere alcune interessanti novità.

Divinity 2 si presenta come un erede del precedente capitolo in tutto e per tutto. La storia si presenta sicuramente più matura e dai toni leggermente più foschi rispetto ai precedenti: cento anni dopo i fatti presentati in Divinity 1, il cardinale Alexandar è riuscito a ristabilire l’ordine e a dichiarare i cacciatori di Sorgente  dei criminali, gettando il mondo nel panico. Noi ovviamente ci ritroveremo nel bel mezzo del parapiglia e dovremo sbrogliare la situazione. Sin dalle prime battute del gioco è evidente come la narrazione, già di per sé eccellente, è migliorata ulteriormente probabilmente sotto gli influssi di Chris Avellone, l’uomo dietro perle quali Fallout e Pillars of Eternity. Migliorata anche la customizzazione dei personaggio che risulta più profonda e presenta nuove interessanti introduzioni come i non morti: proprio questa classe si è rivelata tra le più divertenti da giocare perché sovverte parte delle regole del gioco (per esempio le pozioni sono veleno e il veleno cura!) spingendo il giocatore a trovare soluzioni decisamente creative per risolvere le quest. La navigazione è in generale migliorata anche essa con un bilanciamento di filone principale e missioni secondarie sicuramente più variegato e accessibile del primo capitolo, anche se permangono le meccaniche che hanno fatto di Divinity: Original sin un titolo che o lo si ama o lo si odia: non ci sono infatti riferimenti a quali NPC fanno scattare le sotto quest e bisogna sorbirsi un bel po’ di dialogo (attentamente!) se si vuole risolvere gli enigmi senza dover ricorrere al patron Google. Piuttosto invariato, invece, il combattimento: ci ritroviamo di fronte a quella scelta azzardata e vincente che ha portato Larian Studios ad optare per un sistema completamente basato su turni.

Associato a questo livello puramente strategico, se ne aggiunge un altro più tattico che prevede la combinazione degli effetti di magie e elementi dell’ambiente circostante per creare combo decisamente devastanti: imparare ad utilizzare correttamente le abilità dei personaggi diventa fondamenta e può decisamente cambiare la sorte degli scontri. Per questo motivo e soprattutto per la sua mancanza di compromessi Divinity 2 rimane un titolo non accessibile a tutti: non sono infatti bisognerà far fronte a scontri piuttosto complicati che richiedono un approccio piuttosto pensato, ma sarà importante anche ponderare le scelte nelle varie quest perché queste hanno effetti irrimediabili che possono avere un impatto piuttosto devastante sul nostro party. Non è infatti difficile trovarsi a parteggiare per uno dei nostri compagni di viaggio troppo spesso, finendo per rompere l’armonia del gruppo ed eventualmente rendendo situazioni di gioco piuttosto difficili da gestire.

Una menzione a parte merita il comparto tecnico. Era quasi impossibile immaginare che gli RPG isometrici potessero trovare nuova linfa vitale ai giorni nostri senza scendere a compromessi ma Larian Studios sembra esserci riuscita egregiamente. Le ambientazioni risultano estremamente godibili e perfettamente in linea con l’atmosfera puramente fantasy del gioco. Alcune location, soprattutto quando si progredisce nella storia, sono decisamente mozzafiato, facendo da perfetto contorno all’esperienza di gioco. Eccellenti anche gli effetti che in Divinity acquistano un sapore del tutto particolare: se nel primo capitolo infatti c’era un emozione puramente cerebrale nel distruggere un barile d’olio e dargli fuoco per incendiare i nemici, nel secondo questo tipo di azioni diventano pura goduria per gli occhi aumentando la soddisfazione di spazzar via un branco di brutti ceffi con una sola freccia infuocata. Perfetta anche la colonna sonora che si aggiunge ad una produzione di estrema qualità, donando una ventata d’epicità all’avventura soprattutto durante le splendide cut scene in pure stile fumetto.

Verdetto

In conclusione, Divinity 2: Original Sin è un degno erede della precedente fatica di Larian Studios: un’esperienza ruolitistica dalle mille sfaccettature basata sulla strategia, sulle scelte che non perdonano e su una scrittura fantasy di primissima qualità. Nonostante le migliorie questo Divinity rimane un titolo senza compromessi e decisamente non aperto a tutti: i giocatori più votati all’action e meno propensi ad ascoltare linee e linee di dialogo potrebbero infatti trovarlo piuttosto lento e difficile da digerire.