A metà tra Die Hard e Scary Movie

Netflix continua la sua smaniosa ricerca di un rispettoso status nel mondo del cinema, dopo aver ottenuto quello di signore e padrone delle serie TV online. La piattaforma di streaming più famosa del globo, infatti, complice anche l’emorragia di titoli che la colpirà da qui al prossimo anno, sta incentivando la produzione di contenuti originali per colmare il vuoto che verrà. Finora ha esplorato tantissimi generi diversi, più sparando nel mucchio che secondo una chiara strategia, proponendo opere fantascientifiche (The Cloverfield Paradox o il recente Annientamento), horror (The Ritual e The Open House), adattamenti di anime celebri (Death Note e Fullmetal Alchemist) e perfino le comedy, con Se ci conoscessimo oggi, scritta e interpreta da Adam DeVine. Ed è proprio Adam Devine che ritroviamo in Game Over, Man! nuova pellicola diretta da Kyle Newacheck e uscita il 23 marzo su Netflix.

 

In lussuosissimo Hotel di Los Angeles, spesso teatro di divertimenti e feste per celebrità di ogni tipo, lavorano tre sgangherati amici completamente fuori di testa. Sono Alexxx (Adam Devine), con tre x, Darren (Anders Holm) e Joel (Blake Anderson) detto Baby Dunc, inservienti col vizio della droga, amanti di Instagram e determinati a diventare facilmente milionari realizzando idee bislacche e prive di senso. Una sera, un eccentrico miliardario, seguito da milioni di follower su Twitter, Bey Awadi (Utkarsh Ambudkar) dà un party leggendario nell’albergo, pieno di attori e modelle. Per i nostri eroi è l’occasione giusta per avvicinarlo e proporgli di finanziare uno dei loro progetti. Peccato che i membri della security della star, Conrad (Neal McDonough) e Irma (Rhona Mitra) abbiano intenzione di sequestrare il facoltoso principale per sganciargli mezzo miliardo di dollari. L’hotel si trasformerà in un campo di battaglia dove Alexxx, Darren e Joel si troveranno (loro malgrado) a salvare la situazione, combinando disastri a catena.

Da qualche tempo – come dicevamo – si ha la sensazione che Netflix stia sparando proposte nel mucchio senza valutare accuratamente i pro e i contro, nella speranza di azzeccarne una da seguire poi come rotta maestra. Una strategia che abbiamo visto spesso, riassumibile con la formula: “Ne lanciamo dieci, ma basta che sia uno solo a fare successo e siamo apposto“. Un modus operandi proposto anche per le serie (e rivelatosi alla fine vincente), che tuttavia poi è stato affinato col tempo e che sembra, finora, difficilmente ripetibile con i film. Non è infatti la prima volta che ci troviamo davanti un prodotto che pare non avere assolutamente senso di esistere, che fatica a trovare un perché, un motivo per essere guardato. Ma andiamo con ordine. Percorrendo, per certi versi, la stessa strada che fu del riuscito (e chiacchieratissimo) Bright, Game Over, Man! punta sulla commistione di generi differenti, con l’obiettivo di realizzare una comedy che parodi i grandi film d’azione (tant’è che il plot pare ricalcare una situazione tipica alla Die Hard), ma utilizzando una comicità demenziale e spesso nonsense che ricorda molto quella dei primi Scary Movie, seppur privato delle sfumature orrorifiche.

Intendiamoci, non che sia impossibile portare simili venature da commedia in un contesto serio o action (un esempio ottimo è, per dire, la serie Brooklyn Nine-Nine), ma quest’ultima fatica di Newacheck non riesce a trovare mai la sua esatta dimensione. Nonostante alcune situazioni divertenti e le battute spigliate, oltre ai siparietti (che sembrano improvvisati sul momento) dei tre protagonisti, spesso talmente efficaci da risaltare rispetto alla storia stessa, la pellicola non decolla praticamente mai e traccheggia verso la fine a forza di gag idiote e un po’ di splatter. Questo perché la visione d’insieme pare debilitante in troppi aspetti e manca la giusta chiusura del cerchio, la cornice che riesca a inquadrarlo. Complice uno script che non sa dove andare a parare, a cui collaborano lo stesso Adam Devine e Anders Holm, incapace di sfruttare bene sia i momenti di parodia che i personaggi, fatta forse eccezione per i tre protagonisti che tuttavia riescono a funzionare solo insieme perché, se presi singolarmente, mostrano le banalità e gli stereotipi che li contraddistinguono.

Non si ride mai spontaneamente durante i 100 minuti scarsi di durata; forse a volte si rimane allibiti per l’evidente stupidità del tutto, ma il divertimento (quello vero, coinvolgente) è praticamente assente. Tanti, troppi difetti che mascherano anche le cose buone, come la regia di Newacheck che è in grado di regalare sequenze veramente ben fatte e una colonna sonora scelta con intelligenza. Ma il risultato è, in fondo, talmente scarso che getta quasi una luce inquietante sull’operato recente di Netflix. Che senso ha spendere miliardi nelle produzioni originali se non si riesce ad azzeccarne una o se si mettono in cantiere lavori di una simile pochezza (tra l’altro, con la possibile apertura ad un sequel)? Arrivati a questo punto, i bonus sono finiti ed è ora che la piattaforma cominci ad offrire al suo pubblico qualcosa di veramente apprezzabile, altrimenti tanto vale produrre fiction all’infinito, dimenticandosi del grande schermo.

game over man recensione

Verdetto

Game Over, Man! è l’ultima produzione targata Netflix, un film che si propone come una commedia/parodia del genere action. Nonostante alcune buone pretese e un paio di ottimi attori sulla carta, come Adam Devine e Anders Holm, la pellicola finisce per non avere un valido motivo che spinga a guardarla, rimanendo sul guado e senza portare a termine la missione, finendo per incagliarsi in uno scoglio di una pochezza francamente disarmante.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!