Lettere da Whitechapel: l’incubo di Jack Lo Squartatore inscatolato e pronto per essere affrontato

Fuori dalla finestra il cielo è scuro, nemmeno la luna riesce a ritagliarsi uno spazio tra le nuvole grevi che pendono minacciose su Londra. Per strada sotto la luce fuligginosa dei lampioni ci sono solo le Signore della Notte in attesa di compiere il loro lavoro, mentre uomini in uniforme pattugliano le strade, gli occhi fissi nell’oscurità, dove forse un’ombra mostruosa si aggira indisturbata, pronta a mietere la prima vittima…

È una serata ideale per sedersi al tavolo e giocare a Lettere da Whitechapel… Vi invitiamo a casa nostra, mettetevi comodi, sarà facile e divertente e non vi succederà nulla… fuori dalla scatola di cartone, prepariamo il tabellone, una mappa del quartiere londinese più famigerato del mondo, teatro delle quattro nottatacce più memorabili che un agente di polizia possa ricordare, quando l’oscurità partorì uno dei più famosi  serial killer. Ci saranno cinque agenti di polizia, questa notte, a presidiare le strade, muovendosi da un incrocio all’altro. Contemporaneamente, le ragazze sono già al lavoro, sperando di passarla liscia, almeno per questa sera. Durante la preparazione, i ‘buoni’ (chi sta impersonando i poliziotti) decidono dove posizionare le pedine dei vari agenti, in maniera coperta, così che il buon Jack non sappia immediatamente dove si trovino. Su tutti, dietro la paratia di cartone, vigila lo sguardo attento di Jack The Ripper, che scruta lo scenario davanti a sé, cercando di preparare la sua mossa, occupandosi del posizionamento delle ragazze sul tabellone, pianificando il suo crimine.

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Il gioco inizia: Jack lo Squartatore (impersonato da uno dei partecipanti) deve decidere quale delle donne colpire e darsi alla macchia velocemente e nel modo più articolato possibile, questo il soldoni Lettere da Whitechapel. Nel frattempo, i giocatori che impersonano i poliziotti iniziano a elaborare una strategia per acciuffare il malvagio assassino. Jack può decidere di fare subito la sua prima vittima, senza tanti fronzoli, oppure aspettare ancora qualche momento e far salire la tensione. In perfetto accordo con quanto narrato dalle cronache dell’epoca, l’assassino ha sempre agito tra mezzanotte e le tre del mattino. Se l’assassino decide di attendere, allora i partecipanti a questo macabro balletto si muovono sul tabellone di gioco, rimescolando le possibilità e alterando le vie di fuga. I giocatori che impersonano i poliziotti nel frattempo muovono le loro pedine, cercando le posizioni migliori per presidiare le zone più calde. Entro le (virtuali) 3 del mattino, Jack finalmente miete la prima vittima. E la caccia ha inizio. Ora il gioco entra nel vivo (nonostante il morto…).

Fuga per la vittoria

letteredawhitechapel[JtR: Ho quattro ore di tempo per agire. Devo essere veloce, silenzioso, arrivare al’improvviso sparire come una folata di vento. Devo scegliere attentamente la mia vittima, prenderla e tornare immediatamente al mio nascondiglio. I poliziotti mi saranno alle calcagna, ma io sono più bravo, più furbo e conosco questo quartiere come le mie tasche. Sarà divertente. Ed è solo la prima notte…]

Il tabellone è il teatro di gioco e rappresenta la planimetria del quartiere di WhiteChapel. Ci sono tutte le viuzze e i vicoli, i viali e le strade più popolate e tra queste si muoveranno i giocatori. La griglia delle caselle è composta da quadrati e cerchi alternati (due quadrati e un cerchio, sempre). Il motivo è che i poliziotti si muovono sui quadretti, mentre Jack di sposta seguendo i tondini. Ogni tondino è numerato e uno di questi è la casa dell’assassino (scelta arbitrariamente e nota solo allo Squartatore). Il gioco quindi si sviluppa come un serratissimo guardie e ladri, laddove le mosse delle forze di polizia sono a cielo aperto, visibili sul tabellone e gridate ai quattro venti dai discorsi dei giocatori stessi. Mentre contestualmente, l’assassino si muove davvero nell’ombra. In Lettere da Whitechapel si trova una mappa in miniatura del gioco e lo Squartatore la usa per segnare le proprie mosse con il solo intento di arrivare a casa sano e salvo e fuggire dai suoi cacciatori. I poliziotti hanno la possibilità di muoversi, ovviamente, e di cercare indizi. Questa seconda attività è la più importante del gioco, in quanto se a buon fine, può indicare un punto in cui è passato Jack. Il poliziotto infatti esclama: ‘Cerco un indizio in questa casella!’, puntando il dito accusatore. E Jack non può esimersi dal dire se è passato da lì o meno. La raccolta di indizi porta a creare una mappa degli spostamenti di Jack, delineando un tragitto e stringendo l’area di azione e facendo convergere le ricerche verso la fantomatica dimora dell’assassino.

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D’altronde il buon Jack ha a disposizione un po’ di assi nella manica: può usare dei sotterfugi per aggirare le guardie, può usare delle carrozze per attraversare gli isolati senza essere visto e il tutto lo può fare anche solo per distrarre i suoi avversari e instillare dubbi e falsi ragionamenti. I poliziotti, poi, se si sentono particolarmente sicuri delle loro indagini, possono anche tentare l’arresto. Se questo va a buon fine, ovvero se nella casella designata c’è davvero Jack, allora il gioco termina e vincono le forze dell’ordine. In caso contrario, si continua, dimostrando che la polizia inglese ha ancora tanto da imparare. Jack non ha un tempo indefinito per fuggire, ma un numero massimo di mosse regola la sua fuga. Se malauguratamente Jack non arrivasse a casa in tempo, per lui sarebbe game over!

Quattro notti da inferno

lettere da whitechapel[JtR: L’impulso irrefrenabile si fa sempre più famelico. Una sola non basta. Ho bisogno di continuare. Anche perché nessuno sa cosa farò e quando. Sono un’ombra, i contorni sfumati di un’idea di morte e sofferenza. La polizia e il suo capo sono solo dei bambini che giocano in una stanza buia senza sapere quello che cercano. Vincerò io…]

Il gioco si articola in quattro turni come quello appena descritto, con una sola eccezione. Seguendo le cronache dell’epoca, infatti, nel terzo turno saranno uccise ben due donne, alterando in effetti il normale svolgersi della partita. Di solito a questo punto, in Lettere da Whitechapel, se Jack non ha fatto bene i conti, si ritrova al gabbio in men che non si dica, soprattutto se il pool di poliziotti è particolarmente affiatato e ha ragionato bene per tutta la partita. Altrimenti, quello che potrete vedere è un bel sorrisone formato famiglia dietro la paratia che nasconde le mosse di Jack. Lo stile di gioco è quello del tutti contro uno, che già altri titoli avevano proposto in maniera più o meno articolata, basti pensare a Scotland Yard, Mister X o il più paragonabile Furia di Dracula. La formula è abbastanza rodata anche se non mancano importanti differenze, soprattutto con il titolo vampiresco. La cosa più importante è sicuramente l’assenza della componente casuale dal titolo dedicato al serial killer. Infatti il modo per giungere alla vittoria, sia da una parte che dall’altra della barricata, è l’utilizzo di una buona dose di buon senso e deduzione, affiancata da una sana pianificazione delle mosse e un bel po’ di bluff. Per godere a pieno di questo titolo, bisogna essere ben coordinati come pool di forze dell’ordine, riuscire a pensare almeno una mossa avanti a Jack lo Squartatore, tenere presente tutta l’area di gioco e gli sviluppi delle indagini nella loro interezza, non solo quella in corso. In partite particolarmente concitate, può capitare che il capo della polizia cacci via Jack dalla stanza per discutere le mosse senza che l’assassino origli e pianifichi la sua fuga di conseguenza. In caso di giocatori di vecchia data o molto affiatati, si può arrivare a concepire un vero e proprio codice che sembra di stare a una partita di scopone scientifico tra dementi (e purtroppo l’abbiamo visto accadere… il codice, non lo scopone scientifico tra dementi). Come terza e ancora più subdola alternativa, c’è quello di far capire volontariamente le proprie mosse a Jack lo Squartatore, influenzarlo e condurlo in qualche trappola, perché si sa che un criminale overconfident prima o poi cadrà nella nostra rete. D’altro canto essere Jack lo Squartatore ha i suoi vantaggi. Innanzitutto il gioco è stato concepito per avvantaggiare (anche se leggermente) la figura dell’assassino, a cominciare dal fatto che possa muoversi liberamente sul tabellone, poi la sua scelta di posizionare le vittime in base alla propria dimora e per finire gli item per facilitare la fuga, come le carrozze e i vicoli che gli permettono di aggirare i poliziotti e attraversare interi isolati in un sol colpo… Essere Jack è divertente, soprattutto quando un giocatore particolarmente esperto comincia a manipolare i poliziotti, sfruttando i discorsi uditi nella stanza , facendo finta di utilizzare gli item.
In definitiva è un gioco che si sviluppa quasi in maniera scacchistica, lo scontro tra cervelli, almeno questo l’intento dell’impianto di regole ideato dagli sviluppatori (tutti italiani, tra l’altro). Purtroppo, almeno nelle fasi iniziali di studio del gioco, il tutto si risolve in un continuo: ‘cerco un indizio!’ e qualche ‘Arresto’ buttato qua e là. Lettere da Whitechapel si rivela per quello che realmente è solo quando si impara davvero a giocare, quando si creano dei gruppi di poliziotti compatti, quando chi fa Jack lo Squartatore comincia a reagire e comportarsi come un omicida in fuga, quando sale davvero la nebbia e riusciamo a calarci completamente nella Londra vittoriana che il tabellone cerca in continuazione di ricordarci.

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Cartoline da un’altra epoca

lettere da whitechapel[JtR: Non stavo scherzando caro vecchio Direttore quando vi ho dato il suggerimento, sentirete parlare del lavoro del dispettoso Jacky domani doppio evento questa volta numero uno ha strillato un po’ non ho potuto finire per bene. (cit.)]

Uno dei veri punti forti del gioco è proprio l’ambientazione, molto ricercata e completa, con tanto di riproduzione delle lettere spedite dallo stesso Jack, cenni storici sparsi all’interno del regolamento, disegni e artwork a tema e la stessa divisione della partita in quattro atti per ricalcare i momenti di terrore che visse Londra nel lontano ottocento. Quest’ultimo è un valore aggiunto per un gioco da tavolo molto interessante e accattivante, che viene ulteriormente sottolineato da un importante modificatore di gameplay: le sopracitate lettere. Per venire al sodo, durante i fatti di sangue di WhiteChapel, Jack si divertiva a tormentare i poliziotti con delle missive agghiaccianti indirizzate al direttore della Central News Agency, in cui li sfidava a trovarlo e si divertiva a commentare gli stessi omicidi, eseguiti o programmati. Per quanto si pensi ora che fossero dei fake a opera di uno dei giornalisti dell’epoca, queste lettere sono entrate di diritto nell’immaginario collettivo e nel bagaglio dei luoghi comuni associati a Jack The Ripper: l’ultima epistola, intitolata dallo stesso autore From Hell, dà il titolo al celebre fumetto di Alan Moore. L’uso di queste lettere all’interno del gioco è comunque subordinato al loro valore storico. Infatti, ogni lettera, utilizzabile dal secondo turno di gioco in poi, una volta per turno, modifica (secondo dei parametri prestabiliti dalla stella lettera) le posizioni degli agenti di polizia, alterando la partita. Potete immaginare come questa eventualità possa far saltare tutta la pianificazione delle forze dell’ordine e costringere i giocatori a riscrivere da capo tutta la loro strategia, tenendo a mente sempre che dietro la paratia c’è il mago dei sotterfugi…

L’alba dopo la notte

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Per terminare questa lunga disamina di questo boardgame, possiamo dire che Lettere da WhiteChapel è un buon gioco, divertente e accattivante, che prende delle meccaniche ben rodate e le piega a un comparto regolistico imprescindibile, dove il ragionamento e il gioco di squadra servono a vincere più di un mero affidamento alla dea bendata. Lo consigliamo a tutti coloro che amano le ambientazioni noir vittoriane, ai patiti del famoso serial killer e a chi riesce a trovare quelle ore necessarie  a portare a termine una partita: un buon acquisto, sicuramente, per divertirvi in quelle giornate di pioggia, quando anche la console vi sembra un po’ lontana…

Eugene Fitzherbert
Vittima del mio stesso cervello diversamente funzionante, gioco con le parole da quando ne avevo facoltà (con risultati inquietanti), coltivando la mia passione per tutto quello che poteva fare incazzare i miei genitori, fumetti e videogiochi. Con così tante console a disposizione ho deciso di affidarmi alla forza dell'amore. Invece della console war, sono diventato una console WHORE. A casa mia, complice la mia metà, si festeggia annualmente il Back To The Future Day, si collezionano tazze e t-shirt (di Star Wars e Zelda), si ascolta metal e si ride di tutto e tutti. 42.