Hi Score Girl 2 continua a raccontarci le tenere storie di amicizia e amore nella vita di Haruo sullo sfondo della scena videoludica di metà anni ’90

Dal 9 Aprile potete trovare su Netflix la seconda stagione di Hi Score Girl, anime di cui vi abbiamo parlato circa un anno fa su questi lidi, e che abbiamo promosso senza indugi per la sua freschezza e la sua interessante peculiarità. Hi Score Girl infatti mescola la classica commedia sentimentale adolescenziale giapponese con uno scenario anni ’90 che mette al centro di tutto i videogiochi e la grande passione dei protagonisti per il settore. La seconda stagione continua il percorso di crescita di Haruo che si accompagna a quella dell’industria videoludica dell’epoca.

Lo stile e le dinamiche dell’anime sono pressoché le stesse della prima stagione, e racconta del triangolo amoroso tra Haruo, la silenziosa Akira Ono, e la caparbia Koharu. Siamo nel 1996, nel pieno dell’adolescenza dei nostri protagonisti. Coerentemente con la loro crescita, l’anime riesce nell’intento di far acquisire maggiore maturità al racconto. Seppur si delinea tra cliché e dinamiche piuttosto comuni in questo tipo di storie sentimentali, l’abbiamo particolarmente gradito, soprattutto per la capacità di metterci il quel mood genuino e innocente da love story un po’ vintage, che ben si sposa con il contesto un po’ retro dell’opera.

Rimane ovviamente comunque quella vena di spensieratezza e comicità già ben presente nella prima stagione che fa un po’ da contraltare ai drammi amorosi, pur sempre raccontati con leggerezza, della vicenda. In tal senso la mamma di Haruo e la sorella maggiore di Akira si rivelano essenziali nel mantenere sempre i toni allegri e sopra le righe.

Ancora una volta però quello che rende speciale Hi Score Girl non è tanto la storia, per quanto sia piacevole da seguire, ma il fantastico spaccato sul panorama videoludico di metà anni ’90 che usa come palcoscenico per tutti gli eventi raccontati. In Hi Score Girl 2, tra le altre, viene esplorata la scena delle sale giochi a Shibuya, luogo dove Haruo e altri ragazzi della sua età cercano la propria identità, e la colorita fauna che ci orbita attorno, andando ad esplorare, mostrare e citare i giochi arcade più popolari dell’epoca.

L’opera tratta dall’omonimo manga di Rensuke Oshikiri si rivela un prodotto ben consapevole e puntuale circa la materia trattata. Si sprecano infatti gli aneddoti e l’analisi anche dei giochi più di nicchia e la capacità di immergerci nella prospettiva dei giovani videogiocatori dell’epoca, i quali si radunavano attorno ad un particolare cabinato con entusiasmo anche solo per assistere alla performance del campione di turno, in procinto di battere il boss che nessuno riesce a superare. Impossibile, almeno per i più attempati come il sottoscritto, non sentire il tocco della nostalgia guardando la scena di una platea entusiasta davanti ad Haruo che sconfigge il famigerato Generale di Global Champion (picchiaduro della Taito abbastanza sconosciuto in Occidente), e che si “gasa” nell’assistere all’ending di un personaggio particolarmente rara da vedere, come quando Akira batte Mr. Bison con il suo Zangief.

Tutte emozioni appartenenti ad un epoca “pre-internettiana” ormai scomparsa.

Le cicche e le varie references in Hi Score Girl 2 non riguardano solo la storia del videogioco ma anche la cultura che si generava attorno ad essa, e si sprecano in ogni episodio. Si ironizza sull’uscita di Street Fighter Alpha 2 (Zero 2 in Giappone) e sul fatto che venga procrastinato all’infinito il terzo capitolo; tra le questioni personali di Haruo e i suoi coetanei, si infila un continuo vociferare su tecniche segrete per vincere uno scontro al picchiaduro di turno o sequenze di tasti che sbloccano personaggi nascosti. Si chiama in causa l’orgoglio del giocatore, forte e concreto nei tre protagonisti, sempre pronti ad esprimere la loro determinazione (e talvolta i sentimenti) attraverso mezze lune eseguite con il joystick e mosse speciali di ogni tipo, così come il disonore nel ricorrere a tecniche troppo “spammose” sfruttando i match-up più insidiosi, come quello tra Zangief ed Akuma in Super Street Fighter 2.

hi score girl 2

Hi Score Girl 2, dopo 9 episodi piuttosto intensi, chiude apparentemente la storia d’amore tra Haruo e Akira. Lo fa con un finale molto toccante anche se non particolarmente originale (e forse anche leggermente insoddisfacente). Per certi versi si può considerare Hi Score Girl 2 un anime un po’ ingenuo, ma non posso negare di avere avuto perennemente il sorriso stampato in faccia guardando questa serie.

Certo concorrono tanti fattori in questo, forse alcuni soggettivi. L’età e la passione per i videogiochi che mi avvicinano molto all’immaginario di Hi Score Girl, ammetto facciano la differenza, ma al di là di questo si riconosce sicuramente anche la piacevolezza di un prodotto confezionato bene, con uno stile narrativo asciutto e gradevole, un tratto semplice ma personale, che ben si sposa alla computer grafica con cui è realizzato, cosa che accade raramente.

C’è infine a monte della produzione una conoscenza profonda dei videogiochi e di come l’industria abbia influenzato l’ecosistema sociale di tanti giovani giapponesi in un’era in cui il gioco online non esisteva ancora come oggi e le sale giochi rappresentavano un sottobosco culturale tutto da scoprire. Hi Score Girl è una serie che esprime amore per questo settore ed è capace di immergerci nella passione del protagonista (soprattutto se la condividiamo) e farci vedere il mondo attraverso gli occhi appassionati di Haruo, che passeggia intimorito per la prima volta a Shibuya immaginandosi di percorrere i pixellosi vicoli di Metro City in Final Fight. Se vi piacciono gli anime e i videogiochi dunque, non potete proprio perderla.

 

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!