“Invincibili guerrieri, valenti condottieri, votati anima e corpo a Lady Isabel”

Parlare di un franchise come I Cavalieri dello Zodiaco – o Saint Seiya se preferite – è sempre un’impresa piuttosto complessa da affrontare. Abbiamo a che fare con un prodotto trentennale, scolpito nel cuore e nella mente di migliaia di fan, molti dei quali ne custodiscono il ricordo tra quelli più cari della propria infanzia.

Va da sé, dunque, che ci troviamo davanti ad un argomento quasi “delicato” se vogliamo, capace di accendere il sacro fuoco della passione nell’animo di molti, e di generare discussioni infinite sulle più svariate argomentazioni. Il che, forse, non è neanche un difetto, anzi, tutto l’opposto.

Se qualcosa di così “datato” è ancora capace, oggi come trent’anni fa, di far parlare di sé e di mettere in contatto fan sparsi per tutto il mondo, allora ci si ritrova davanti a un prodotto d’intrattenimento che va guardato e trattato con rispetto, soprattutto da chi, pur non essendo l’autore originale dell’opera, decide di prenderla e manipolarla a proprio piacimento dando vita a qualcosa di nuovo, che va dal semplice artwork, alla ben più complessa – e dispendiosa – trasposizione cinematografica.

Ed è proprio grazie a quest’ultima e alle notizie trapelate la scorsa settimana (qui la nostra news) che ci ritroviamo, oggi, a parlare dei nostri amati Cavalieri.

“Per diventare Santi, per esser Cavalieri, han sostenuto prove di rara crudeltà”

 

Facciamo un grande passo indietro nel tempo e arriviamo all’incirca a metà degli anni ‘90.

I fanciulli di allora, oggi trentenni, passavano una buona fetta dei loro pomeriggi davanti a quelli che, al tempo, venivano chiamati “cartoni” (o “cartoni animati” oppure ancora “cartoni animati giapponesi”) ed erano spesso accompagnati da una buona e salutare merenda. Sebbene i più celebri venissero trasmessi dalle reti più grandi e racchiusi in trasmissioni del calibro di Bim Bum Bam o Solletico, molti restavano confinati nel limbo delle Emittenti Private, che potevano permettersi di trasgredire a qualche regola e trasmettere, in fascia protetta e senza censure, cose come Ken il Guerriero, L’Uomo Tigre e, ovviamente, I Cavalieri dello Zodiaco.

Già dal nome era chiaro che quel “cartone” fosse destinato alla grandezza: dei cavalieri, classiche figure nobili e valorose, veri e propri eroi che sfidano il cattivo/mostro di turno per portare in salvo la principessa; accostati allo zodiaco, quindi alle stelle, quindi al fascino che da sempre esercitano sull’essere umano. Con un titolo simile, come si poteva non catturare l’attenzione del pubblico più giovane e sognatore?

E fu così che, anche in Italia, il sottoscritto – e buona parte della mia generazione – entrò in contatto, per la prima volta, con i protagonisti dell’opera di Kurumada. Oggi come oggi, si può dire che ogni appassionato di anime o manga sappia chi siano i Cavalieri, o quantomeno conosca i nomi dei cinque protagonisti principali, se non altro per sentito dire, ma facciamo finta che così non sia e apriamo una breve parentesi sulla trama – va precisato che quella sulla quale ci focalizzeremo sarà quella vista nell’anime.

Ci troviamo a Nuova Luxor, una città fittizia del Giappone, e all’interno di un’arena si sta disputando un combattimento tra due ragazzi, poco più che adolescenti, vestiti con delle colorate e scintillanti armature. La voce dei due giovani è molto più profonda e matura rispetto alla loro apparente età ed il loro linguaggio – almeno nel doppiaggio nostrano, protagonista di un corposo speciale che trovate qui – è estremamente forbito, quasi aulico, più affine al teatro che non ad un cartone animato per bambini, eppure quest’ultimi ne sono incantati. Mentre sul ring fioccano “le mazzate” inizia a delinearsi quella che sarà la vera trama dell’intero anime: i giovani in armatura sono Cavalieri dello Zodiaco, combattenti dotati di poteri straordinari – dati da una forza interiore nota come cosmo – il cui compito  principale è quello di proteggere nientepopodimeno che la Dea Atena in persona, reincarnatasi nel corpo della bella Lady Isabel di Thule – o Saori Kido se preferite il nome nipponico. Nobili cavalieri in difesa della fanciulla (perennemente) in pericolo? Assolutamente si, ed è quell’epicità classica che, ancora oggi, ci fa sognare guardando i Cavalieri.

Ma torniamo alla trama perché la faccenda si complica. Nei primi episodi, facciamo la conoscenza dei cinque protagonisti di quella che, con gli anni, sarà etichettata come “serie classica” e rispondono ai nomi di: Pegasus (Seiya di Pegasus); Sirio (Shiryu del Dragone); Crystal (Hyoga del Cigno); Andromeda (Shun di Andromeda) e il fratello Phoenix (Ikki della Fenice).

I nostri cinque eroi fanno parte della schiera più “bassa” dei Cavalieri, quelli di Bronzo, mentre sopra di loro, in ordine di potenza, troviamo i Cavalieri d’Argento e, ancor più sopra, i Cavalieri d’Oro, quelli più vicini all’esser considerati degli dei, nonché ultimo baluardo in difesa della dea Atena/Isabel. Sulla carta almeno.

Nonostante il loro immenso potere, i 12 Cavalieri d’Oro – uno per ogni segno zodiacale – vennero ingannati dalle macchinazioni del più ambizioso tra loro, oltre che uno dei più potenti, che si sostituì con al Gran Sacerdote del Grande Tempio di Atena e tentò, segretamente, di assassinare la piccola Isabel, ancora in fasce. Dei 12, solo uno si erse in difesa della piccola, il prode Micene (Aiolos in lingua originale), Cavaliere del Sagittario e figura quasi idolatrata, che vedremo pochissimo ma della quale si sentirà parlare per ¾ della serie classica. Il giovane Micene affidò la piccola alle cure dell’anziano – e miliardario – Alman di Thule, raccontandogli, ormai ferito e prossimo alla morte, dei Cavalieri, del cosmo, del Grande Tempio, del Gran Sacerdote, del fatto che tenesse in braccio la reincarnazione della Dea Atena e affidandogli anche l’armatura d’oro del Sagittario.

Il povero Alman, invece di darsi giustamente all’alcol, si metté subito al lavoro, adottando la piccola e facendola passare per sua nipote – nonché erede universale – e iniziando a mandare dei bambini orfani in giro per il mondo, al fine di esser sottoposti a un duro allenamento per ottenere le armature e diventare Cavalieri – e dunque diventare protettori della dea Atena. Fun fact: i bambini etichettati come orfani nella versione animata, nel manga non sono altro che i 100 figli del vecchio Al, avuti tutti con donne diverse nel corso dei suoi giri per il mondo. Inutile dire che, dei 100 fanciulli, non  tutti riuscirono a superare l’addestramento al quale vennero sottoposti.

Fatto sta che i nostri cinque eroi riuscirono a ottenere le loro armature e a tornare a Nova Luxor, dove iniziarono a compiere il proprio destino.

“Sono i Cavalieri dello Zodiaco, hanno nomi importanti, sono grandi e forti eroi”

Se ad una prima occhiata, I Cavalieri dello Zodiaco, sembra solo l’ennesimo shonen con adolescenti che si prendono a mazzate, ben presto ci si rende conto che l’opera di Kurumada è molto più di questo. Prendiamo in considerazione il più celebre tra i cavalieri di bronzo – nonché personalmente quello che tollero molto di meno – Pegasus. Nelle prime puntate, una volta ottenuta l’armatura, ci viene presentato come un bambinone arrogante, pieno di sé e molto strafottente, atteggiamento che, nella saga del Grande Tempio, viene completamente abbandonato in favore di sentimenti ben più nobili come  sacrificio, onore, coraggio e amicizia.

Prima di essere cinque cavalieri che combattono insieme, i bronzini – termine col quale vengono affettuosamente chiamati dai fan – sono cinque amici, cinque fratelli, che si proteggono e spalleggiano l’un l’altro, arrivando anche a compiere l’estremo sacrificio pur di portare a compimento la missione e proteggere i propri compagni o quella poveretta di Atena/Isabel – che se non viene trafitta da una freccia, viene infilata dentro una colonna o in una giara.

Non credo di esagerare, quindi, quando scrivo che una buona fetta di fan dei Cavalieri, sono cresciuti come persone migliori proprio grazie a quanto insegnatogli dall’opera di Kurumada e da tanti altri anime visti nel corso della nostra vita da nerd.

E badate bene che non sono sempre i più “valorosi” ad insegnarci qualcosa, anzi. Prendiamo i cavalieri d’oro per esempio: i più eroici, i più forti, quelli con l’armatura più figa, eppure i più “umani”. Il compito più importante di un cavaliere d’oro era proteggere la dea Atena e invece eccoli là, pronti a seguire le mire di un folle e a dare la caccia a un loro fratello, l’unico ad aver riconosciuto la propria dea nel fragile e minuto corpo di una neonata ancora in fasce.

Paura; soggezione; senso d’inferiorità; cieca obbedienza; coraggio; sono solo alcuni dei sentimenti e delle emozioni viste nelle poche sequenze che descrivono la storia di Micene e della piccola Isabel. Un semplice flashback di qualche minuto, racchiuso all’interno di una delle centinaia di puntate trasmesse, eppure, emblema perfetto dell’imperfezione – pardon per il gioco di parole – dei cavalieri d’oro che, alla fin fine, sono solo esseri umani. Potenti, senza dubbio, forse i più potenti dell’intero anime – bronzini esclusi – ma pur sempre umani e, forse, va benissimo così.

L’aver deciso di renderli così affini al pubblico, nonostante la loro potenza, bellezza e, passatemi il termine, “figaggine” è un punto a favore per l’intera opera. Se da un lato abbiamo un Cancer (Deathmask del Cancro) completamente folle, sanguinario e violento, al punto tale dal diventare indegno dell’armatura che indossa, dall’altro abbiamo un Grande Mu (Mu dell’Ariete) molto più saggio, potente e buono, al pari di una buona fetta degli altri cavalieri. Due facce di una stessa medaglia: l’essere umano. Capace di essere tanto malvagio quanto buono di cuore e Kurumada, attraverso i suoi cavalieri, prende migliaia di bambini e ragazzi e gli dice una semplice cosa: nella vita si cresce e sta a voi scegliere come diventare. Sarete crudeli come Cancer o giusti come Mu? Ambiziosi come Arles (Saga dei Gemelli) o eroici come Micene?

Molti hanno già scelto e sono, ormai, cresciuti – e confidiamo che nessuno di voi sia diventato come Cancer. Tanti altri stanno ancora crescendo e forse è giunto il momento che inizino a guardare i Cavalieri dello Zodiaco.

Federico Barcella
Romano di nascita, nerd per passione, amante di Final Fantasy, di Batman e dei Cavalieri dello Zodiaco. Parla poco ma ascolta e osserva molto, sente un’affinità smodata con i lupi e spera di rincarnarsi in uno di loro. Cede spesso alle tentazioni della rabbia con picchi che creano terremoti in Cina per l’Effetto Farfalla e odia la piega che sta prendendo l’Universo-Videoludico negli ultimi anni.