Altan racconta quattro uomini. Straordinari, ma…

Quando vi abbiamo parlato di Altan abbiamo messo in evidenza anche uno degli aspetti più straordinari dell’autore trevigiano, capace sì di dipingere un mondo di speranze per il futuro, ma anche di fornire uno sguardo disincantato sugli uomini.

Se vogliamo provare a dividere la sua produzione usando come criterio il tempo (il tempo, non la sua cronologia) notiamo anche qui tre dimensioni. Il presente, dominato dalle sue vignette satiriche e da Cipputi. Il futuro, quello della Pimpa, quello delle nuove generazioni che Altan abbraccia con uno sguardo tenero e consolatorio. E il passato.

Questa parte della sua produzione è affidata alle sue biografie. Uno sguardo disincantato ad alcune figure storiche di grande importanza, che tutti noi abbiamo studiato e qualche volta amato. Nasce così questa nuova raccolta di Altan della Cocoino Press, Uomini ma straordinari.

altan uomini ma straordinari

Ma sono davvero così straordinari come pretende il titolo? Forse no. Colombo, intrepido esploratore del mare oceano, viene mostrato come un uomo apatico, che suda e vomita di continuo per il mal di mare. Franz, l’amatissimo santo di Assisi, in realtà sembra desideroso solo di farla pagare al padre, poco importa se questo richiede il sacrificio di votarsi alla santità. Invece Casanova non è poi così male, nella sua vacuità esiste una certa coerenza, ma Ben, ultimo figlio di Noè, è davvero un soggetto strano da inquadrare, costretto a convivere con una famiglia molto più famosa di lui e con quella fissazione per la vinaccia.

Uomini non poi così eccezionali. Calati in un mondo brutto, che sembra esaltare ancora una volta quanto di negativo esiste nel loro animo, quel calderone di emozioni ribollenti nascoste dalla maschera dell’avventura, della santità, del gusto per la seduzione e dai legami familiari. Una triste realtà, che però sembra nascondere un piccolo frammento di consolazione suggerito dall’autore. Ci sono riuscito loro a diventare straordinari, figuriamoci noi!

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Nel raccontare una biografia, anche parodica, il rischio maggiore è quello di andare a cercare filoni già sfruttati fino all’esaurimento. Altan riesce a trovare l’innovazione anche nella parodia. Se il contesto parodico spesso spinge l’autore a esagerare certe caratteristiche dei personaggi noti, la via scelta da Altan si colloca agli antipodi.

Tutto si traduce in una  ricerca che fa della riduzione comica il mezzo più efficace per comunicare coi lettori. La scelta è quindi di dare spazio al lato più umano dei personaggi storici, quello più meschino, scabroso e, in un certo senso, consolatorio.

Esatto, consolatorio. Colombo non riesce a fare a meno di rimettere per il mal di mare, sfrutta un povero mozzo per placare i propri istinti e persegue un progetto folle, sacrificando uomini e mezzi solo per trovare se stesso, consapevole che di quel se stesso non sa proprio cosa farsene. Eppure è uno uomo entrato a buon diritto a far parte della storia. Straordinario, dunque, pur nella sua sconcertante umanità.

Lo stesso discorso si applica a Franz. La santità è solo un mezzo, non il fine ultimo della sua ricerca. Lui vorrebbe solo mostrare quanto disprezzo nutra per suo padre, un ricco mercante con cui proprio non riesce a scendere a patti. E allora cosa scegliere tra l’ascetismo e la crociata, quando si vive a cavallo tra i Secoli XII e XIII? Forse l’ascetismo ti conduce a meno problemi, purché quelle tortorelle la smettano di far rumore, proprio mentre stai predicando. Ma chi di noi non si è mai trovato a fare una scelta, o anche solo a esserne tentato, proprio per ripicca verso le aspettative di società e famiglia?

Poi ci sarebbe Casanova. E lui in fondo sembra essere quello più consapevole di questi uomini straordinari. Capisce la vacuità delle sue azioni, ma non ritiene necessario spezzare il circolo vizioso in cui si trova. Forse non può. Forse non vuole nemmeno farlo, costerebbe troppa fatica. Ma intanto ne è consapevole. E anche qui è difficile non riconoscersi in lui. Nella consapevolezza di dover fare qualcosa per cambiare, senza però avere la volontà o le capacità di intervenire.

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Pure con Ben il discorso non cambia granché. La famiglia lo sottovaluta, eppure lui riesce a sopravvivere da solo a quel maledetto Diluvio, abbandonato dal vecchio Noè e dagli insopportabili fratelli. La storia sembra averlo dimenticato, figlio di un Dio minore escluso dalla Bibbia. Eppure la razza umana gli è debitrice di qualcosa (almeno di una sbronza), nonostante sia uno come tanti, uno degli esclusi, quelli che sono stati dimenticati in una marea di eventi ben più importanti.

Quattro personaggi diversi, quattro diversi aspetti e declinazioni della condizione umana nel corso della sua storia. Vacui, vanesi, ignoranti e sottovalutati. Uomini insomma che, nonostante tutta la fatica, sono riusciti a compiere un passo in più, a lasciarci (quasi tutti) il proprio nome sui libri di storia.

Eppure proprio da loro possiamo ottenere quello che è il “termometro storico di Altan”. Un moto che si racchiude in un cerchio, dove il passato, il presente e il futuro trovano la loro dimensione e una loro armonia, nonostante l’orrore insito nella loro natura. Nonostante questo orrore si traduca nel mondo che vivono. E nonostante la storia stessa finisca per apparirci brutta. Eppure tutto ciò contribuisce a darci una speranza per il futuro. Il passato può anche essere stato brutto. Ma in fondo è passato, è storia. E per diventare straordinari basta così poco!

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Basta saper capire l’utilità della vinaccia. Oppure reggersi in piedi nonostante il mal di mare. E forse non serve nemmeno darsi alla santità, basta solo essere abbastanza pratici da mettere un cappuccio al saio. Ma a questo punto sorge anche un altro sospetto. Che il mondo non sia poi così brutto. Che tutto dipenda dagli uomini, che il loro modo di fare la storia e lo sguardo verso la realtà possa renderla più bella o più orrida a seconda dei casi. In fondo la storia e le persone, come il mondo, sono solo una questione di prospettive.

E forse questo modo di vedere il passato è anche quello che Altan riteneva maggiormente consolatorio per il nostro presente. Ricordarci che anche i grandi della storia sono stati uomini. E che in fondo non erano poi questo granché. Non erano poi così straordinari.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.