Cari lettori di Stay Nerd, oggi siamo qui per condividere con voi la nostra intervista a Emanuele Tenderini, co-autore di Lumina insieme a Linda Cavallini e fondatore di Tatai Lab, realtà editoriale dinamica e tetto di progetti sperimentali che guardano con sempre più interesse al futuro del panorama fumettistico italiano. Tenderini, inoltre, sarà ospite il prossimo venerdì 23 febbraio di un incontro nella sede di Torino della Scuola Internazionale di Comics, mediato proprio dal nostro Boss, Raffaele Giasi: si dibatterà circa il funzionamento del crowdfunding, il metodo di finanziamento tramite raccolta fondi aperta a tutti, con cui Lumina ha visto la luce.

Oggi moltissimi fumetti nascono tramite crowdfunding, alcuni sovrapponendosi alle correnti mainstream del mercato fumettistico, aumentandone la proporzione, altri marcatamente in controcorrente. Che ruolo pensi abbia ricoperto Lumina al suo nascere e quale pensi ricopra oggi?

Il crowdfunding, ovviamente, prima di Lumina esisteva già anche in Italia e anche nell’ambito del fumetto ma, senza presunzione, potrei dire che il nostro progetto ha acceso il faro su questo utile e potente strumento. Ricordando la prima campagna nel 2015, rifletto sul momento in cui da un traguardo troppo lontano da raggiungere prima della scadenza, è esploso il “fenomeno” che ha portato al superamento del target richiesto. Ecco, in quel punto di esplosione abbiamo tolto il velo sulle potenzialità del crowdfunding, mostrandone a tutti le reali implicazioni creative e produttive.

Quando hai pensato per la prima volta a Lumina e a Tatai Lab, ti sei diretto subito, o inevitabilmente, verso lo strumento del crowdfunding, o hai considerato altre opzioni? E, se l’hai fatto, cosa ha determinato la tua scelta finale?

No, il crowdfunding fu l’ultima spiaggia di una sequela di possibilità che non rispondevano alle nostre esigenze. Era già da molti anni che lavoravamo nel mercato italiano e internazionale, e conoscevamo i dettagli contrattuali che definivano le collaborazioni creative tra autori ed editori. Era in questi limiti, più che dettagli, che non ci ritrovavamo più e dai quali volevamo prendere una boccata d’aria per tentare una strada sicuramente molto più faticosa, in quanto indipendente. Tatai Lab fu invece una diretta conseguenza di Lumina, ma in principio non l’avevamo né pensato né progettato.

Ad oggi credi di aver raggiunto la maggior parte o tutti gli obiettivi iniziali che ti eri prefissato con Tatai Lab oppure, in quanto realtà editoriale estremamente dinamica, quest’ultima continua “in tempo reale” ad evolvere se stessa e i suoi traguardi?

Arrivato a questo punto mi arrogo l’umile diritto di poter dire di aver raggiunto ciò che mi ero prefissato. Nonostante l’ambizione della creatività, io una cosa volevo fare: produrre il mio fumetto, e l’ho fatto. Da questo ne è conseguita la nascita di una realtà editoriale che ha già prodotto un catalogo di tutto rispetto (in proporzione alla nostra dimensione), quindi potrei anche ritenermi soddisfatto, oltre qualsiasi aspettativa iniziale. Ma qui entra a gamba tesa, chiaramente, il nostro non accontentarci mai, la nostra voglia di imparare e crescere e la voglia di vedere fin dove possiamo arrivare, e poi ci si rende conto che si è fin troppo dentro per girarsi e tornare indietro, insomma: il danno è fatto! Non esiste più nemmeno un obbiettivo massimo, ma solo un percorso che vale la pena di seguire, perché è diventato la nostra vita.

Per quanto riguarda, ancora, il metodo del crowdfunding, ne esistono diversi tipi, anche molto dissimili tra loro. Cosa ne pensi, ad esempio, del metodo di Ratigher del “Prima o mai”? Pensi che anche lo strumento del crowdfunding, come il fumetto, possa evolversi e offrire nuove possibilità?

Si è evoluto, si evolve e si evolverà sicuramente il metodo d’approccio allo strumento (e magari ad un certo punto, lo strumento stesso diventerà qualcos’altro). Ad oggi, ahimè, sono le piattaforme social che stanno indicando la direzione di questa evoluzione, nella misura delle possibilità di comunicazione tra autore e pubblico. Più o meno la portata di ciascun post definisce le proprie possibilità nel raggiungere una specifica fetta di pubblico e quindi, in proporzione, il modo di comunicare con le persone che riesci a raggiungere. Nel 2014, con il primo Lumina, mi rendo conto che fare un crowdfunding era più facile, 5 anni prima lo sarebbe stato ancor di più, ora bisogna faticare maggiormente. La chiave di volta è sempre il pubblico, perché posto che l’onestà e la trasparenza di Tatai Lab (parlo per me) è sempre massima e costante, dipende tutto dallo “sforzo” che fa il lettore di credere nel progetto e sostenerlo.

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Lumina è stato realizzato in Hyperflat, tecnica digitale di vostra invenzione che permette effetti straordinari nella colorazione. È stata più la volontà di realizzare una visione unica a far nascere questa tecnica, oppure la necessità di espressione unica e peculiare?

L’Hyperflat esisteva molto prima di Lumina, ma in Lumina ha trovato lo sfogo massimo possibile, ed ora si sta ripiegando per intrecciarsi al meglio con la scoperta tecnologica della multicromia.
L’Hyperflat è stato il dettaglio stilistico che ha contraddistinto la nostra personalità creativa, all’interno della visione artistica che abbiamo avuto in un determinato momento. Ho detto abbiamo avuto e non abbiamo, perché non rappresenta in toto e in assoluto il nostro modo di fare, ma un modo di fare che funziona per un determinato progetto. Insomma, completato Lumina passeremo sicuramente ad altro.

Sempre su Lumina: si tratta di un progetto di così ampio da essere mondo, anzi, universo, ancora prima che storia. È un altro aspetto ambizioso del vostro approccio nel fare fumetti. Qual è stato, quindi, il compromesso più difficile da accettare nel vostro mestiere?

Il compromesso più difficile è anche il punto di forza del fare fumetti, ovvero il limite della foliazione. Lo si sente dire spesso, ed è vero: realizzare fumetti è come produrre, da soli, un film, ma senza budget. Da un certo punto di vista questo offre miliardi di possibilità, dall’altro, appunto, ti fa scontrare con i limiti del medium. Creare un vero e proprio universo narrativo e raccontarlo in un numero di pagine (molto) limitato più che un compromesso vero e proprio, diciamo che è una compicazione. Ma il fumetto è l’unica cosa che sappiamo fare e rappresenta il nostro personale climax della nostra creatività, per cui noi siamo nel nostro centro e ne siamo felicissimi.

Con la neonata linea Dojo, Tatai Lab si pone, letteralmente, come “palestra” per talenti emergenti del disegno, affiancati da sceneggiatori che contribuiscano a realizzare le loro idee. Quella della ricerca di nuovi disegnatori è un obiettivo affrontato da molti editori. Credi che sia una responsabilità di chi fa fumetti allargare il più possibile le proprie opportunità ai più giovani?

Non lo è solo di chi fa fumetti, è una responsabilità di tutti, in tutti i settori. Ho sofferto, un po’ dell’asfissia del passare del tempo; se mi guardo indietro sono molto soddisfatto del mio percorso fino ad ora ma c’è sempre quell’ombra di pensiero di aver perso tempo a inseguire in modo ignorante obiettivi e traguardi troppo ideali, spinto da un mio analfabetismo artistico-produttivo. Curo questa ansia consigliando e guidando giovani e giovanissimi artisti e gioisco della loro scoperta efficacia.

Dobbiamo aspettarci altre sorprese come il lancio della linea Dojo, da Tatai Lab o magari dal futuro di Lumina? Qual è il prossimo sogno da realizzare?

C’è una grossa sorpresa in cantiere, nel futuro di Tatai Lab, mentre c’è un universo a disposizione, nel caso di Lumina. Per ora stiamo dando il meglio di noi sotto ogni aspetto; più che altro speriamo di resistere.

Anche in relazione al già citato metodo del crowdfunding, qual è il rapporto di Tatai Lab con i suoi lettori, in un certo senso anche produttori?

Il miglior rapporto possibile: ci vogliamo bene a vicenda. Noi sputiamo sangue per progettare i libri che loro ci chiedono, e loro ci sostengono e aiutano a portarli a compimento. Siamo una famiglia.