Al Comicon 2018 di Napoli abbiamo avuto modo di parlare con il grandissimo autore di Outcast, Paul Azaceta, una chiacchierata sicuramente interessante che condividiamo volentieri con tutti i lettori di Stay Nerd. A voi.

Innanzitutto grazie per il tempo che concessoci. Partiamo con Outcast, un grande fumetto che personalmente apprezzo più della serie TV.

Sì, anch’io. Volevamo che il fumetto e la serie fossero diverse, pur raccontando la stessa storia, quindi è anche normale che la gente preferisca l’una rispetto all’altra cosa. Ma credo che anche la serie TV sia un ottimo show.

Anche se non ha lo stesso ritmo della prima serie di The Walking Dead, ad esempio. Ha un bellissimo primo episodio, ma poi diventa un po’ troppo lenta…

Beh, è diversa. Anche nei fumetti, è molto più importante l’atmosfera, l’inquietudine che porta al lettore. Non è una cosa che puoi leggere alla leggera, mentre The Walking Dead ha una narrazione più veloce, più improntata all’azione. Dipende anche dai gusti.

The Walking Dead è ormai un fenomeno, specialmente dopo la serie TV. È stato difficile creare un’altra storia con Kirman? Hai sentito la pressione?

No, The Walking Dead è stato un fenomeno che ha conquistato il mondo, non è una cosa che si può ricreare. Non importa quanto sia buono il tuo libro, è qualcosa di non pianificabile e non replicabile, è qualcosa che succede nel posto giusto al momento giusto. Quindi non ho mai cercato di fare qualcosa di altrettanto grande, ma solo di lavorare al meglio delle mie possibilità, qualcosa che potesse piacere alla gente. Ma non ha senso paragonarlo a The Walking Dead. Sarebbe come paragonarlo a Batman, o a Spider-Man, non avrebbe senso, sono semplicemente troppo grandi.

Sembra di vivere una seconda giovinezza per gli horror, un genere tornato immensamente popolare grazie a serie TV, fumetti, videogame, e così via. Come mai secondo te alla gente piacciono così tanto?

Ci penso spessissimo, effettivamente. Innanzitutto quando qualcuno guarda una serie TV, o un film, o legge un libro, o si avvicina a una qualunque forma d’arte, vuole che questa evochi un sentimento in lui, vuole sentire qualcosa. E la paura è uno dei sentimenti più forti in assoluto. Quindi credo sia questo la risposta, si vuol sentire qualcosa di forte, e sentirla senza essere effettivamente in pericolo è una bella cosa, no? È per questo che la gente fa bungee jumping, paracadutismo e così via.

Come mai hai deciso di scrivere una storia su esorcismi e demoni?

Kirkman si è rivolto a me con l’idea, e sembrava ottima. In più è divertente lavorare con lui. Era qualcosa di angosciante, atmosferico, inquietante, un vero libro horror, e la cosa mi ha intrigato da subito, essendo io un grande amante del genere.

Visto che sei amante del genere, allora devo chiedertelo. Qual è la tua top 3 dei film horror?

È davvero difficile dirlo, ma sceglierei il primo Alien, La Cosa di John Carpenter e lo spagnolo Rec. Il primo però.

Le storie sugli zombie sono in genere cruente e piene di sangue, ma Outcast è disturbante in maniera diversa. Come autore horror, quale delle due strade ti piace di più?

Preferisco Outcast, il suo essere così è quello che mi ha da subito attirato. Ad esempio uno dei miei manga preferiti e Uzumaki, di Junji Ito, che è esattamente lo stesso tipo di horror di cui parlo.

Se citi Ito devo chiedertelo, hai mai giocato a Forbidden Siren?

No, non sono un grande gamer. Mi piacciono i i videogiochi, ma purtroppo non ho proprio il tempo, perché mi ci appassionerei troppo e non lavorerei più.

Dove trovi l’ispirazione per il tuo lavoro?

Gran parte viene dai film horror. Mi è piaciuta la nuova versione di IT, hanno fatto davvero un ottimo lavoro. Io e mia moglie siamo grandi fan di Stephen King, c’è un motivo per cui è il re dell’horror. E Shining è un altro capolavoro.

Se non lavorassi sul genere horror, su quale altro genere ti piacerebbe lavorare?

Beh, mi piacciono diversi generi. Dalle storie d’amore, alla fantascienza, comedy, action, mi piacciono tutti. Forse sceglierei una storia sci-fi, qualcosa con la tecnologia, gli alieni, roba del genere. Mi piacerebbe anche qualcosa per tutta la famiglia, come i lavori dello Studio Ghibli.

Se posso permettermi un consiglio. Io ti vedrei perfettamente calzante in un racconto western. Che ne dici?

Ne ho uno in programma, a dire il vero. Amo anche i western, quindi ho una storia in mente, sarà molto personale e credo che sarà il mio prossimo lavoro dopo una storia sci-fi.

Tornando ad Outcast, i fumetti e la serie TV vanno avanti in contemporanea, ma in modi diversi. Credi che in qualche modo la serie TV influenzi il tuo lavoro sui fumetti?

No, non credo. La serie TV è indietro rispetto ai fumetti, quindi loro stanno adattando la storia, e io la sto ancora creando, quindi non c’è molta interazione tra le due cose. Né voglio che ci sia. Preferisco che siano diverse, così la gente può apprezzare entrambe, senza pensare che l’una sia una copia dell’altra. Ecco perché non guardo neanche la serie: ho visto qualcosa, qualche episodio, li ho anche visti girare, ma non la seguo. Quando finirò i fumetti, poi la guarderò tutta.

Se penso all’horror, specie nei film del passato, ho come l’impressione che ci fosse una preponderanza di finali positivi. Erano sì, violenti, ma in genere avevano un finale buono. Non un lieto fine, ma comunque la creazione di una situazione che faceva ben sperare per i personaggi nella pellicola. Il demone veniva sconfitto, molti dei protagonisti sopravvivevano, e così via. Adesso trovo che la tendenza sia diversa, e forse l’insegnamento è che non sempre una buona storia termina con un lieto fine. Tu quale dei due tipi di finale vorresti per Outcast?

Diciamo innanzitutto che io conosco il finale, quindi risponderò lasciandolo completamente da parte ed evitando spoiler. Mi piacerebbe un buon finale, perché credo che la storia che stiamo facendo con Outcast lo meriti. In più sono affezionato ai personaggi, mi piacciono molto, e mi sentirei male se semplicemente  morissero tutti. Va detto però che uno dei miei film preferiti, come dicevo prima, è La Cosa di John Carpenter, e una delle ragioni per cui mi piace così tanto è che non finisce proprio benissimo. Quindi potrebbe anche succedere, così come potrebbe anche esserci un finale aperto, che non sarebbe dunque necessariamente un finale “cattivo”. Vedremo.

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