League of Geeks mescola suggestioni diverse per proporre una space opera da tenere d’occhio, appena uscita in accesso anticipato

Battlestar Galactica, Space Battleship Yamato, FTL. L’estetica anime, il viaggio nello spazio, il nemico alieno, la fuga del pianeta nativo ormai distrutto. La gestione dell’equipaggio, la costruzione di una cittadina, l’amministrazione di una nave. Cercare di mettere assieme tutte le cose che Jumplight Odissey vuole fare e tutte le opere a cui si ispira risulta in un listone di cose molto ampio, che non rende giustizia a questo secondo lavoro di League of Geeks.

Dopo quella strana e riuscita crasi tra Game of Thrones e la Disney di Robin Hood che era Armello, non mi sarei aspettato un salto tematico e meccanico così marcato per League of Geeks. Avrei detto che avrebbe continuato a occuparsi di board game digitali, visto che Armello gli era venuto fuori così bene.

E invece no: via il fantasy, via gli animaletti e benvenuta fantascienza. Una fantascienza che pesca a piene mani da diversi immaginari che hanno però elementi condivisi. Se l’estetica è quella dell’anime anni 70/80 lo spirito è quello di Battlestar Galactica e le meccaniche un po’ quelle di FTL mescolate a un city builder, l’impianto tematico è invece quello della fuga dal proprio pianeta nativo devastato da un attacco alieno. Una fuga a bordo di una nave a capo di una flotta. Una nave sostanzialmente disarmata, che può solo difendersi e mai passare davvero al contrattacco. Una corsa verso una terra promessa con il nemico alle spalle che ci insegue.

C’è un senso di pressione in Jumplight Odissey che stride con le scelte artistiche, un po’ come capitava con la violenza mescolata agli animaletti antropomorfi in Armello. Sentiamo il nemico e le nostre scarse possibilità di difesa. Sentiamo la scarsità delle risorse. Soprattutto, sentiamo di dover gestire qualcosa di incredibilmente più grande delle nostre possibilità. La nave è grande, ha diversi piani ed è abitata da un equipaggio variegato, ognuno con il suo nome, le sue caratteristiche e il suo stato di salute.

Ci sarà quindi da costruire, mantenere e riparare in caso di attacco le varie stanze e strutture della nave, soprattutto in caso di attacco nemico. Potenziare la nave e tenerla in attività nelle situazioni critiche, assegnando priorità di costruzione e riparazione, spostando le decine di membri dell’equipaggio alla mansione di volta in volta più utile mentre si cerca di fare in modo di tenere tutti in salute e con un alto livello di speranza è quindi centrale nell’economia del gioco, tanto quanto mandare caccia e navi a cercare risorse con il nemico che ci insegue.

Questa parte da gestionale, molto più complessa ed estesa di quanto non mi sarei aspettato, si affianca a una struttura à la FTL per cui dovremo decidere di volta in volta dove saltare di pianeta in pianeta, caricando il motore di salto ogni volta e cercando di crearci un percorso che ci permetta di ottimizzare le risorse ottenibili.

Jumplight Odissey è in fondo un gioco che sulla carta può sembrare semplice: gestiamo una nave e cerchiamo di non farci distruggere la nemico. In realtà è tutto molto dettagliato e complesso, e stupisce quanto si abbia effettivamente la sensazione di star gestendo una nave in fuga nello spazio. Se non avete mai sognato di essere William Adama siete delle brutte persone, ma Jumplight Odissey più di qualsiasi cosa abbia mai giocato mi ha restituito proprio quel senso di responsabilità, nonostante l’estetica sostanzialmente kawaii.

Passando un po’ ai personaggi, il nostro Adama nella campagna base è la Principessa Euphora, ma sono in sviluppo altri capitani e altre navi per variare l’esperienza in modalità sandbox. Ogni capitano ha i suoi bonus e malus, stando alle caratteristiche della Principessa, proprio per prestarsi all’anima roguelike del gioco nella sua modalità sandbox. C’è da notare come già da ora Jumplight Odissey offra, a fianco della modalità standard, sia una modalità relax dove non siamo braccati e possiamo dedicarci a gestire il nostro equipaggio e ad accarezzare maialini, sia una modalità hardcore dove i nostri malvagi nemici sono più incazzati del dovuto.

Ci son cose da migliorare e cose da aggiungere, chiaramente, ma ci troviamo di fronte a un gioco appena uscito in accesso anticipato e sarebbe inutile andare a cercare i difetti di un gioco in corso di sviluppo. In questo momento è quindi più utile andare a cercare le specificità per cui vale la pena tenere d’occhio Jumplight Odissey anche se non se ne vuole supportare lo sviluppo fin da subito.

Di carne al fuoco per ora ce n’è effettivamente parecchia, e anche di ispirazione.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.