Just Cause 3: Volere è Potere. Letteralmente.

Il medium videogioco, rispetto a cinema, libri e fumetti, ha un enorme vantaggio di partenza: l’immedesimazione. Dove film e romanzi faticano a creare personaggi accattivanti e umani allo stesso tempo per far sì che il pubblico ci si immedesimi, il videogioco ha vita facile. Il giocatore è il protagonista, quel che il giocatore comanda, il protagonista fa. Per questo, fateci caso, si racconta sempre agli amici cosa succede in una determinata storia (come quella di un libro o di un film), e invece cosa puoi fare in un determinato videogioco. La saga di Just Cause, sviluppata dagli Avalanche Studios, ha sempre cercato di sfruttare al massimo questo particolare vantaggio, concedendo al giocatore la massima libertà possibile… in fatto di distruzione. Già, perché cosa c’è di più stuzzicante che girare liberamente per un mondo vasto, bello e vario, distruggendo edifici con lanciamissili multi-testata? O facendo crollare ponti arpionando i piloni a un jet in volo? O facendo saltare una stazione di estrazione del petrolio usando come arma un elicottero intero? Non sto esagerando, anzi, tutto ciò in Just Cause 3 sarà una normale mezz’oretta di gioco.

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In questo adrenalinico Action Game in terza persona, il nostro eroe post-moderno Rico Rodriguez, simpaticamente detto “Lo Scorpione”, è chiamato a rovesciare la dittatura del Generale Di Ravello sull’isola Medici, parte di un arcipelago (fittizio) del Mar Mediterraneo. Dovrà quindi distruggere quanti più punti cardine del regime possibile, contribuendo ad aumentare il caos e diminuire il consenso tra la popolazione. Se non vi sembra una trama ispirata avete ragione, non lo è. Ma la filosofia del gioco non sembra avere tanto bisogno di trame intricate, quanto di pretesti semplici. Il titolo stesso, oltre al significato letterale, “Giusta Causa”, è anche un’espressione idiomatica che equivale all’italiano “Tanto per”. Non servono molte ragioni per salvare il mondo, purché sia divertente.
Niente di tutto questo è una novità per chi conosce la saga. Allora cosa dobbiamo aspettarci, di nuovo, da questo terzo capitolo in uscita il 1° dicembre per Xbox One, PS4 e PC? Come già anticipato, la libertà di scelta dei propri obiettivi e del modus operandi seguito per distruggerli è massima. Just Cause 2 tendeva a soffrire di una certa ripetitività nelle missioni, soprattutto dopo qualche ora di gioco, esaurita l’euforia del “posso fare quello che voglio”. Basta pochissimo per rompere l’equilibrio di un gioco open world che fa della libertà il suo cavallo di battaglia. Se le possibilità in mano al giocatore si assottigliano e la sua creatività si spegne, è finita. Perciò gli Avalanche Studios hanno deciso di moltiplicare quelle possibilità.

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Rifornimenti di munizioni e mezzi speciali diventano gratuiti e sempre disponibili. Molto saggiamente, la difficoltà della missione varierà in base al mezzo scelto per conseguirla. Non importa se sceglierete un carro armato, un jet o un elicottero, aspettatevi sempre nemici armati di conseguenza. Alcuni degli obiettivi minori da far saltare in aria inoltre torneranno integri, abbandonando la zona e ritornandovi, facendovi la gentilezza di poterli distruggere infinite altre volte in altrettanti modi diversi. Volevi far deflagrare la pompa di benzina e invece è “esplosa poco”? Niente più rimpianti, con Just Cause 3.

L’evoluzione del motore grafico permessa dal salto generazionale è notevole e la mediterranea Medici sembra ancora più grande e bella della tropicale Panau del secondo capitolo. L’isola è maggiormente sviluppata in verticale, è più “realmente” popolata e ha una contestualizzazione storica più marcata. Capiterà ad esempio di ritrovarsi nel mezzo di rovine romaneggianti, altra strizzata d’occhi all’Italia del periodo fascista (oltre alla bandiera di Medici, alle simil-ferrari e al “saluto” del dittatore Di Ravello: un braccio teso con il palmo verso l’alto). L’acqua del mare è limpida, i fiori si piegano al passaggio dei veicoli e le esplosioni sono pura poesia.

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E poi c’è la Wingsuit, o tuta alare, probabilmente l’invenzione più straordinaria di tutta la storia dell’umanità. Rico Rodriguez è già famoso per il suo uso spasmodico di rampini e paracaduti, che gli permettevano di aggrapparsi e planare da un punto all’altro della mappa di gioco. Ehm, vi ricorda nessuno, vestito di nero, voce roca, grosso mantello? Beh, ora Rico ha la tuta alare e con essa, a patto di padroneggiarne l’uso, può spostarsi più velocemente di qualsiasi uomo pipistrello. State per spiaccicarvi faccia a terra? Una tirata di rampino al momento giusto e guadagnerete altra spinta. Siamo ai limiti della fisica, ma lo è anche tutta la fantascienza, una piccola licenza la si potrà prendere, no?

La grande domanda che rimane aperta su Just Cause 3, e che vale per tutti i giochi con simile struttura a “sandbox”, è la seguente: il gioco, sulla carta validissimo, sarà capace di gestire tutta la libertà che concede, evitando le trappole di ripetitività e mancanza di motivazioni? Una trama più intricata sarebbe stata d’aiuto, ma avrebbe limitato parzialmente la libertà d’azione del giocatore, ed è proprio su quest’ultima che gli Avalanche Studios puntano tutto.

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Non resta quindi che aspettare e accumulare un bel po’ di rabbia nei mesi che ci separano da dicembre, quando un’isola intera diventerà il nostro parco divertimenti. Se l’avventura riuscirà ad appagare la nostra sete di distruzione creativa, allora sarà valsa il prezzo del biglietto. Ma, intanto, una cosa è certa fin da oggi: se volete potere ciò che volete (e volare è compreso), con Just Cause 3 potrete.