Le sorti del Karma, tra le dita.

Karmapolis è un fumetto davvero interessante, tanto vale dirlo da subito, e merita almeno un paio di premesse. I crediti vanno a Enrico Martini, in arte “Nebbioso“, per la storia, e a Greta Xella, per i disegni, entrambi già autori con editori medio-piccoli. Prima premessa: Greta Xella, oltre che talentuosa disegnatrice, è la geniale fondatrice dell’iniziativa Drink and Draw di Milano, dove disegnatori esordienti e non si sfidano settimanalmente a tema, incrociando le matite e, più importante ancora, ritrovandosi e riunendosi in atmosfera di festa solidale. Una roba fichissima!

Seconda premessa: Renbooks, casa editrice di Karmapolis, pubblica soltanto storie che toccano, a fondo o marginalmente, le tematiche LGBT. Ora, sebbene Karmapolis sia un esempio di lavoro che include solo “di striscio” le suddette tematiche, va assolutamente dedicato un momento di riflessione, e plauso, a una realtà editoriale che, oltre alle problematiche già imposte dal mercato, si prefigge a sua volta una missione tanto delicata e complessa, svolgendola con tanta passione e vincendo, evidentemente, ogni difficoltà.

Img. Karmapolis 1

Finite le premesse, passiamo a parlare del fumetto in sé. Sono ben 112 pagine, ma scorrono velocemente, quindi due buone cose. Tante volte nel mondo dei fumetti non affermati, le prime pubblicazioni non vanno tanto oltre la metà della lunghezza di Karmapolis. Quest’ultimo, invece, si prende il suo tempo e il suo spazio per raccontare con calma una storia che è interiore, esteriore, profonda, sviluppata in lunghezza e larghezza delle conseguenze. Questo è un segno di grande maturità cui non si assiste spesso, data la moderna tendenza dilagante alla brevità e immediatezza d’uso (cose di per sé non negative, ma di cui si rischia costantemente l’abuso, o l’uso come scuse per fretta e superficialità).

La storia, come accennato più su, è molto interessante, e racconta di una ragazza, “Chichi“, che ha il potere di portare sfiga a comando, con un semplice schiocco di dita (“snap!“). Ma è davvero questo il suo potere? O si tratta di qualcosa di più grande? Delle divinità pagane nel corpo di suricate sostengono che lei è una “Custode del Karma“, un compito che comporta responsabilità ben precise. Ma ci si potrà fidare di sedicenti suricate divine, o sono solo visioni? E soprattutto: come cavolo si fa a conciliare una cosa simile con tutti i casini che ti capitano insieme? È questa la domanda principale che si pone Chichi, e da qui che deriva il conflitto massimo della storia. Perché Karmapolis, in maniera intelligente e attuale, mette in scena una storia del tutto umana, e purtroppo comune nelle difficoltà, con una metaforica scintilla di soprannaturale. Un po’ come Spiderman, almeno secondo le prime intenzioni.

Img. Karmapolis 2

Veniamo ai disegni. Greta Xella fa un ottimo lavoro. È molto chiara l’influenza manga che subiscono, nelle movenze e nelle espressioni, i personaggi, forse elemento più forte (anche nel carattere narrativo) di Karmapolis: tanti e vari, convincono tutti, strappando sia risate che momenti di intensità. Certo, il tratto mostra qui e là qualche insicurezza, altre volte trovando quella che dà l’impressione di essere la sua forma più compiuta e definitiva.

Questo è un difetto sovrapponibile anche alla storia. È interessante, certo, e molto corposa, ma talvolta rischia di essere, nella sua intenzionale visionarietà, troppo confusa. Ci sono forse un paio di sequenze in cui si descrive a parole eventi altrimenti poco chiari, e tale uso della parola è un “trucchetto” quanto più da evitare, nella narrazione a fumetti, sebbene diffusissimo tra gli emergenti. Avendo a disposizione le immagini, queste dovrebbero idealmente essere capaci di raccontare tutto, anche da sole, senza parole. Ovviamente, questo rimane obiettivo utopico nel 90% dei fumetti mondiali, ma forse, in alcuni tratti di Karmapolis testi e immagini potrebbero godere di maggiore sincronia.

Img. Karmapolis 3

Karmapolis ha tante sfumature e non pretende di privilegiarne una sola. Se non fosse una lettura scorrevole e piacevole, rischierebbe di lasciare troppo all’interpretazione del lettore. Fortunatamente, è una lettura scorrevole e piacevole, quindi gli si perdona (a ragione) qualche delega avanzata a noi fruitori. Bisogna considerare, poi, che probabilmente non si vuole nemmeno interpretare unilateralmente una storia universale. Si racconta la rabbia complessa di una ragazza che, più/oltre che portare sfortuna, è “sfortunata”, ma non si lascia identificare da una condizione di sconfitta, trasformandola da permanente a temporanea. Il Karma, o il mondo, si cambia a partire da noi stessi, non importa come.

E chi di noi non può imparare da una lezione simile?