Kids with Guns prende vita in un worldbuilding confusionario che bombarda il lettore di elementi dissonanti

Per godersi Kids with Guns a pieno il lettore deve obbligatoriamente approcciare la trilogia di graphic novels di Capitan Artiglio con leggerezza e spegnere il suo spirito critico.

L’intera storia imbastita da Capitan Artiglio, pubblicata dalla Bao, è un’epopea piacevole e esplosiva ma che presenta gravi difetti. Per esempio un wordbuilding (costruzione coerente e dettagliata di un mondo fittizio o alternativo al nostro) caotico, a tratti inesistente e confusionario.

Kids with guns

In un futuro imprecisato l’umanità, in qualche modo, riesce a occupare un pianeta, il nome ovviamente non viene detto. Il motivo di questa colonizzazione è ancora un mistero come il perché l’umanità debba convivere con altre razze aliene colonizzatrici, i Nettuniani dalla pelle blu e i Sauri dalle sembianze antropomorfiche e rettiliformi (questo micro-background, tra cui i nomi delle razze, viene spiegato in una postfazione).

I tre fratelli-banditi Doolin sono i cow-boy protagonisti di questo mondo arido e infestato dai dinosauri (fauna autoctona del pianeta) che gli impavidi possono cavalcare. Come se non bastasse l’epico connubio tra dinosauri e fuorilegge del western, Capitan Artiglio unisce al  wordbuilding di Kids with Guns: sciamani alieni autoctoni, ovvero i pipistrelliformi Xiantu (di derivazione mesoamericana), anarchici teppisti di strada ispirati alle rock bands, cavalieri feudali, zombie con l’estetica di Mad Max, robocoops nettuniani, divinità terresti appartenenti agli antichi culti politeisti, cacciatori di taglie futuristici e centinaia di citazioni a diversi manga e/o prodotti mainstream, uno su tutti Dragonball. Tutto questo senza spiegare un perché, il risultato è un’ambientazione incoerente, cacofonica e dissonante che bombarda il lettore di pseudo-info dump (ovvero informazioni non utili). Anche se tutto rimane pittoresco e divertente.

Kids with Guns e la non-sospensione dell’incredulità

Nella letteratura fantastica esiste il “patto della sospensione dell’incredulità” o “del dubbio” (suspension of disbelief), ovvero un accordo bilaterale tra fruitore dell’opera e il suo autore, che si basa sulla volontà di sospendere le proprie riflessioni critiche al fine di ignorare la rottura col realismo. Capitan Artiglio esagera in tutto ciò, perché è impossibile che un proiettile di un revolver riesca a maciullare un uomo quanto un dinosauro colossale, o che in un mondo con l’estetica del far west ci siano così tanti elementi fantasy come gli stregoni che vengono da dimensioni parallele (per non citare altri numerosi esempi). L’autore di Kids with Guns tenta in maniera seriosa quello che aveva realizzato con successo David Sandberg col il volutamente iper-trash (e per questo geniale) Kung Fury, con tanto di cappello per i suoi laser-raptors.

Ma per rimanere nel campo fumettistico basti citare la space opera fantasy Outer Darkness di Afu Chan e John Layman, l’urban fantasy rock di Murder Falcon e sempre per la Bao la colossale serie fantascientifica di Saga. Tutti questi esempi offrono wordlbuilding particolareggiati, densi e ben delineati e ricchissimi di citazionismi e meccanismi ibridi che non stonano mai tra essi.

Kids with Guns

Una sceneggiatura traballante

Per questa ragione anche la sceneggiatura dell’intera trilogia si basa su fondamenta labili e incerte, i personaggi sono spinti da obiettivi mal tratteggiati e il movente del villain di turno è dovuto al fatto che è semplicemente un pazzo egomaniaco.

Una storia lineare, con micro plot-twist prevedibili e telefonati, evidente abuso di deus ex machina che risolvono fin troppo comodamente scenari di conflitto e densi di una carica epico-tragica, ciò porta a sacrificare il pathos per permettere alla storia di procedere oltre. La plot-armor è la vera divinità di questo mondo senza nome, visto che spadroneggia quanto vuole per salvare ogni protagonista dall’inizio del primo graphic novel fino all’ultimo.

Kids with Guns è un’epopea western che non ha niente di western, è semplicemente un arazzo caotico e primordiale di ideali estetici e multiformi che prendono vita in una cornucopia di elementi travolgenti.

Tuttavia alcuni scenari narrativi sono apprezzabili, le scene d’azione ben scritte, anche se il finale dell’intera trilogia è sbrigativo e stereotipato.

Ciò è riconducibile al fatto che Kids with Guns è un’opera prima fin troppo ambiziosa che funge da palcoscenico per mettere in luce il talento artistico, che onore al merito è davvero notevole.

La trama, che si snoda per tutti e tre i volumi, è una parabola di redenzione dei fratelli Doolin, membri della banda del Mucchio Selvaggio capitanata da  Bill La Morte Doolin. Il loro destino, e del pianeta, è legato ai leggendari teschi “moloch” degli antichi eroi Xiantu (7, come le sfere del drago) che insieme ai tre della Dea Madre possono plasmare l’universo e la realtà, o distruggere tutto. I fratelli insieme alla ragazzina Senza Nome saranno coinvolti in fantasmagoriche peripezie e duelli mozzafiato per salvare l’equilibrio del cosmo.

Una cangiante potenza visiva

Le tavole di Capitan Artiglio sono semplicemente sensazionali, figlie di uno studio dettagliato e di una cura maniacale, sintomo di tutta la passione dell’autore. I sauri trasudano una colossale epicità artistica che ricordano alcuni lucertoloni di Dragon Ball, inoltre sono dotati di una dinamicità elegante e fulminea che sottolinea la loro natura selvaggia e assassina.

Ben eseguite le tavole intere che proiettano il lettore sul campo di battaglia o nei multicolori panorami fantastici e immaginifici del pianeta o nei reami metafisici extra-sensoriali.

Kids with Guns

Buon uso del colore che ricorda le tinte della scuola italiana e fraco-belga, con tempestive incursioni fantastiche dalle tonalità violente e cangianti che illuminano le albe di questo mondo senza nome.

Interessante l’estetica generale di Kids with Guns che si traduce in vari tributi al genere  western, fantasy e fantascientifico. Se la sceneggiatura è scollegata da una certa coerenza interna almeno la resa artistica è un ragionato manifesto personale e culturale di Capitan Artiglio a cui va un buon riconoscimento per aver sintetizzato la sua fantasia in epopea fumettistica.

Kids with Guns, un esordio in cui credere

Nonostante le presenti critiche mosse alla sceneggiatura Capitan Artiglio è stato in grado di portare a termine la sua trilogia. Forse ostacolato dalla ricchissima galassia di personaggi ed eventi che ha dovuto dirigere. I fratelli Doolin e la bambina Senza Nome sono personaggi a cui ci si affeziona facilmente anche se non sempre tratteggiati con profondità narrativa, a volte semplicemente abbozzati. Tuttavia Kids with Guns è un esordio che può permettere all’autore di investire in altri esperimenti, dove probabilmente darà il meglio di sé non solo come artista.

E poi i fan dei Gorillaz impazziranno.