Ricordatevi di portare il cappotto

Qualche anno fa sono cominciati a spuntare walking simulator come i funghi, così il pubblico si è diviso tra chi apprezzava la pura e semplice narrativa a chi li considerava giochi per metà. Il nome stesso, “simulatore di passeggiata”, ha avuto in origine un’accezione denigratoria, salvo poi diventare più o meno universalmente il genere ufficiale di questo tipo di prodotti. Molti sviluppatori hanno negli ultimi tempi cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, mettendo all’interno dei propri walking simulator degli enigmi o degli altri elementi mutuati da altri generi, probabilmente per edulcorare un po’ la formula e ravvivare la situazione. Sembra questo il caso di Kona, titolo canadese che nel suo intimo non si discosta più di tanto dalla categoria di cui abbiamo appena parlato, infilandoci però dentro puzzle, elementi survival e infine una leggera spruzzatina di FPS. Curiosi? Seguiteci.

Carl è un investigatore privato, che viene chiamato in un paesino per risolvere un caso di vandalismo che ha avuto come bersaglio il Signor Hamilton e i suoi possedimenti. Il piccolo paese, abitato da nativi, vede in Hamilton un capitalista forestiero che piano piano sta allungando gli artigli su tutto il paese, acquistando beni e attività. Insomma, il caso sembra potersi risolvere in una sola direzione, prima ancora di iniziare. Eppure le cose non vanno come dovrebbero, perché Carl, non appena entra nel paese, è costretto a sbandare da un’auto impazzita, scontrandosi contro un muro e perdendo conoscenza. Quando riesce a tornare padrone di se stesso il mondo intorno a lui è cambiato: non c’è più una soleggiata giornata autunnale, ma diversi centimetri di neve sotto ai suoi piedi ed una bufera tutto intorno a lui.

Dopo essersi riscaldato, e aver appurato di non poter tornare indietro, Carl decide di recarsi all’Emporio del paese, dove aveva originariamente appuntamento con Hamilton. All’entrata, trova il corpo dell’anziano riccone al suolo, privo di vita. Ovviamente da qui avranno inizio le nostre avventure nel villaggio di Atamipek, che da un momento all’altro sembra diventato interamente disabitato. Non vi diremo altro sugli eventi a cui andrete incontro, sappiate che quello che vi abbiamo fin qui raccontato sono circa i primi 10 minuti di gioco, in un’avventura dalla durata di circa 6/7 ore che si mantiene intrigante più o meno per tutta la sua durata, salvo poi inciampare malamente verso la fine con una conclusione troppo sbrigativa preceduta dal classico spiegone.

Quello che è sicuramente l’aspetto più riuscito di Kona non è però la storia in senso stretto, quanto l’ottima atmosfera che riesce a tratteggiare: il piccolo villaggio sperduto è infatti estremamente desolante (e desolato), perduto in mezzo a insuperabili boschi e schiacciato dalla morsa della neve e del gelo. Il senso di solitudine del povero Carl è effettivamente palpabile da parte del giocatore, che si ritroverà da solo a fare le pulci agli effetti personali di un’intera comunità per venire a capo dello strano mistero. Ed è proprio in questa atmosfera che sono incastonati gli elementi di gameplay, che ricordano da una parte un’avventura grafica, e dall’altra un survival. Per quanto concerne la parte enigmistica, il gioco ci chiederà semplicemente di risolvere piccoli rompicapo, trovare oggetti o combinarne altri. Niente di particolarmente difficile, insomma, né a livello concettuale né per quanto concerne le soluzioni, che saranno sempre alla portata del giocatore con un po’ di ragionamento. Allo stesso modo, nonostante il gioco non ci prenda mai per mano per dirci quanto dobbiamo fare, se si segue un po’ di logica sarà impossibile perdersi e non sapere dove andare, nonostante fin da principio sarà possibile arrivare praticamente ovunque sulla mappa. Riguardo l’aspetto survival invece, verremo semplicemente chiamati a trovare delle fonti di calore, che nel 99% dei casi dovremmo accendere noi stessi, e a cercare di mantenere lo stress ad un livello accettabile. C’è anche una terza barra, quella della salute, ma il suo funzionamento è abbastanza ovvio per chiunque abbia giocato un videogioco negli ultimi 20 anni.

Dicevamo, quindi, il calore: Carl non può stare troppo tempo in mezzo ad una bufera di neve, quindi si troverà spesso e volentieri obbligato ad accendere de fuochi nelle stufe all’interno delle case o all’aperto. Gli oggetti per farlo sono facilissimi da reperire, ed è comunque sempre possibile farne incetta per tenerli nel bagagliaio della macchina e tirarli fuori in caso di necessità (c’è un limite di peso per la quantità di oggetti che Carl può trasportare con sé, ma la macchina fa da cassa di Resident Evil su quattro ruote). Per quanto riguarda lo stress, invece, nel caso la barra diminuisca il nostro protagonista correrà più lentamente e avrà la mano più tremante quando dovrà prendere la mira, e la cosa è “curabile” con sigarette, alcool e antidolorifici. La parte FPS del gioco invece, se così vogliamo chiamarla, è estremamente blanda e consiste semplicemente nello sparare ai lupi (o allo sparare in aria per spaventarli), in caso questi si avvicinino troppo.

L’elemento principale del gioco quindi, sarà oramai ovvio, è quello di esplorare fino in fondo il mistero che avvolge la morte di Hamilton (più altri intrighi che scopriremo avanzando). Tutte le storie verranno appuntate dal protagonista su un diario, ordinate, così che nel caso non si sappia dove andare per proseguire basterà leggere e cercare di capire la prossima mossa da fare. Il tutto, come già detto, scorre in molto estremamente naturale, ed è difficile lasciare dietro oggetti necessari al proseguimento dell’avventura. Sotto questo punto di vista gli sviluppatori sono stati estremamente bravi nel riuscire a creare un filo che conducesse il giocatore dall’inizio alla fine dell’avventura senza dargli indicazioni.

Tecnicamente il gioco presta il fianco a diverse critiche oggettive, che vanno però ridimensionate grazie alla permanente tempesta di neve che imperversa nel paese: le texture sono mal riuscite, e allo stesso modo i modelli poligonali, e questo sarà evidente a chiunque appena aprirà il gioco. Ma il vento che sferza gli alberi mentre i fiocchi di neve ballano davanti agli occhi del protagonista, con una nebbia così fitta che Silent Hill a confronto è una località della costiera amalfitana in pieno agosto, riescono a far dimenticare un comparto tecnico decisamente migliorabile in favore di un’atmosfera complessiva ben riuscita che entra sotto la pelle del giocatore.

Verdetto

Kona è in definitiva un gioco piacevole, che non eccelle sotto nessun punto di vista ma riesce a raccontare una storia gradevole, che incalza il giocatore fino alla fine, ma che purtroppo proprio sul finale vacilla. Gli elementi survival sono decisamente blandi, e per fortuna, azzarderemmo, perché il dover stare sempre a caccia di risorse avrebbe ucciso il ritmo del gioco, e di conseguenza l’atmosfera, molto ben realizzata ed in grado di farci sentire davvero in un paesino sperduto in Québec, nonostante una resa tecnica dimenticabile. Se vi piacciono i walking simulator, o più in generale le avventure basate sull’investigazione, o magari semplicemente vorreste fare un giro per quelle lande innevate e dimenticate, questo titolo saprà certamente soddisfare il vostro palato.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.