“Ogni cosa è kung fu”

A ben 5 anni di distanza dal suo predecessore, Kung Fu Panda 3 arriva nei nostri cinema carico di entusiasmo ed aspettative. I motivi sono molteplici, in primis il successo del panda Po, subito salito sul podio dei più amati personaggi (non disneyani) a cartoni animati. Po, con il suo aspetto bonario ed il suo desiderio di riscatto si è dimostrato sin da subito un personaggio con il quale è semplice identificarsi, complice anche quell’atteggiamento un po’ nerd che pervade il personaggio quando questo si confronta con le sue passioni (spesso con risvolti spassosissimi). In secundis c’è un problema non da poco, ossia le cattive acque in cui la Dreamworks Animation naviga da un po’ di tempo a questa parte, specie da quando la concorrenza si è fatta molto più aggressiva in termini di uscite e di successi portati a casa. Dopo il parziale insuccesso de “I Pinguini di Madagascar” ed il vero e proprio flop di “Mr. Peabody & Sherman”, Dreamworks punta allora sul sicuro, riportando Po al cinema nel tentativo, forse disperato, di riacquistare credito preso il proprio pubblico. Il messaggio è chiaro sin dai primi istanti del film quando Po prenderà posto sulla luna del logo al posto del celebre bambino a pesca. Un richiamo, forse volontario, all’importanza che il personaggio ha per la casa di produzione.

Ambientato, ancora una volta, nella calda e quieta Valle alle pendici del Palazzo di Giada edificato dal fu Maestro Oogway, Kung Fu Panda comincia proprio ri-presentando quest’ultimo, ormai in pace nel regno degli spiriti dopo aver lasciato la terra dei vivi nel primo capitolo della serie. Qui Oogway ritroverà un suo vecchio fratello d’armi, poi separatosi da lui da nemico, il potente Kai deciso più che mai a conquistare tutto il “Chi” dei maestri defunti per tornare, poi, a reclamare il mondo dei vivi. L’arrivo di Kai sulla terra coinciderà però anche con un nuovo incarico per Po, quello di Maestro. Succeduto a Shifu, sempre alla ricerca della propria pace interiore, Po si troverà non più al comando, ma alla guida dei Cinque Cicloni, con risultati a dir poco disastrosi. Triste per il proprio fallimento, ed in cerca di un proprio posto nel mondo, Po non sarà sconvolto dolo dall’arrivo di Kai, ma da un più gioioso ritrovamento che pareva impossibile: quello del suo vero padre, il panda Li Chan, misteriosamente arrivato nella Valle proprio alla ricerca di suo figlio.

Se voglio dominare me stesso, devo prima accettare me stesso; procedendo d’accordo e non contro la mia natura.

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La prima cosa che salta all’occhio i Kung Fu Panda 3, prima ancora delle sue ottime doti di intrattenimento, è la ricchezza della sua resa visiva, tale che le già bellissime animazioni sono oggi più che mai impreziosite da effetti luminosi e trovate artistiche che, ripescando appieno dall’iconografia cinese e giapponese, calzano al film come un nuovo e ammirevole vestito. La cosa è evidente sin da subito, quando nei primi minuti il bellissimo combattimento “introduttivo” corteggia i sensi dello spettatore con un impareggiabile spettacolo visivo. Dreamworks, in effetti, ha deciso di rivolgersi ad un gran numero di consulenti orientali per la sua produzione e, sebbene non ci sia stato (pare) alcun investimento sul fronte cinese, Kung Fu Panda 3 è – di fatto – il primo film della compagnia sviluppato a braccetto con la Cina e la cosa, francamente, si vede. Seppur la serie fosse già ricca di vaghi riferimenti alla cultura orientale, Kung Fu Panda 3 è un film più che mai ricco di rimandi alla cultura ed alla filosofia cinese da cui prende in prestito anche lo stesso concetto di Chi, a dir poco fondamentale per la trama, e qui finemente utilizzato anche a favore della comprensione dei più piccini in sala. Questo perché, come si diceva, Kung fu Panda 3 è su tutto un ottimo film di intrattenimento, con un ritmo ben cadenzato e mai noioso, spesso intramezzato da spettacolari combattimenti a colpi di kung fu, ma anche da trovate della sceneggiatura decisamente più mature sebbene, è il caso di dirlo, non pienamente sviluppate. Il rapporto di Po con due padri, l’originale astio tra i due genitori, le difficile meccaniche che tra i tre vanno instaurandosi nel film, sono un argomento di per sé complesso, ed anche decisamente sensibile se si pensa al particolarissimo periodo in cui il film arriva in sala. Il film sceglie tuttavia di non barcamenarsi troppo in facili moralismi, scegliendo semplicemente di parlare del rapporto genitore-figlio, senza che l’idea di due padri sia troppo d’intralcio per lo spettatore.

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Il film, insomma, tratta il tutto molto delicatamente, senza alcuna pretesa di complessità e, purtroppo, senza neanche approfondire troppo la questione. Per fare un confronto immediato, siamo ad esempio molto distanti dalla politica attuata con Zootropolis/Zootopia, che sceglie invece di marcare molto l’aspetto “morale” della sua trama lasciando allo spettatore un messaggio su cui riflettere ben oltre l’uscita dalla sala. Agli antipodi, Kung Fu Panda 3 si propone invece come un film molto più schietto, dedicato squisitamente all’intrattenimento del pubblico, e con una trama (ed una morale) che servono unicamente al film, lasciando sicuramente un qualcosa di più immediato ma di certo meno durevole rispetto al succitato campione Disney. Il film è comunque avvincente e godibilissimo, giocoforza la simpatia dei suoi personaggi, ormai autentiche icone per gli spettatori di tutte le età, nonché il già citato profilo tecnico e artistico che rende la produzione all’altezza delle aspettative e della concorrenza.