Chiacchiere e distintivi, siete solo chiacchiere e distintivi!

Sembra passata una mezza eternità, eppure L.A. Noire non è poi così vecchio come si penserebbe. Uscito nel 2011 dopo una gestazione lunga e travagliata, fu un gioco che spaccò la critica tra chi ne osannò i pregi e chi irrimediabilmente lo punì per i suoi numerosi difetti. Eppure, ad oggi, pur guardandolo con un occhio quasi affaticato da quella arretratezza tecnica che pare quasi preistorica, non si può che rimanerne in qualche formula affascinati.

Ad L.A Noire dobbiamo i passi in avanti fatti nel campo della motion capture e, in particolare, della face capture, che per la prima volta in un videogame donò al gioco un realismo quasi inimmaginabile per l’epoca. E fa specie che la parola “epoca” si rifaccia a soli 6 anni fa, a testimoniare che di evoluzioni tecniche ce ne sono state non poche in meno di una decade, al contrario di chi creda che lo sviluppo sia ormai fermo ai tempi di TES: Oblivion o giù di lì. Come sia sia, L.A. Noire finì in mezzo ad una bufera mediatica notevole. Prescindendo dai meriti/demeriti tecnici, il titolo fu praticamente l’unico e ultimo ad essere sviluppato da Team Bondi, disorganizzato gruppo australiano, fondato da Brendan McNamara, ex London Studio (Sony) e ampiamente foraggiato da Rockstar Games che tanto ne apprezzò le capacità tecniche e le idee da optare per un inglobamento e nella trasformazione in una ipotetica Rockstar Sidney.

Ma L.A. Noire non fu quel successo che ci si aspettava, e nonostante le comunque buone vendite, e persino la proclamazione di una sorta di sequel spirituale, (il chiacchieratissimo Whore of the Orient, annunciato e defunto nell’arco di un paio d’anni ed i cui diritti, probabilmente, sono a prendere polvere in qualche cassetto di Rockstar Games), Bondi semplicemente chiuse, nel mezzo di un polverone di licenziamenti e allontanamenti le cui tracce sono ancora disperse per la rete. L.A. Noire ha quindi su di sé una serie di fardelli pre e post lancio tali da essere a suo modo un cult, una di quelle storie attorno cui si crea un certo fervore di voci. Un titolo sfortunato in tutti i sensi che oggi, per qualche motivo, torna sulle nostre console in salsa next gen e con un prezzo assolutamente competitivo.

 

Ambientato nella Los Angeles degli anni ’40, la cui ricostruzione è, per altro, molto fedele e realistica tanto nei luoghi quanto negli scorci, L.A. Noire è un lungo racconto di investigazione, la cui trama incederà per circa una ventina d’ore assieme alla carriera del poliziotto Cole Phelps, ex encomiato dei Marines, e genio dell’investigazione dalla mente particolarmente fina. Phelps (e noi con lui) farà quindi carriera per le strade di L.A., passando da poliziotto di quartiere sino ai massimi vertici investigativi del dipartimento, dipanando una storia personale attraverso un racconto molto soft, intramezzato da quelli che sono i veri protagonisti del gioco: i casi investigativi, ben 26 con varie piccole scaramucce urbane a fare da missioni secondarie sulla vasta mappa di Los Angeles.

L.A. Noire non è però GTA, non ha le velleità né la magnificenza dell’opera magna di Rockstar, è più un ibrido. Un connubio tra la filosofia di un free roaming (ma praticamente privo di qualunque velleità del genere) e un titolo investigativo puro, marginalmente derivato dalle più classiche meccaniche punta & clicca. In quest’ottica è un qualcosa di veramente unico, per altro molto godibile e ben scritto, ma che ieri come oggi fu penalizzato da una certa ripetitività, complice la quasi inutilità di una mappa tanto vasta, annessa ad alcuni risvolti nelle investigazioni che a volte sembravano più bisognosi di una buona botta di culo che di altro. In linea di massima resta comunque un gran gioco, e se avete un pallino per la letteratura o il cinema di genere, se insomma vi sono piaciute opere come Lo Sconosciuto del terzo piano di Ingster, la Dalia Nera di James Ellroy o qualunque cosa dal pugno di Dashiell Hammett, allora fidatevi: passerete sopra a molte cose scoprendo un titolo praticamente miliare e, per moltissimi aspetti, unico e “diverso”.

Dunque, per il ragionevole prezzo di 39,99 euro, L.A Noire approda tanto su Xbox One quanto PlayStation 4, nonché su Switch dove tuttavia il pacchetto verrà offerto a circa 10 euro in più, probabilmente a causa del supporto diverso della console. O forse no, vallo a sapere. Come sia sia vi porterete a casa il titolo originale più tutti i DLC che, inseriti automaticamente all’interno della storia (e dunque proposti come casi perfettamente incollati ai progressi di carriera di Cole) vi offriranno circa 5 o 6 ore di gioco aggiuntive, ovviamente a seconda di quanto siate abili al Cluedo. Al tutto Rockstar ha poi aggiunto un supporto 4K/HDR a 30 fps e, almeno in linea teorica, una messa a punto di texture, illuminazione e particellari. Dove siano i miglioramenti non è dato sapere, e la sensazione di massima è che L.A. Noire sia più simile che mai alla sua controparte originale, lasciando un certo senso di delusione in chi si aspettava un lavoro quanto meno al pari di quello fatto con GTA V.

A sbirciare bene è evidente che vestiari, superfici metalliche, modelli e quant’altro siano in effetti stati rivisti in termini di texturizzazione, ma il lavoro altalenante conferisce al tutto un aspetto molto datato, complice quella che era una ricostruzione storica accuratissima ma priva di fronzoli in cui la particolare scelta di filtri e palette cromatiche, atti a restituire quasi un aspetto d’epoca, non fa che desaturare il senso di maestosità e meraviglia. Insomma L.A. Noire di oggi è molto simile all’L.A. Noire di ieri, che è quasi un’ovvietà visto che si tratta dello stesso gioco, ma forse non è poi così scontato.
Un peccato, perché nonostante non ci aspettasse grandi aggiunte, se si considera il lavoro tecnico non proprio esaltante, avremmo quanto meno apprezzato qualche novità, che fosse stata anche una gallery, un documentario o qualche video di making off. L.A. Noire nelle sue nuove vesti, invece, si sforza proprio il minimo sindacabile e non offre altro che l’ormai “classica” modalità fotografica (attivabile con la pressione di entrambi gli analogici), a cui sono annessi filtri e cornici varie e solo due nuovi trofei. Il gioco è, per inciso, bello ricco di trofei, avendo anche un set apposito per ogni DLC, ma l’aggiunta di soli due blocchi dedicati, per altro legati a due set di nuovi collezionabili (i dischi in vinile e i libri) di una decina di pezzi l’uno, non è proprio il massimo della vita, e non fa che sottolineare nella nostra testa, l’idea di una remastered messa su un po’ al risparmio.

Per fortuna il core della costruzione tecnica, ovvero le espressioni facciali ottenute con un certosino lavoro di motion capture, non sono invecchiate particolarmente male ed anzi, fanno egregiamente il loro lavoro, atto per lo più a capire, scrutare o anche solo percepire le emozioni dei nostri interlocutori durante i numerosissimi interrogatori. Ovviamente guardare le espressioni di L.A: Noire oggi fa quasi tenerezza se si considerano i progressi raggiunti con la stragrande maggioranza degli engine sul mercato, nonché con certi titoli della presente come della scorsa generazione (pensate ad esempio a God of War 3, vero e proprio canto del cigno tecnico di PS3), ma quel che sorprende è la funzionalità della recitazione, tale da trasformare il titolo in una sorta di lunghissima opera teatrale i cui attori, pur essendo ormai bruttini e arretrati, sono ancora e per sempre perfettamente in ruolo. Essendo tutto ciò parte di una precisa meccanica di gameplay, e non avendo praticamente rivali in questo senso, non c’è altro da fare se non celebrare il traguardo tecnico di Team Bondi, capace ancora oggi di perdurare nel tempo, nonostante i già discussi progressi del settore.

Purtroppo però ci fermiamo qui. Il resto dell’esperienza rimasterizzata è per lo più fumo negli occhi e non c’è davvero alcun motivo per gioire se non la corposa aggiunta dei DLC, all’epoca non un cliché consolidato come oggi e, proprio per questo, lontani dai pensieri di moltissimi utenti. Neanche l’HDR riesce a dare un qualche piglio tecnico a questa sciatta rimasterizzazione, tanto che i colori tenui e, per l’appunto “noire” del gioco originale, finiscono per essere del tutto sputtanati dall’intervallo dinamico, con il risultato di colori che sono sparati oltre misura, o scuri quanto non mai, affossando la già non rosea idea che avevamo del “miglioramento” tecnico. In chiusura segnaliamo un effetto pop up sui palazzi praticamente ereditato dalla versione originale, e qualche sporadico problema di caricamento delle texture che per una remastered non è comunque mai auspicabile.

l.a. noire

Verdetto:

Prima di lasciarci al verdetto chiariamo una cosa. L.A. Noire è un gioco che ha fatto scuola dal punto di vista tecnico e resta un vero e proprio cult. Il voto che qui si intende è quello della rimasterizzazione, non proprio lusinghiera in termini di quello che si poteva fare (e che Rockstar ha fatto per il suo GTA V). Oltre questo giudizio parliamo di un gioco che ambisce senza mezze misure ai voti migliori di qualunque classifica. Proprio per questo, se non avete mai giocato L.A. Noire, complice la scarsa facilità con cui lo si può reperire, allora considerate questo giudizio da 8 pieno e correte a comprarlo. Se invece ci avete già giocato e magari ancora lo possedete, statene alla larga. Questa rimasterizzazione è un caso da archiviare.