Ottant’anni fa la trasmissione radiofonica di Orson Welles cambiò il modo di percepire le notizie, ma davvero scatenò il panico?

Sappiamo oggi che la Terra, nei primi anni del secolo XX, cominciò a essere strettamente sorvegliata da un altro pianeta. […] Da rive troppo lontane perché noi potessimo scorgervi nulla, esseri dal vasto e freddo intelletto preparavano lentamente i loro piani contro di noi, per venire a prendere il nostro posto. Nel trentanovesimo anno del nostro secolo, questi piani erano pronti. Fu verso la fine d’ottobre. […] Si calcola che in America, quella particolare sera del 30 ottobre, trentadue milioni di persone stessero ascoltando la radio…

Così si aprì, alle ore 20:00 EDT del 30 ottobre 1938, sulle frequenze della CBS la trasmissione radiofonica conosciuta come The Mercury Theatre on the Air dedicata alla trasposizione del classico di H.G. Wells La guerra dei mondi. La voce profonda e autorevole del ventitreenne Orson Welles guidò gli ascoltatori in una giostra senza soste di breaking news e bollettini dal campo per documentare la prima invasione marziana nello stato di New York, un’ora di radio che ha segnato la storia e che è rimasta nell’immaginario collettivo come evento in grado di scatenare il panico nelle masse per mezzo di notizie false, un tema più che mai legato alla nostra contemporaneità. Ma quanto c’è di vero, dietro questa leggendaria isteria collettiva che sembra aver toccato gli Stati Uniti d’America in quella vigilia di Halloween?

Nel 2005, grazie a una donazione, l’Università del Michigan acquisisce centinaia di lettere ricevute da Welles nei giorni immediatamente successivi alla trasmissione de La guerra dei mondi; sono lettere scritte dagli ascoltatori, un buono spaccato della società americana dell’epoca: alcune leggermente sgrammaticate, altre ammantate di sofisticazioni, ce ne sono di minacciose, di comprensive, di entusiaste e, alcune, che raccontano quasi in diretta la paura provata durante l’ascolto e il sollievo sopraggiunto una volta scoperto che si trattava di un radiodramma e non di vere notizie. Ciò che traspare da ogni lettera è la capacità della trasmissione di infiammare gli animi del pubblico, provocando reazioni comprese nell’intervallo tra furia isterica e isterici elogi.

Ma come riscontrato dallo scrittore e studioso A.Brad Schwartz nel suo saggio Broadcast Hysteria: Orson Welles’s War of the worlds and the art of fake news, sembra che la vera bufala dietro questo evento sia proprio la reazione – diventata con il passare del tempo leggendaria – del pubblico dell’epoca, gonfiata a partire dal giorno successivo, dalla stampa e dal passaparola.

Negli anni ‘30 del secolo scorso, le radio erano il futuro: grazie al nuovo medium le notizie volavano da una parte all’altra dell’europa e la copertura pressoché in diretta di tragedie nazionali come il rapimento Lindbergh e il disastro dello zeppelin Hindenburg aveva abituato gli ascoltatori a rivolgersi al loro apparecchio domestico per restare aggiornati in tempo reale come mai era stato possibile con i quotidiani. Questa estrema fiducia veniva però vista con sospetto da alcuni, come il teologo e giallista britannico Ronald Arbuthnott Knox, coniatore del termine broadcastmindedness, l’abitudine di appropriarsi di pensieri preconfezionati e standardizzati anziché costruirsene di propri: per Knox la radio era un forte deterrente al pensiero critico, opinione applicabile a qualsiasi mezzo di informazione offra al fruitore opinioni premasticate anziché limitarsi a fornire le informazioni scevre da giudizi. Per questo motivo, nel 1926, lo scrittore decise di prendersi gioco del pubblico con il primo programma satirico a sfruttare le fake news: Broadcasting the Barricades parodiò i notiziari della British Broadcasting Company con attenzione maniacale, facendo credere agli ascoltatori che una folla inferocita si stesse facendo strada verso la sede londinese della BBC, bruciando palazzi e hotel al loro passaggio. Nonostante l’annuncio iniziale che rassicurava il pubblico sulla natura finzionale del dramma, molti ascoltatori telefonarono alla BBC e alle redazioni dei quotidiani in cerca di conferme. Nel momento del dubbio, la rezione razionale fu quella di cercare informazioni laddove si era abituati a trovarle.

La stessa dinamica si presentò la notte del 30 ottobre 1938: nonostante la natura romanzesca della trasmissione fosse stata rimarcata più volte durante l’ora, molti ascoltatori, sintonizzatisi sulla CBS dopo l’inizio della stessa, si trovarono travolti da un flusso di informazioni emesse troppo velocemente per potersi fermare a riflettere e senza la possibilità di tornare indietro per riascoltare ciò che non avevano colto. A causa della natura effimera delle parole, infatti, possiamo subito sfatare il mito che una larga fetta della popolazione americana credette, quella sera, che i marziani fossero veramente atterrati a Grover’s Mill, New Jersey; sentendo parlare di un attacco e di nubi di gas tossiche, infatti, il pensiero di molti ascoltatori volò subito alle truppe tedesche: era passato poco più di un mese dalla crisi cecoslovacca che aveva portato l’Europa sull’orlo della seconda guerra mondiale e la paura di un attacco improvviso era diffusa e condivisibile.

Quello che accadde durante e immediatamente dopo la trasmissione ha fin da subito assunto i contorni di un’esagerata caccia alle streghe: appena usciti dal palazzo della CBS, Welles e il suo produttore, John Houseman, furono assaliti da un capannello di giornalisti in cerca di risposte a domande che implicavano, senza alcuna base, che la trasmissione avesse fatto tante vittime quanto una piccola guerra, riportando voci non confermate (ma spacciate per verità) di incidenti stradali e suicidi mai avvenuti in realtà.

La confusione aumentò nei giorni successivi, con una particolare fraintendimento di genere: attaccandosi alla parola isteria, termine da sempre usato per il sesso femminile (non a caso deriva dal greco hystera, ovvero utero), molti reporter diedero per scontato che gran parte del panico fosse stato causato da donne spaventate, riempiendo i vuoti di informazione con particolari totalmente inventati, giacché nessuna fonte conferma questa prevalenza femminile. Quello che i giornalisti fecero fu trasmettere convinzioni pregiudiziali al pubblico semplificando eccessivamente i fatti, trasformando un evento complesso e sfaccettato in una falsa narrazione di un fenomeno di panico di massa su scala nazionale, creando, di fatto, le uniche vere fake news riguardanti La guerra dei mondi.

Di tutte le persone che scrissero alla radio, o a Welles personalmente, nei giorni successivi, ben poche dichiararono di aver creduto tout court di essere in pericolo, molti invece, affermano di aver telefonato alle forze dell’ordine, o alla radio, per chiedere conferma di ciò che avevano appena ascoltato. La questione interessante, e attuale, dell’isteria de La guerra dei mondi è stata espressa nell’ottobre del 1939 dal sociologo statunitense Paul Felix Lazarsfeld, in una nota diretta al suo collaboratore Hadley Cantril, autore del controverso saggio del 1940 The Invasion from Mars, a Study in the Psychology of Panic. Lazarsfeld sostiene che l’aspetto più interessante è il fatto che, spaventandosi, le persone non fossero in grado, o non volessero, controllare se quelle informazioni fossero vere o meno. […] Possiamo sostenere che il vero pericolo non sia dato dal credere in qualcosa, ma dal non controllare se ciò sia vero.

Nonostante le riflessioni del suo mentore, Cantril decise di non porsi questa domanda, convinto della validità della teoria ipodermica che, riprendendo quasi il concetto di broadcastmindedness, sostiene l’esistenza di una risposta umana innata a determinati stimoli che, sfruttati dai media, possono bypassare l’intelletto degli utenti, parlando loro a un più basilare livello primitivo e rendendoli sensibili a qualsiasi tipo di propaganda. Convinto della sua visione del mondo, Cantril stesso rimase vittima dei suoi bias e oggi molti dei punti del suo saggio sono stati invalidati dalle fonti a nostra disposizione, mentre alcune tematiche, come quella della propaganda, dovrebbero essere aggiornate e integrate con concetti a noi tristemente noti come la targettizzazione del contenuto e la bolla di filtraggio (grazie a social media è oggi più facile che mai manipolare l’opinione di una persona presentandogli contenuti che non fanno altro che rafforzare la loro idea preesistente su quell’argomento).

Molte delle persone che si sono convinte della veridicità di ciò che avevano appena sentito alla radio sono state inoltre influenzate dalle persone intorno a loro: convinti che le paure insite dentro di loro avessero preso vita, questi opinion leader hanno recepito quelle parole come la conferma dei loro timori, un attacco tedesco o la fine del mondo, influenzando la visione delle persone intorno a loro con la loro interpretazione dei fatti, che allontanandosi sempre di più dalla fonte, diventava volta volta più credibile.

Questa dinamica non è diversa da quella che genera le fake news odierne: una fotografia presa fuori contesto ma che conferma un nostro giudizio, il racconto di una persona che noi consideriamo meritevole della nostra fiducia, ciò che è successo all’amico di una persona cara, hanno lo stesso valore di una notizia ufficiale, se non addirittura una credibilità maggiore; la differenza, rispetto al 1938, sta nel fatto che Internet, che così velocemente permettere di diffondere queste informazioni, dovrebbe anche essere il nostro più grande alleato nella ricerca della veridicità di ciò che stiamo guardando, o leggendo. Come scrive Schwartz Con solo 140 [ora 280 ndr.] caratteri, un tweet è più conciso di giornale radio e ancora più facile da condividere. Nel 1938, gli ascoltatori dovevano prendere il telefono o correre alla porta accanto per diffondere la notizia dell’invasione marziana; adesso possono soddisfare lo stesso bisogno con un singolo click. […] ma la tecnologia che diffonde notizie false rende anche possibile verificare la storia in tempo zero.

 

Il motivo per cui La guerra dei mondi di Orson Welles è entrata così a fondo nella cultura popolare, venendo anche citata nel primo volume di Batman del 1940, è la sua capacità di far dubitare chiunque del proprio giudizio, ma anche la persistenza delle dicerie che a distanza di qualche generazione da quella che ha effettivamente avuto la possibilità di vivere quell’esperienza, ancora ci fa additare una trasmissione radiofonica tutto sommato innocua come colpevole di suicidi di massa e caos nazionale. Un caso che fa riflettere, oggi che più che mai abbiamo sulla punta delle nostre dita più informazioni di quante siano state accessibili a chi ci ha preceduto. Sta a noi, tuttavia, renderne sensato il loro utilizzo, cercando di non ripetere le follie del passato, pur senza arrivare agli estremi proposti da Edgar Allan Poe di non credere a niente di quello che senti e solo a metà di quello che vedi, ma sviluppando un senso critico che è non solo un bisogno personale, ma un dovere sociale e civile, per non credere a ogni marziano che troviamo sulla nostra strada.

 

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.