Cose accade quando il genio creativo di un mangaka di livello, come Gou Tanabe, incontra il mondo infinito, onirico e terrificante di H.P. Lovecraft?
Semplicemente nasce un’opera degna di tale nome.

Tanabe, fortemente influenzato dai racconti del “solitario di Provicende”, ha più volte deciso di dar vita alle pagine dei racconti di H.P.L., inchiostrando tavole con i racconti come Il colore venuto dallo spazio e Il mastino e altre storie.
Questa volta ritorna con due capolavori che portano la firma di Lovecraft, quali Dagon e L’abitatore del buio, provando, e riuscendovi, a trasportarci in un mondo posto sul baratro della follia.

Certo, non è la prima volta che il lavoro di mangaka abbraccia la cultura letteraria occidentale, ma non sempre abbiamo avuto dei risultati degni di nota, essendo spesso troppo distanti dal messaggio iniziale partorito dagli autori originari, ed incapaci di poter dare vita a personaggi divenuti colonne portanti della letteratura.
Questa volta, invece, siamo di fronte ad un’opera che riesce a rendere onore al lavoro eccezionale realizzato dal maestro del terrore proprio in una data speciale.

Nell’80° anniversario della morte dello scrittore di Providence, la J-Pop ha deciso di portare nelle nostre scrivanie il giusto omaggio al grande artista americano, proponendoci due delle sue più celebri opere facenti parte de I cicli di Cthulhu.
Tanabe, infatti, da grandissimo estimatore di Lovecraft, tanto da omaggiarlo a fine manga con “colgo l’occasione per esprimere tutto il mio rispetto, la mia sottomissione e la mia gratitudine a Lovecraft e ai suoi estimatori” ci dimostra del fatto che se in un’opera ci si cimenta un cultore del genere sarà difficile fallire nell’intento.

Le tavole del mangaka, ricchissime di nero, volto sempre ad indicare l’infinità degli spazi dai quali proviene l’ignoto nemico (tematica fortemente presente, e quasi fondante, dell’immaginario americano), sono perfette per rendere vive le creature di H.P.L., permettendoci di entrare in questi terrificanti universi.
Il tratto deciso e ricco di dettagli è perfetto per dare alla luce, o, in questo caso, alle tenebre, Dagon e la creatura manifestazione di Nyarlathotep racchiusa nel Trapezoedro, e per far trasparire alla perfezione, sui volti dei protagonisti vari, il terrore provato dinnanzi a simili mostruosità.
Tavole degne di poter narrare e trasporre la paura, la follia, la vastità dell’oscuro ed ignoto abisso spaziale e temporale che ingoia inesorabilmente l’anima e la mente degli inermi esseri umani.
Pagine che riescono a dare una continuità narrativa importante, rendendo lo sviluppo delle trame originali fluido e incessante, aumentando sempre di più il ritmo sul finale, toccando il picco nell’attimo decisivo di confronto tra l’essere umano e l’incarnazione del male.

L’unico problema lo si può riscontrare nel primo racconto, ovvero Dagon, il quale è stato, originariamente, l’inizio de I cicli di Cthulhu, e che purtroppo non riesce a trasmettere alla perfezione, in questo caso, sul finire della storia, le stesse emozioni ed inquietudini trasmesse dall’originale.
Purtroppo i vaneggiamenti dell’ex naufrago, e la sua costante paranoia non viene proposta con la stessa dose di pathos che la caratterizzava originariamente, offrendoci, alla fine dei giochi, un riadattamento di elevata fattura, senza alcun dubbio, ma privo di quel gusto in più che contraddistingue la narrazione primaria.

Tutt’altro accade per le tavole che narrano la sventurata storia dello scrittore e pittore Robert Blake, nonché alterego del realmente esistito scrittore Robert Bloch, amico di Lovecraft, e volutamente omaggiato in questo simpatico gioco di penne.
Tanabe riesce ad esprimere alla perfezione la follia ed il disagio intrinseco di Blake, il crescendo di emozioni e timori provati dall’artista.
Il mangaka imprime una tale forza alle tavole che vedono protagoniste le sequenze di black-out, a tal punto che lo stesso Maestro di Providence avrebbe apprezzato.
In questo caso, il picco massimo, sotto il profilo artistico, senza alcun dubbio, ci viene offerto dalla sequenza che vede per la prima volta l’apparizione del gigantesco Nyarlathotep, vera delizia per gli occhi.

Verdetto

Gou Tanabe, in collaborazione con J-Pop, omaggia il genio di H.P. Lovecraft ricreando, in versione manga, due dei suoi più celebri romanzi brevi.
Il lavoro svolto dall’artista giapponese è più che lodevole, sia per la fattura del risultato finale, sia per il lavoro svolto, pregno dell’ammirazione provata nei confronti del Maestro del terrore.
Le tavole di Tanabe riescono in toto a dar vita all’orrore originario nato dalla penna del solitario di Providence, proponendoci delle sequenze inondate dal nero più puro, capace di farci immergere nell’immenso ed oscuro oblio universale governato da Chaos, follia ed orrore.
Peccato per l’atto conclusivo di Dagon, il quale non riesce a donarci le stesse emozioni provate leggendo i racconti originari, cosa che accade, invece, a L’abitatore del buio, dove l’orrore è decisamente tangibile.
Tanabe, in sostanza, dopo i suoi precedenti lavori volti sempre a dar vita ai romanzi di Lovecraft, torna in grande spolvero, proponendoci un lavoro di eccezionale fattura.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.