Ciao Lorenzo, innanzitutto una domanda un po’ particolare. Perché questo nome (LRNZ)?

La verità è che c’è un enorme gigantesco equivoco. Per me è una soluzione grafica e non è mai stato pensato per essere pronunciato, francamente. Era il modo più semplice graficamente per avere il minor numero di lettere in firma.

Golem recentemente ti ha permesso di vincere a Treviso il premio come miglior disegnatore italiano, te lo aspettavi tutto questo successo?

No, Golem è stata una vera odissea dal punto di vista produttivo e l’idea di averlo stampato tra le mani era l’unica cosa che effettivamente mi premeva. Anche la nomination al Micheluzzi è stata una roba completamente fuori programma e una notizia meravigliosa che rappresenta per me un riconoscimento enorme. Per quel che riguarda il premio di miglior disegnatore, mi permetto di dire che nonostante lo onorerò sempre, ed è un motivo di orgoglio totale, devo dire che come me ce ne erano tantissimi di artisti meritevoli. Sono cose che hanno un valore emotivo personale e non li prenderei come parametro obiettivo di valutazione.

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Anche Astrogamma ha avuto una genesi abbastanza lunga. Hai detto una volta che  “un artista non deve mai essere soddisfatto completamente del proprio lavoro per migliorarsi”. Pensi che Astrogamma possa rappresentare una sintesi abbastanza definita del tuo stile per il quale essere soddisfatti?

Astrogamma in realtà è nato prima di Golem, nel 2006, e infatti ho cercato di ridisegnare le prime tavole, un terzo del libro più qualche insert qui e lì perché non ero troppo soddisfatto del lavoro fatto tempo fa. Io vedo tantissimi disegnatori che sono felici di quello che fanno perché si vede che amano ripetersi dal punto di vista grafico, insomma, se li vedi li riconosci. Per quel che mi riguarda francamente, non c’è una cosa che faccio che dopo 5 minuti non mi faccia schifo, quindi capite come possa essere riprendere una cosa fatta cosi tanto tempo fa. Sono uno un po’ tormentato da questo punto di vista, cambio in continuazione perché voglio trovare un modo migliore di fare le cose. Astrogamma, che era un libro del 2006, ovviamente offriva diversi spunti di miglioramento, quindi ho ridisegnato la prima parte, però l’ho fatto stando attento a non andare oltre quello che ho fatto nella seconda parte del libro, che era comunque del 2009/2010. Quindi diciamo che Astrogamma è una specie di operazione di restauro, più che la ricerca di un limite. Per me dal punto di vista fumettistico la cosa che assomiglia di più a un limite è Golem, e se lo rileggo adesso chiaramente vorrei migliorarlo tantissimo per cui sì, non si è mai soddisfatti.

Si vede infatti che hai esigenze stilistiche sempre diverse osservando le differenze tra Golem e Astrogamma: hanno due tratti molto diversi e non solo, anche il colore, presente in uno e assente nell’altro, denota un cambio di registro evidente.

La tecnica in bianco e nero di Astrogamma ha una radice ben precisa, al di là del fatto che usciva a puntate su Hobby Comics che era una rivista in bianco e nero e quindi dovevo rispettarne i limiti, mi sono mosso in una direzione, quella dello studio del fumetto giapponese, nella maniera più radicale possibile. Nella primissima versione utilizzavo i retini fisici e digitali, ma li ho sostituiti tutti quanti con dei grigi perché per quello che mi riguardava era un limite tecnico che non volevo impormi necessariamente, cercando di capire qual’era l’essenza reale dei grigi nel manga, piuttosto che attaccarmi in maniera pedante ad una tecnica che comunque ha 30 anni e magari si può anche evolvere in qualcos’altro. È uno spostamento minimo dalla tradizione, volevo utilizzare il grigio piatto piuttosto che il retino. Quindi l’utilizzo del segno grafico bianco e nero è il frutto di un momento di studio particolare del manga che stavo facendo all’epoca e i limiti tecnici su cui è uscito originariamente.

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Sappiamo del tuo coinvolgimento diretto negli USA per l’adattamento cinematografico di Monolith, fumetto Bonelli in cui figuri tra gli autori, e sappiamo anche che non puoi dirci molto in questa sede. Perciò rimarremo sul generico… Come è stato rapportarti con il mondo del cinema?

Io sono partito con la forte coscienza di non sapere fare nulla e di essere un impedito in qualunque cosa. Ho lavorato con delle persone di una tale qualità per cui se prima ero convinto di questa cosa, adesso la posso firmare con il sangue. Collaborare con delle persone dalla bravura completamente fuori scala come in questa occasione, è stato bellissimo. Ho imparato un sacco di roba.

Tu sei anche videogiocatore. Quali sono i tuoi videogiochi preferiti da cui magari -perché no- trai anche ispirazione stilistica?

Spunti grafici quanti te ne pare, ci sono stati degli artisti che a me hanno distrutto il cervello, in particolare io cito sempre il duo Akiman, CRMK/Bengus che sono stati i disegnatori di Capcom nel periodo d’oro di Street Fighter Alpha 2, Rival School ecc. Cosi come sono un figlio d’arte totale del periodo Psygnosis su Amiga, fine anni 80′ e 90′. Come gameplay sono un fan di Another Word,  Limbo di Dino Patti e Fez di Phil Fish, amo alla follia Fumito Ueda con i suoi Shadow of The Colossus e ICO e sono uno di quelli che non perderà mai la speranza per The Last Guardian. Sono un giocatore impedito ma assiduissimo di picchiaduro, ora sto giocando a Street Fighter 4 e mi sto dedicando a Makoto, che spero di ritrovare anche nel quinto capitolo della serie, magari in un secondo momento grazie ai DLC.

A cura di Davide Salvadori e Gabriele Atero di Biase