“Tre anni dietro quelle mura cercando di evadere e ora cerchiamo di tornare indietro”

Ha fatto appassionare milioni di spettatori in tutto il mondo, diventando una delle saghe cinematografiche distopiche, e letterarie, più amate dai giovani, e quest’anno torna per l’ultimo capitolo della sua mirabolante storia: Maze Runner – La Rivelazione.

Wes Ball è di nuovo alla regia della creatura nata dalla mente dello scrittore americano James Dashner, offrendoci nuovamente (il 1° Febbraio nelle sale italiane), una storia altamente action, con contaminazioni futuristiche ed apocalittiche, ed il suo giovanissimo cast.


L’ultimo capitolo della saga di Maze Runner è, sostanzialmente, un film che verrà amato alla follia da parte di tutti coloro i quali si sono appassionati in questi anni alle avventure di Thomas e del suo gruppo di sopravvissuti.
Un atto conclusivo che deve dare tante risposte alle innumerevoli domande poste nelle prime due pellicole, e che, a causa di ciò, necessita di 2 ore e 30 di proiezione per poter snocciolare a fondo tutti i temi toccati in questi anni.
Il ritmo, che è battente quanto un martello pneumatico, permette di non avere quasi mai un attimo di tregua, facendo classificare la pellicola nel puro genere action, visti i conflitti a fuoco, gli inseguimenti e i tanti scontri.
Conflitti avvincenti, mai confusionari, sempre facilmente leggibili dallo spettatore in sala (e fallire in questo è un rischio nel quale ci si può incappare facilmente, quando c’è di mezzo tanta azione e tanti effetti speciali), finendo per offrire un prodotto di grande intrattenimento visivo.


Tutto ciò viene peraltro affrontato in maniera molto matura da parte di un cast giovanissimo, che ci regala delle interpretazioni efficaci, in primis quella della star di Skins, Kaya Scodelario, che appare una spanna sopra a tutti gli altri ragazzi apparsi sulla pellicola.
Il rapporto nato tra il suo personaggio e quello di Dylan O’Brien è senza dubbio uno dei motori portanti dell’intera opera, risultando fortemente centrale, se non fondamentale, per lo sviluppo di tutto lo script.
La componente teen, quindi, riesce ad ottenere una discreta sufficienza, superando con maturità lo scoglio di dover affrontare una saga che per disparati versi era divenuta più impegnativa di quanto necessitasse.

Purtroppo la grande pecca di Maze Runner è indubbiamente l’aver voluto inserire così tanti temi e così tanti elementi nel secondo capitolo della saga, che hanno compromesso, in parte, la buona riuscita del capitolo finale, il quale ha il difetto di risultare “raffazzonato” in più riprese.
Un problema che si nota ogni qual volta si tenta di dare una risposta ad un mistero del passato e ad un problema riscontrato durante lo sviluppo dei fatti, è questo difetto verrà di certo riscontrato sia da chi è meno affine a questa saga cinematografica, sia – e soprattutto – da chi ne è un appassionato.
Altro aspetto “non necessario” è la tipica piega da disaster movie che prende la pellicola verso la risoluzione finale, già anticipata ne La fuga, ma a tratti troppo marcata.

Ciò nonostante, l’ultimo capitolo di Maze Runner è un film più che godibile, una produzione dalle parti del blockbuster (il che non deve avere per forza di cose un’accezione negativo), ma qualitativamente più elevata, figlio di una regia che decide di premiare, oltre alle dinamiche action, anche quelle sociali e relazionali dei personaggi, i quali, dopo tre capitoli, sono stati caratterizzati più che degnamente.
La creatura di Ball in definitiva non incappa nella trappola di diventare un teen movie prettamente d’azione (viste le premesse) e, senza alcun dubbio, questo è un grande merito che va dato al regista.
maze runner la rivelazione recensione

Verdetto:


Maze Runner – La Rivelazione è il terzo ed ultimo capitolo di una delle saghe cinematografiche più interessanti degli ultimi anni.
Un mondo ambientato in un futuro distopico e post-apocalittico, capace di discostarsi e di riuscire a caratterizzarsi a tal punto da non dover vivere quotidianamente il paragone con quella sorta di competitor che è Hunger Games.
Un’opera che, nonostante l’età del cast, dimostra maturità, riuscendo a diventare un prodotto sì vicino al blockbuster, ma capace anche di trattare tematiche sociali affascinanti ed interessanti (tanto care al pubblico in questi anni).
Sugli scudi la Scodelario, che evidenzia, oltre alla sua bellezza, una maturità artistica nettamente superiore ai suoi compagni di viaggio.
Il ritmo durante tutto l’arco narrativo è incalzante e riesce ad interessare sempre lo spettatore (salvo in alcune battute finali), coadiuvato pure da effetti speciali di peso, che si sposano perfettamente al mondo trattato.
La regia di Ball è sostanzialmente buona, capace di intrattenere il pubblico appassionato o meno al genere, seppur diventi caotica in alcuni frangenti, e semplicistica in altri, per via di scelte passate che hanno voluto mettere un po’ troppa carne al fuoco in una pellicola che, già alle origini, sembrava ricca di contenuti interessanti.