Dall’altra parte del bancone

Ah, i giochi di ruolo hack and slash! Quel genere portato all’occhio del grande pubblico grazie al primo, magico Diablo. Basato su una routine tanto semplice quanto assuefacente, quella di acquistare equipaggiamenti ed armi sempre migliori per sconfiggere mostri sempre più potenti, recuperarne la refurtiva, venderla e ricominciare il ciclo acquistando nuovo equipaggiamento. La dura vita dell’avventuriero nei giochi, tra dungeon e boss è scandita da una figura importantissima, ma spesso lasciato in secondo piano: stiamo parlando del simpatico omino che gestisce i negozi dove tutti gli eroi tendono a rifocillarsi di pozioni, armature e armi di ogni sorta. Così ingiustamente dimenticato, nonostante l’incredibile servizio che offre ai giocatori.
E allora i baldi giovani di Digital Sun, prodotti dagli acclamati 11 bit Studios (studio polacco nato da una costola di CD Projekt, noto per indie di un certo spessore come This War of Mine e Frostpunk), si pongono la fatidica domanda: com’è giocare impersonando un anonimo gestore di un negozio dei videogame?

La doppia vita del negoziante nei GDR

Moonlighter mette il giocatore nei panni di Will, un giovanotto di belle speranze che eredita un negozietto nel piccolo villaggio di Rynoka, il “Moonlighter” del titolo, appunto.
Il gioco sembrerebbe svolgersi come un gestionale su scala ridotta. Si vendono oggetti di ogni tipo decidendone quantità e prezzo, tenendo conto la richiesta e l’umore del pubblico verso la mercanzia, la rarità e il possibile loro utilizzo da parte del giocatore, non sempre chiaro (a questo ci viene incontro una descrizione di poche righe per ogni oggetto). Il tutto condito da una grafica pixellosa che fa il verso alla palette dello SNES.

Ma perché, allora, abbiamo usato il condizionale? Perché il sogno del nostro Will non è mai stato quello di gestire un negozietto, bensì quello di diventare un avventuriero con tutti i crismi, come quelli dei GDR hack and slash. Così di notte, alla chiusura del suo negozio (sì, il gioco possiede un ciclo giorno/notte con tanto di calendario, regolato dal turno di lavoro e dalla possibilità di riposare a letto), e dopo le raccomandazioni del suo anziano tutore (con tanto di citazione a Zelda quando dona al giovane un’arma), Will s’inoltra all’interno di particolari portali poco fuori da Rynoka, che funzionano come vero e proprio hub per i dungeon del gioco. Ed è a questo punto che, colpo di scena, quello che sembrava essere un gestionale anche troppo sempliciotto diviene di botto un roguelike, con layer a difficoltà crescente, loot e boss di fine livello. Il titolo vive sostanzialmente di questa duale carriera di Will: da una parte si affrontano i misteriosi dungeon generati ogni volta in maniera casuale, affrontando orde di nemici di vario tipo, recuperando il loro loot e tornando sani e salvi in città grazie al potere di un braccialetto che ci teletrasporta comodamente poco fuori dal negozio, utilizzando qualche migliaio di monete, faticosamente risparmiate fino a quel momento. Dall’altra si prendono gli artefatti e gli oggetti recuperati e li si utilizza in due modi: creando equipaggiamenti migliori che ci aiuteranno in battaglia, oppure vendendoli al nostro negozio.

La parte del combattimento è gestita come un GDR roguelike vero e proprio: la grafica colorata e pixellosa ricorda particolarmente uno degli esponenti del sottogenere, The Binding of Isaac. I dungeon generati casualmente offrono un’esperienza sempre nuova, suddivisi in stanze collegate da porte ai quattro lati dello schermo che cambiano forma ogni volta che si decide di affrontare i dungeon, nei quali potremo orientarci utilizzando una minimappa che verrà svelata man mano che si procede in profondità. In questo frangente l’obiettivo del giocatore è quello di raccogliere materiali, oggetti utili e artefatti, ma soprattutto quello di raggiungere il termine del dungeon ed accedere al livello inferiore, nel quale saranno presenti avversari più potenti e, di conseguenza, un loot migliore in termini di rarità e quantità.

I parametri che regolano il giocatore in questo frangente di gioco sono i soliti tipici del genere, la forza e la difesa che stabiliscono rispettivamente quanti danni si infliggono ai nemici e quanti danni si riescono ad assorbire dai colpi avversari, o la barra della vita che mostra quanti colpi è possibile subire prima di morire. Ma la morte in Moonlighter non è permanente: quando la barra della vita verrà totalmente svuotata dagli avversari, il giocatore potrà decidere se ricominciare dall’inizio il dungeon, oppure venir teletrasportato in città. In entrambi i casi però il prezzo da pagare è perdere tutti gli oggetti raccolti fino a quel momento nello zainetto di Will, tranne pochi slot che consentiranno al giocatore di salvaguardare le poche cose più preziose anche dopo la morte.

Il nostro compito è impedire che questo avvenga, utilizzando vari strumenti di offesa e difesa. Si partirà con una spada ed uno scudo, utilizzati, come per tutte le altre armi, tramite due pulsanti: uno di attacco e l’altro di attacco speciale. Nel caso della combinazione spada e scudo, con uno si lanciano fendenti veloci, l’attacco speciale invece riguarda la parata tramite scudo. Altre armi e soprattutto armature saranno sbloccabili utilizzando materiali recuperati nei dungeon per costruirle. A patto di avere accumulato abbastanza monete d’oro, rivedendo oggetti agli avventori del nostro negozio, per permettersi di ampliare i servizi cittadini e costruire la fucina di un fabbro. Avanzando nel gioco infatti, oltre a poter ampliare il Moonlighter con vetrine più ampie, bauli che possano contenere più provviste o persino letti più comodi in grado di donare un bonus alla vita, Will potrà affacciarsi al mondo dell’imprenditoria per tutto il villaggio di Rynoka, ampliandolo con svariati servizi utili. Oltre al fabbro di cui dicevamo, potremo costruire banche, boutique gestite da nobili con la puzza sotto al naso che venderanno oggetti rari a prezzi non indifferenti o laboratori alchemici dove una giovane strega potrà mescere pozioni in grado di ripristinare vita o mostrare la retta via all’interno dei dungeon, svelando parti di mappa, e persino potenziare il nostro equipaggiamento infondendolo con la magia, a patto di possedere particolari cristalli recuperabili nei dungeon e tante monete sonanti.
In questo modo il gestionale ed il roguelike si fondono indissolubilmente, lasciando al giocatore la scelta su come procedere: vendere oggetti per ricavarne soldi utili a migliorare il negozio o la cittadina e i suoi servizi, oppure utilizzarli per potenziare il proprio equipaggiamento o acquistarne di migliore?

L’arte di combattere (ed esplorare)

Moonlighter è anche, e soprattutto, un videogioco d’azione in due dimensioni. I comandi di combattimento sono pochi ma importanti e tutti utili alla sopravvivenza. Oltre alle due tipologie di attacco di cui abbiamo parlato sopra, vi è un tasto riguardante la schivata in capriola, doppiamente utile sia per evitare gli attacchi nemici senza subire danni, sia per superare delle voragini nelle quali incapperemo all’interno del nostro peregrinare nel sottosuolo. Il gioco di ruolo si mostra in tutte le sue scelte quando, sbloccato il fabbro in città, potremo decidere di acquistare armature ed armi differenti dalla combinazione spada e scudo.

Le armature saranno di tre tipi: leggera, che dona più mobilità e minore difesa dai colpi; pesante, che rallenta vistosamente la velocità di corsa di Will ma dona un’alta percentuale di difesa e infine media, un compromesso tra le due tipologie precedenti. Ogni tipologia di arma invece potrà essere via via potenziata sempre di più, aumentandone il parametro di attacco, e tutte presentano moveset sorprendentemente differenti: lo spadone ad esempio è lento negli attacchi, richiede una certa dose di tempismo predicendo i movimenti degli avversari, ma i danni che infligge sono i più alti tra tutte le tipologie di armi nel gioco, oltre ad avere un raggio non indifferente, che consente di colpire avversari più lontani del solito. Inoltre il suo attacco speciale è effettuabile previo caricamento ed è in sostanza un attacco turbinante in grado di infliggere danni massicci tutto intorno il nostro Will. Vi sono poi le lance, che infliggono meno danno, hanno un raggio e una velocità d’attacco maggiori ed hanno l’attacco in carica come speciale, ma anche armi meno convenzionali e a distanza, tipo i rapidissimi guanti da combattimento e l’arco. Tutte le tipologie di armi presentano inoltre un potenziamento parallelo che consente di aggiungere un danno elementale all’arma, a seconda della tipologia di dungeon affrontabile.

Tutte scelte lasciate alla mano del giocatore, che ha un’ottima sensazione di libertà nell’affrontare il gioco. Ad esempio si vuol giocare senza fretta e in tutta sicurezza? Armatura pesante e spadone o lancia per tener lontano i mostri. La profondità di gameplay è giustamente calibrata per non essere asfissiante, ma nemmeno scarna. Insomma un grande equilibrio che avviluppa il giocatore in un vortice di farming selvaggio, per ottenere equipaggiamento sempre migliore.

Ebbene, come si diceva, i dungeon sono di diverse tipologie e presentano tipi di stanze differenti. Variano infatti di ambientazione e, di conseguenza, di fauna vivente al loro interno. Si parte dalla più classica delle grotte umide, infestata da golem di pietra (alcuni invincibili, se non per una piccola sezione sulla loro schiena) e melme che sciamano in gruppo. Fino ad arrivare a posti più esotici come una foresta incantata abitata da piante e creature velenose, o una zona desertica sorvegliata da strani custodi in grado di sparare letteralmente pozze di lava bollente a terra, costringendo il giocatore a muoversi costantemente per evitarle. Anche da questo punto di vista, la varietà di gameplay è assicurata, considerato anche che è impossibile ritrovare un dungeon uguale ad un altro, grazie alla generazione casuale degli stessi.

Ogni stanza alla quale si accede viene sigillata fino alla totale uccisione degli avversari al suo interno, costringendo il giocatore a ripulirla per proseguire. Inoltre, a volte, vi sarà la possibilità di imbattersi in stanze particolari, con all’interno scrigni e persino segreti. Gli scrigni, come le porte, verranno sbloccati abbattendo tutti gli avversari (alcuni di essi saranno a tempo e non si apriranno più se non si sconfiggono tutti i nemici velocemente). Per quanto riguarda i segreti invece, sarà necessario o distruggere i vari elementi d’arredo o gli scheletri di avventurieri meno fortunati di noi, con la possibilità di trovare oggetti, materiali e pozioni, oppure aguzzando la vista: entrando in una stanza nella quale saranno presenti voragini, vi sarà la possibilità di vederne alcune luccicare per pochi frame. Tuffandosi in esse, si potrà accedere a stanze segrete, spesso ricolme di tesori. Attenzione però, se non ci sono stanze segrete nella voragine si subisce solamente del danno. V

i sono inoltre particolari stanze dove si potrà ricaricare la vita bagnandosi all’interno di particolari fontane, o leggere la lore di gioco tramite manoscritti abbandonati. Terminando il terzo livello di ogni tipologia si giunge dunque alla camera del boss di fine dungeon, dove vi attendono gigantesche creature dotate di una barra della vita forse fin troppo generosa, che necessitano di notevoli sforzi ed equipaggiamenti per essere superate, portando lo scalino della difficoltà bruscamente in alto. Il gioco in questi frangenti si trasforma in una vera e propria sezione di genere bullet hell, dove si devono schivare quantità indefinite di proiettili, trappole e attacchi con raggio impossibile, capaci di occupare tutto lo schermo. Il tempismo e la fidata capriola evasiva la fanno da padrone in questi casi, offrendo un’ulteriore aggiunta al gameplay di un gioco che possiede svariate anime. Tutto questo, ripetuto praticamente all’infinito all’interno di strutture di dungeon sempre nuove e una modalità gestionale che si incastra alla perfezione all’interno di un gameplay divertente, non può che offrire decine ore di assuefazione e grinding spinto per raggiungere il tanto agognato dungeon finale.

Moonlighter Recensione

Verdetto

Moonlighter è una gemma capace di intrattenere costantemente il giocatore, muovendosi con leggiadria tra il gestionale e il gioco di ruolo. Nessuno storytelling arzigogolato e particolare; solo la sensazione di tensione quando si è alla fine di un dungeon, stracolmi di oggetti nello zaino, con la possibilità di perdere tutto quello che si aveva faticosamente raccolto fino a quel momento. Un qualcosa che i giocatori dei roguelike potranno sentire tanto agghiacciante quanto familiare. Il tutto impreziosito da una grafica in pixel colorata e spiccatamente 16-bit, che strizza l’occhio alle opere Nintendo, e da una colonna sonora sfiziosamente riconoscibile e mai invasiva. Giusto qualche problemino con lo scaling della difficoltà (soprattutto contro i boss), a volte troppo ripido da risultare quasi frustrante, e con alcune hitbox dei nemici (soprattutto le piccole, fastidiosissime melme), che per fortuna non inficia particolarmente nello svolgersi lineare del titolo. Insomma, davvero un ottimo gioco se volete avvicinarvi al sottogenere roguelike senza rischiare di perdere anni di vita con difficoltà impossibili; un must vero e proprio per chi invece ama già il genere.

Gianluca Boi
Recensore seriale, blogger, giocatore di ruolo decennale, hardcore gamer, groupie di Alan Moore. Amante dei Souls, di Castlevania e di Banjo-Kazooie e fanboy di Jet Set Radio. Ha visto Matrix almeno 42 volte, segue il wrestling ed è fissato con lo studio della musica tutta, con una piccola predilezione per gli Ulver, i Fair To Midland e le OST. Nasconde purtroppo un terribile segreto: non sa proprio come leggere gli orologi con le lancette (non scherzo).