Canestro con fallo per Visual Concepts

Il successo è spesso e volentieri associato al talento, alla bravura, alla competenza e, perché no, anche a fattori ultraterreni come la predestinazione. Nel caso della serie NBA 2K, però, la cosa che meglio identifica la gloria che ha di fatto investito la serie, arrivata a festeggiare quest’anno il traguardo del ventesimo anniversario di vita, non è nessuna delle sopracitate, bensì un’altra: la dedizione.

Nonostante il raggiungimento di vette qualitative incredibili, infatti, i ragazzi di Visual Concepts, anno dopo anno, riescono ad offrire un prodotto qualitativamente sempre migliore, andando a perfezionare sempre di più una formula ludica già invidiabile, sotto praticamente tutti gli aspetti. Partendo da un comparto grafico incredibile, ormai da anni al vertice del mercato videoludico, fino al gameplay, semplicemente maniacale e curato nei minimi dettagli, passando per una quantità (ma anche qualità) di modalità di gioco invidiabile, rovinato soltanto in parte da un sistema di microtransazioni a volte fin troppo invasivo, il prodotto offerto dal team di sviluppo statunitense rasenta la perfezione sotto praticamente ogni punto di vista.

Questo, però, non rallenta in alcun modo il lavoro degli sviluppatori che, di edizione in edizione, lavorano duramente – ascoltando anche i tanti feedback della numerosissima community – per spostare (riuscendoci) l’asticella della qualità sempre più in alto, diventando un vero e proprio punto di riferimento per tutti i giochi sportivi – ma non solo – presenti sul mercato.

Quest’anno, per festeggiare il ventesimo anniversario della nascita del brand, gli sviluppatori hanno deciso di concentrarsi maggiormente sulle modalità di gioco e sul rifinire il gameplay, complice anche un comparto grafico, come dicevamo poc’anzi, veramente già al limite del fotorealismo.

Inutile dirvi che, anche stavolta, il compito è perfettamente riuscito, portando sugli scaffali un prodotto completo, ricco e davvero eccezionale. Partiamo con ordine, però, ed iniziamo ad analizzare con calma il tutto, iniziando dal cuore pulsante della produzione: le modalità di gioco.

Passami la palla!

Anche quest’anno, i punti focali dell’offerta ludica del titolo sono rappresentati dalla modalità “My Career”, completamente riscritta e reimpostata rispetto agli scorsi anni, il “My GM”, anch’essa arricchita da numerose chicche, e la “My Team”, mai come quest’anno ricca di cose da fare, sia online sia in single-player.

Andiamo però con ordine, ed analizziamo per prima cosa la modalità carriera. La modalità in questione è sicuramente quella che ha giovato dei maggiori miglioramenti rispetto alle scorse annate, merito di una cura nella scrittura della trama convincente e mai banale. Certo, non siamo di fronte ad una narrativa realmente tangibile e papabile (e non potrebbe essere altrimenti), ma ci troviamo ben lontani dalla continua sensazione di trash-talking che si avvertiva ad ogni dialogo di  ogni singola cut-scene delle passate stagioni.

Una volta finito di creare il nostro alter ego, con la possibilità anche di scannerizzare il nostro volto grazie all’applicazione “My NBA 2K19”, il gioco vi metterà subito di fronte ad una dura realtà. Il nostro eroe è difatti un giocatore sull’orlo del fallimento, denigrato dalla NBA e costretto a cercare fortuna altrove, più precisamente nel campionato cinese.

Membro degli Shanghai Bears da ormai un’intera stagione, il giocatore finisce per attirare su di sé le attenzione di uno degli scout più acuti e rinomati della lega, che di fatto darà un grosso scossone alla nostra carriera. Il giocatore, infatti, verrà richiamato negli States, e più precisamente nella G-League, dove dovrà dimostrare di essere pronto per il grande salto nella NBA. Inutile dirvi che, con un po’ di impegno, riusciremo a ritornare nella lega cestistica più importante del mondo, cosa che, di fatto, aprirà le danze a tutta la struttura ludica offerta dalla modalità in questione. Una volta conclusa l’introduzione, fatta di scelte sbagliate, fidanzate perdute, amici lontani e rivali fin troppo vicini, ci ritroveremo ad affrontare il nostro ritorno in NBA, separato radicalmente, come al solito, dalla vita di quartiere.

Anche quest’anno, infatti, sarà possibile girare liberamente all’interno di una città enorme e ricca di campetti su cui giocare con atleti virtuali da ogni angolo del mondo, negozi di scarpe, di abbigliamento e la palestra, con l’immancabile parrucchiere pronto a renderci sempre unici agli occhi dei nostri vicini di quartiere virtuali.  Per il resto, la formula di gioco rimane molto simile allo scorso anno, con la possibilità di guadagnare VC (la moneta virtuale necessaria per migliorare il vostro atleta) con attività varie, con le partite NBA e centrando vari obiettivi che man mano spunteranno durante il corso delle stagioni.

Datemi una leva e solleverò il mondo

 

Altra modalità che si mostra più in forma che mai in questo NBA 2K19 è certamente “My GM”, arricchita da una storia di fondo fatta di personaggi fuori di testa, situazioni al limite della comicità, macchinazioni, complotti, traguardi centrati e fallimenti vari.

In questa edizione, infatti, sarà possibile iniziare praticamente dal nulla, mettendosi in affari con un magnate completamente estraneo al mondo della pallacanestro che però decide di investire nell’ambizioso progetto di fondare da zero una nuova franchigia NBA. Proprio a causa della sua inettitudine in materia, l’uomo offrirà a noi la gestione quasi totale della creazione della franchigia, spianandoci la strada ad una quantità smisurata di attività da svolgere: dalla scelta del coach a quella delle divise, dai prezzi dei biglietti alla costruzione del logo della franchigia. Insomma, ogni cosa passerà per le nostre mani, compresa, ovviamente la costruzione del roster, la scelta delle matricole e la possibilità di firmare uno o l’altro free agent sul mercato. Ovviamente sarà possibile utilizzare anche una squadra NBA già esistente, cosa che di fatto non lede minimamente la qualità elevatissima della modalità.

Altra chicca di grande spessore legata alla modalità “My GM” è quella legata alla possibilità di importare all’interno del gioco le classi Draft del passato. Per farla breve, sarà possibile, nel corso degli anni, ingaggiare un giovane Jabbar, Jordan e così via. Niente di incredibile ma sicuramente una feature interessante e che speriamo venga approfondita nei prossimi capitoli della saga.

La “Mia Squadra”, le mie regole

Grande accortezza è stata riservata anche alla modalità “My Team”, ormai da anni una delle più apprezzate e soprattutto giocate del cestistico targato Visual Concepts.

Mai come quest’anno, insieme alle solite certezze come il Dominio e le competizioni online, vengono aggiunte tantissime modalità di gioco innovative e di sicura longevità, sia online sia in single-player. Basti pensare alla modalità “Triplice minaccia”, disponibile sia contro squadre controllate dall’intelligenza artificiale sia da altri giocatori di tutti il mondo. Molto bella anche la modalità “Unlimited”, che permette di gareggiare contro giocatori da tutto il mondo con la propria franchigia. Tale modalità, inoltre, rappresenta poi il non plus ultra dell’offerta di “My Team” per quanto concerne il fattore competizione. In questa modalità, infatti, sarà possibile gareggiare in una vera e propria competizione a premi, con in palio un montepremi di 250.000 $ ed un biglietto in prima fila per il prossimo “All Star Game”.

Non mancano poi le classiche modalità blacktop, le partite veloci (in singolo o online), l’allenamento, e tanto altro ancora, per un’offerta ludica davvero senza eguali.

In campo ci sono dieci giocatori, tre arbitri ed una sola palla… ciò che accade ad essa è l’unica cosa che conta.

Come dicevamo in apertura, il lavoro maggiore, quest’anno, è stato svolto sul gameplay, già eccellente lo scorso anno, ma che necessitava alcune migliorie qui e lì.

La novità più interessante è legata certamente all’introduzione dell’”Impeto”. Tale feature altro non è che un boost temporaneo alle abilità principali di ogni atleta che, con l’”Impeto” attivo, vedrà sensibilmente aumentate tutte le proprie statistiche principali. In sostanza, se utilizzerete l’”Impeto” con Curry aumenterà la sua capacità di tirare da fuori area, con Paul i passaggi e con Drummond l’abilità al rimbalzo, e così via. Per caricare la barra dell’”Impeto” sarà necessario svolgere  al meglio le proprie principali “mansioni” durante l’arco delle partite. Per intenderci, se usiamo un playmaker, la barra si caricherà più rapidamente eseguendo correttamente gli schemi o facendo molti assist, se usiamo un “lungo” prendendo tanti rimbalzi e difendendo al meglio l’area piccola, e via dicendo. Niente di incredibile, quindi, ma certamente un’aggiunta molto gradita, che rende ogni partita più frizzante, senza mai andare a sbilanciare l’andamento dei match, anche perché i potenziamenti sono molto intimi e silenziosi (dunque nessun super salto o schiacciate da centrocampo) ed integrati in modo credibile e fisicamente possibile.

Grande attenzione è stata poi riservata alla difesa ed alle gestione della palla, specialmente in fase di recupero della sfera durante l’attacco avversario.

Nella passata stagione, difendere al meglio era davvero qualcosa di molto elitario, con l’avversario (sia controllato dall’IA sia da un utente) fin troppo avvantaggiato nel liberarsi della marcatura e volare comodamente a canestro. Quest’anno, il difensore è nettamente avvantaggiato rispetto all’attaccante, con una gestione della marcatura molto più semplice ed intuitiva rispetto al passato. Tenendo premuto il tasto L2/LT/ZL (quello della difesa intensa, per intenderci), sarà abbastanza facile seguire anche il più pericoloso degli atleti in 1vs1, a meno che non voi vi troviate tra le mani uno che la difesa la considera un optional (vedi Isiah Thomas, Carmelo Anthony ecc). In quel caso, non vi aspettate miracoli di sorta. La fedeltà alla realtà è sempre tangibile e certosina, e non vi troverete praticamente mai di fronte a situazioni poco realistiche.

Power it’s nothing without control

Importanti novità di gameplay sono ritrovabili anche per quanto concerne la gestione delle palle rubate, dei tiri e della difesa sotto le plance. In particolare la prima e l’ultima di queste tre feature sono state semplificate parecchio, proprio per venire incontro ai giocatori meno avvezzi o comunque per snellire quella sensazione di frustrazione che fin troppo spesso attanagliava i giocatori, costretti a subire lo strapotere dell’IA, in alcuni casi davvero inarrestabile.

Per cominciare, le palle rubate ora sono un’arma molto più affidabile per arginare l’attacco avversario, rese molto più semplici da un algoritmo che ci offre, col giusto tempismo, la possibilità di rubare palla all’attaccante avversario in modo abbastanza frequente. Niente di sbilanciato, anche stavolta, ma sicuramente un passo avanti verso un’accessibilità maggiore nei confronti dell’utenza. Molto semplificata anche la difesa in post basso: per marcare l’avversario non sarà più necessario tenere premuto il tasto della difesa intensa (L2/LT/ZL) ma il giocatore cercherà automaticamente di contrastare il lungo avversario con il solo utilizzo della levetta analogica destra. 

L’occhio vuole sempre la sua parte

Anche sotto il profilo tecnico NBA 2K19 si conferma su livelli altissimi. Seppur non crei un solco sostanzioso con le scorse annate, anche quest’anno la veste grafica del titolo si presenta migliorata e puntellata a dovere.

Su Xbox One X (versione da noi testata), in 4K nativi, con l’HDR e con un frame rate granitico, ancorato solidamente sui 60fps, il titolo si mostra veramente in grande spolvero, con una resa incedibile sia degli atleti sia degli elementi di “contorno”. È stato un lavoro di rifinitura, più che altro, ma svolto egregiamente, andando a puntellare con grande minuziosità davvero ogni piccola cosa, senza lasciare niente al caso.  Elementi come divise, tabelloni, segnapunti, anello del canestro ed ogni singola inezia sono riprodotti nel modo più fedele possibile, cosa che rende l’esperienza di gioco a dir poco indimenticabile.

Anche la fisica ed il comparto animazioni sono stati pesantemente rivisitati, con i giocatori che ormai si muovono praticamente come farebbero nella realtà, rasentando il foto-realismo sia a livello estetico sia sul piano dei movimenti.

Make some noise!

Anche la colonna sonora, così come negli ultimi anni, si presenta al top. Curata quest’anno dal rapper Travis Scott, la OST del cestistico di Visual Concepts riesce a rapire, come da consuetudine, il giocatore con il solito mix di pezzi hip hop, RnB e rap, senza mai denigrare musica di altri generi come il rock, il punk e tanto altro ancora.

Tutto il comparto audio, più in generale, è di altissimo livello: effetti sonori, doppiaggio e telecronaca sono semplicemente perfetti, aumentando ancora di più la sensazione di ritrovarsi in una partita di basket NBA vera e propria.

Ritorna, inoltre, anche quest’anno, NBA 2K TV, il bellissimo talk show condotto dalla splendida e preparatissima Rachel DeMita, che anche quest’anno ci accompagnerà durante tutta la stagione videoludica e quella NBA. Siamo sicuri che (io lo sono) in tanti saranno felici di questa piccola notizia “extra”.

Qualche difetto c’è…

Come ogni titolo presente sul mercato, anche NBA 2K19, al netto di tutto, non è esente da problemi di sorta.

Il più grave è senza dubbio quello legato alla presenza delle microtansazioni, meno invasive rispetto agli scorsi capitoli (così come gli alti piani di 2K avevano promesso), ma comunque troppo ingombranti e che sbilanciano fin troppo l’esperienza di gioco, specialmente nella modalità “My Carreer”. Comprando la valuta del gioco in cambio di soldi veri, infatti, è possibile potenziare facilmente il proprio alter ego, senza dover “perdere tempo” con allenamenti, traguardi vari ed obiettivi da raggiungere per migliorare le proprie statistiche.  Una situazione che, in tutta onestà, fatichiamo a digerire e che speriamo venga attenuata nei prossimi capitoli. Anche perché, a dirla tutta, con la valuta (VC) acquistabile in cambio di soldi veri è possibile inoltre rendersi le cose molto più semplici anche nelle modalità “My Team” e “My GM”, andando a rendere il tutto fin troppo pay-to-win e vanificando, in larga parte, tutta la bontà di un gameplay praticamente perfetto.

Nota stonata – ormai un classico – è anche quella inerente l’infrastruttura online del titolo. Anche quest’anno, i server di 2K si dimostrano al di sotto delle aspettative, con problematiche più o meno gravi che si presentano ad ogni match. In primis (con una connessione Fibra da 100 Mb/s), ogni partita presenta un ritardo impressionante ed un lag generale quasi intollerabile, cosa che rende difficile anche il solo provare a tirare a canestro. Anche il matchmaking risulta parecchio carente: più volte ci è capitato di dover aspettare almeno 5 minuti per trovare una partita, che spesso è sfociata in un match totalmente sbilanciato, con avversari o troppo deboli o fin troppo forti.

Anche in questo caso, ci auguriamo di non dover elencare questi difetti nella prossima edizione del titolo.

Verdetto

Con grande emozione, ci tengo a precisare che questa è la prima volta che recensisco in via “ufficiale” un videogioco della serie 2K, e questo, da appassionato di basket NBA e della serie, nonché (modestissimo) ex giocatore di pallacanestro, mi riempie di orgoglio.

NBA 2K19 è tutto ciò che un appassionato di basket e di videogiochi potrebbe desiderare: un titolo conservativo, che riparte dalle solidissime basi degli ultimi, splendidi, capitoli e che riesce a migliorare l’esperienza sotto praticamente tutti gli aspetti. Ci troviamo di fronte ad un prodotto contenutisticamente mastodontico, figlio sia di numerose aggiunte, sia delle tanto amate modalità (“My Team”, “My Carreer”, “My GM” ecc), ormai divenute una vera e propria icona per il brand. Di grande impatto è anche la nuova modalità carriera, molto curata e nettamente migliore rispetto agli scorsi anni. Molto apprezzata risulta inoltre la nuova gestione della difesa e le migliorie varie al gameplay, atte in particolare a rendere più “umano” ed accessibile il titolo anche per gli utenti meno avvezzi.

Restano, purtroppo, i soliti problemi divenuti ormai “storici”: le microtransazioni (per fortuna leggermente meno invasive) ed una struttura dei server online davvero carente. Queste mancanze,  però, non possono scalfire una produzione sublime e che, mai come quest’anno, rasenta la perfezione.

Salvatore Cardone
Ho imparato a conoscere l'arte del videogioco quando avevo appena sette anni, grazie all'introduzione nella mia vita di un cimelio mai dimenticato: il SEGA Master System. Venticinque anni dopo, con qualche conoscenza e titoli di studio in più, ma pochi centimetri di differenza, eccomi qui, pronto a padroneggiare nel migliore dei modi l'arte dell'informazione videoludica. Chiaramente, il tutto tra un pizza e l'altra.