Un viaggio di ricordi lungo otto vite: la nostra recensione di Octopath Traveler.

Se ci si ferma a riflettere sul momento in cui il JRPG è passato dall’essere un genere prettamente di nicchia a qualcosa di decisamente più influente nel mondo del gaming, non si può non pensare alla quarta generazione di console, al celebre Super Nintendo e ad un’autentica fuoriclasse nel panorama di sviluppo giapponese dell’epoca: Squaresoft. In quegli anni 16 bit bastarono per portare sulle nostre console a cartucce titoli tuttora considerati pinnacoli del genere, animati con una potenza grafica allora superlativa, ma soprattutto con un grado di maturazione che portò ad una scrittura più concreta, anzi, ad una vera e propria sceneggiatura che permetteva ai giocatori non solo di divertirsi, ma emozionarsi in quei lunghi viaggi tra combattimenti casuali ed esplorazione.

DI acqua sotto ai ponti ne è passata e l’attuale Square Enix è decisamente cambiata rispetto ai quasi vent’anni che sono trascorsi, tra nuove sperimentazioni e la continua ricerca di una nuova chiave di volta per rivoluzionare un genere che, apparentemente, sembra mancare di un certo appeal ai giocatori moderni. Ogni regola però ha sempre un’eccezione che la conferma e stavolta l’onore spetta a  Octopath Traveler, una nuova esclusiva Switch che rinsalda la rinnovata collaborazione con la casa di Kyoto e riesce a farsi amare grazie ad un mix di tradizione ed originalità ben più profondo di quanto non sembri ad una prima occhiata.

Octopath Traveler mostra subito la sua dose di novità proponendo un tessuto narrativo molto particolare e che racconta le storie di otto personaggi, tutti ben distinti tra loro per classe, ma anche per una storia unica che ne caratterizza personalità ed abilità. La mia prima scelta, ad esempio è stata Olbeic Eisenberg, un nobile guerriero caduto in disgrazia dopo un colpo di stato che cerca di sopravvivere come mercenario e maestro di spada, almeno finché il passato non farà capolino nella sua vita portandolo a seguire una strada inaspettata. Successivamente ho voluto tentare il cammino di Cyrus, uno studioso che decide di intraprendere il suo viaggio in virtù della sete di conoscenza, alla ricerca di un libro perduto chissà dove. Ad uno sguardo più generale le storie sono tutte legate a tematiche tipiche del gioco di ruolo, trovando tuttavia un equilibrio fra storie cupe come quella di Primrose, una principessa costretta ad essere una danzatrice in una città malfamata, ma anche racconti dai toni più leggeri come l’avventura di Tressa, una giovane mercante che desidera esplorare il mondo e che affronta le sue peripezie con gioia e curiosità. Octopath Traveler segue dunque una narrazione atipica ed interessante, soprattutto nel momento in cui ci si rende conto che i personaggi non si muovono mai su un binario singolo, bensì paralleli: sarà ovviamente possibile creare un party con più di un protagonista, tuttavia i riflettori saranno sempre puntati sul nostro personaggio di riferimento durante tutti i quattro capitoli che compongono ogni singola avventura, eccezion fatta per qualche scena di intermezzo. Il risultato è un insieme di storie bilanciato, con alcune degne di nota ed altre leggermente sottotono, ma sempre capaci di reggersi in piedi autonomamente e mai noiose grazie ad una buona caratterizzazione dei vari personaggi, conferendo inoltre uno spessore non trascurabile al mondo di gioco, Osterra, che gode di riflesso di una caratterizzazione intensa sia da un punto di vista generale sia con NPC che potrebbero fare breccia anche nei cuori più aridi.

Pad alla mano, Octopath Traveler si conferma un JRPG classico nelle sue fondamenta ma con tutta una serie di modifiche che esaltano la giocabilità generale, sia nelle fasi di esplorazione che durante i combattimenti. Per quanto concerne il primo aspetto, l’interazione base con il mondo e i vari personaggi non giocanti avviene non solo tramite i classici dialoghi, ma anche attraverso le abilità specifiche del nostro personaggio in uso. Per fare un esempio con quelli già citati, Olbeic potrà cimentarsi in duelli con vari NPC, ottenendo in caso di vittoria sia punti esperienza che oggetti potenzialmente rari, mentre il dotto Cyrus può trasformarsi in un investigatore fantasy al fine di ottenere informazioni determinanti per delle quest o per nuove avventure. Il battle system, invece, ricalca il lavoro già svolto da Acquire, studio responsabile del gioco e già creatore della serie Bravely, affondando le sue radici nel più classico dei combattimenti a turni, salvo poi svelare una struttura molto più strategica di quanto non sembri ad una prima occhiata grazie al sistema di Dominio.

Qualunque nemico incontreremo sulla nostra strada, infatti, ha una debolezza relativa ad un tipo di arma o magia, debolezza che dovremo cercare di individuare nel minor tempo possibile. Una volta trovata e azzerati i punti difesa relativi, si entra nella fase di Potenza, durante la quale avremo modo non solo di attaccare, ma di sfruttare i così detti Punti Potenza per rendere più efficaci le nostre azioni successive, siano esse offensive e difensive. La forza bruta dunque non basta: lo studio del nemico sarà sempre una fase estremamente importante, soprattutto in virtù di una difficoltà generale che, pur non arrivando mai a livelli di frustrazione elevati, resta di una severità che non va assolutamente sottovalutata.

La difficoltà può essere considerata croce e delizia di Octopath Traveler, a seconda della vostra forma mentis: nonostante la libertà concessa, ogni personaggio ha comunque un livello suggerito e dunque la possibilità di ritrovarsi in un circolo vizioso di puro grind è un’ipotesi tutt’altro che distante. Il combat system può appianare questo problema grazie alle meccaniche strategiche, tuttavia questa problematica si fa più evidente soprattutto durante le quest secondarie, tanto interessanti e ben studiate quanto inutili in termini di ricompense e punti esperienza. Al netto dell’esperienza, però, Octopath Traveler si rivela una sfida intrigante e di spessore, che esalterà gli appassionati hardcore e saprà attirare l’attenzione dei ruolisti per caso.

Ciò che invece non è riuscito a deluderci nemmeno un po’ è il comparto tecnico, un aspetto che ci stupì sin dal primo annuncio del gioco e che ha finito per farci innamorare perdutamente di questo titolo. Grazie alla potenza dell’inossidabile Unreal Engine 4, Acquire è riuscita a ricreare il fascino estetico tipico delle produzioni 16 bit attraverso un lavoro di renderizzazione tridimensionale che ci ha lasciati a bocca aperta, con fondali che giocano con la prospettiva e tutta una serie di chicche grafiche che lasciano trasparire le principali fonti di ispirazione del team, in particolare il simpatico stacco di design all’interno dei combattimenti tra i nostri personaggi, “intrappolati” in un eterno 2D e i nemici, ricchi di dettagli grafici e decisamente sproporzionati rispetto all’ambiente circostante. Uno spettacolo irrinunciabile e fonte di tantissime soddisfazioni sempre e comunque, sia sulla vostra TV che in mobilità. Chiude questo cerchio magico una colonna sonora che vive di luce propria nonostante i cliché musicali e una traduzione italiana realizzata con grande cura.

Verdetto

Octopath Traveler è un titolo che nessun possessore di Switch deve lasciarsi perdere. Un gioco di ruolo che vive in perfetto equilibrio fra tradizione e innovazione, con un battle system soddisfacente ad alto tasso di assuefazione ed uno stile grafico assolutamente unico nel suo genere. Ed ennesima freccia nella faretra di una console che non vuole smettere di stupire.

 

Se vi stuzzica Octopath Traveler…

Se siete alla ricerca di un JRPG vecchia scuola su Switch, probabilmente Lost Sphear sarà di vostro gradimento. Se invece avete in caso un 3DS, impossibile non giocare Bravely Default, primo titolo Acquire e gioco di ruolo di indubbio valore.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.