L’evoluzione dei contributi musicali nei videogiochi non riguarda solo le colonne sonore: diamo uno sguardo alle esibizioni “dal vivo” degli ultimi anni

La dimensione digitale, da quando esistono le possibilità di connessione soprattutto, è da sempre quella in cui è più facile trovare elementi culturali che permettano alle persone di accedere a contenuti di vario tipo – spesso simultaneamente – a distanze piuttosto importanti e asincronicamente. Non è solo l’emergenza pandemica quindi ad avere dato all’informatica un ruolo di trasmettitore di informazioni, cultura e idee centrale ma è una caratteristica endemica dello strumento in sé. Ovviamente in questo solco rientrano anche i videogiochi: per come riescono a formare comunità di persone, per la capacità di creare mondi paralleli e possibili contemporaneamente al nostro. Per non perderci in discorsi decisamente troppo complessi e che richiederebbero decisamente più di un semplice articolo, però, quanto segue si concentrerà principalmente su un aspetto che è decisamente emergente in tempi recenti: quello dei concerti all’interno dei videogiochi.

Come accennato nel paragrafo precedente, tutto parte e si configura in funzione di un principio tanto semplice quanto estremamente largo e importante per ciò che riguarda qualunque cosa possa essere digitale; e che nel videogioco si manifesta in modo inequivocabile: la connessione. Poter essere contemporaneamente in un luogo distante da noi decine di migliaia di kilometri o che addirittura non esiste e poter condividere questa permanenza con altre persone da più o meno ogni parte del mondo. Uno spazio che coesiste in tantissimi spazi differenti, una porta verso altre realtà che si apre in diversi punti della nostra quotidianità e che permette di unirsi e partecipare a uno spettacolo unico. Un’esibizione collettiva, una performance condivisa che non è ripetibile al di fuori del contesto specifico del videogioco.

Le esibizioni musicali dal vivo, essendo esse stesse momenti di condivisione e connessione tra persone si inseriscono quindi in modo piuttosto fluido all’interno della progressiva digitalizzazione delle nostre vite. Non sono mancate, nei decenni, possibilità di partecipare in diretta dal proprio salotto a festival e concerti di vario tipo. Ma è quella videoludica che, forse, potrebbe essere la piattaforma più in grado di coprire un ruolo emergente e intercettare le caratteristiche che normalmente ci aspetteremmo da un live: i concerti nei videogiochi, quindi, potrebbero rappresentare la dimensione più adatta possibile, grazie all’interazione tra chi gioca e l’ambiente circostante.

concerti videogiochi

Aumentare la realtà: i concerti nei videogiochi come prosecuzione del reale

Un primo caso in cui possiamo far rientrare i concerti nei videogiochi ci porta in tempi che ormai consideriamo forse distanti e – allo stato attuale delle cose – forse difficilmente recuperabili in tempi brevi con le stesse modalità. Mi riferisco a un periodo precedente all’emergenza sanitaria che ha colpito il mondo negli ultimi, che permetteva momenti di compresenza fisica a volte anche dalla portata imponente che coinvolgevano nello stesso luogo centinaia di migliaia di persone. I festival musicali, le grandi esibizioni di musiciste e musicisti sotto gli occhi adoranti di un pubblico in carne e ossa.

Una realtà che negli ultimi trent’anni, specialmente in una determinata e sempre più rilevante scena musicale (quella che ruota intorno alla musica elettronica), si è sempre più andata a immergere e farsi coinvolgere dal digitale; come abbiamo già potuto esaminare poco sopra in questo articolo. Questo processo, ovviamente, coinvolge anche il videogioco e le realtà alternative alla nostra: dove abitudini come quelle di andare a un concerto hanno iniziato a fare sporadici capolini per assottigliare la differenza tra il nostro normale modo di vivere e quello che invece propongono i videogiochi. Da Second Life a Fortnite (di cui gli eventi Party Royale ormai sono una forma di intrattenimento interno a un’altra forma di intrattenimento) passando per Minecraft, possiamo trovare tantissimi esempi di momenti musicali, resi possibili anche e soprattutto dall’identità di mondi paralleli al nostro – con buona pace dell’inflazionato termine metaverso.

È però nel 2018 che il videogioco inizia davvero a contare qualcosa rispetto alle possibilità di diffusione e fruizione di contenuti “suonati” dal vivo. L’aggiornamento After Hours per la componente online di Grand Theft Auto V non soltanto dava a chi giocava possibilità enormi a livello di esperienza, andando a esplorare il mondo dei club e della loro gestione in modo piuttosto approfondito e ricercato (con l’ovvia esagerazione verso una connotazione fin troppo votata al crimine, ma purtroppo il gioco punta in quella direzione). Il punto in cui questo contenuto brillava e ha potuto dare una piacevole scossa è legato alla musica e a quattro nomi decisamente di rilievo del panorama techno internazionale.

The Blessed Madonna, Solum, Tale Of Us e Dixon compaiono nel gioco dietro le wheels of steels delle postazioni da DJ con una loro controparte realizzata in motion capture e poi digitalizzata con il motore di gioco, mentre suonano set esclusivi pensati appositamente per questa occasione. Questo di Rockstar Games è un esempio decisamente lampante di come il videogioco possa a tutti gli effetti essere una prosecuzione della nostra realtà. Dove artiste e artisti di fama mondiale si esibiscono con selezioni pensate e suonate appositamente per quel contesto e che non sarebbero fruibili altrove.

concerti videogiochi

Ricostruire la realtà: i concerti nei videogiochi come ritorno alla normalità

La crisi sanitaria globale ha ovviamente precluso la possibilità di vedere e sentire musica dal vivo. Una prospettiva che, ovviamente, ha messo parecchio scontento a diverse categorie di persone: sia spettatrici e spettatori, che chi con i concerti normalmente ci lavora a più livelli. Una piccola riscossa di queste iniziative sono riusciti a darla proprio i videogiochi, con diversi episodi degni di nota che possono darci tutta una serie di dati e indicazioni. Il primo, forse quello più interessante, è relativo alle dimensioni di questi eventi: che hanno coinvolto sia nomi giganteschi accompagnati da campagne marketing piuttosto invasive e diramate dalle stesse case produttrici dei videogiochi, a esibizioni più contenute e totalmente autorganizzate e autogestite.

Ciò che però ha reso in assoluto più interessanti questi momenti, oltre ai nomi coinvolti che spesso e volentieri erano decisamente notevoli, è certamente la dimensione interattiva. Non più video live action inseriti nel gioco o personaggi non giocanti di sfondo ma vere e proprie esperienze giocabili che sono andate a creare un nuovo modo di intendere il concerto, possibile soltanto nel videogioco. I due festival Block By Block West e Square Garden organizzati rispettivamente dalle band Courrier Club e 100Gecs, che hanno visto alternarsi sui palchi fatti di blocchi di Minecraft artiste e artisti come Idles, Charli XCX e Massive Attack hanno tentato (riuscendoci) di creare la sensazione di vivere davvero l’esperienza di un festival attraverso le meccaniche di esplorazione di base del gioco Mojang. Così come è stato quantomeno gradevole e curioso vedere Beck e i Gorillaz presentare il loro nuovo singolo insieme in anteprima durante uno dei numerosissimi late show che hanno popolato Animal Crossing nelle ultime decine di mesi.

E poi, ovviamente, ci sono due mega eventi organizzati da Epic Games per il suo Fortnite. L’esperienza che ruotava intorno al rapper texano Travis Scott e il bizzarro livello in modalità creativa realizzato dalla band Easy Life hanno di fatto settato nuovi standard per quanto riguarda un modo interattivo e unico del videogioco per vivere le esibizioni musicali. Un metodo che si inserisce perfettamente con il desiderio delle persone di riassaporare un briciolo di normalità ma che lo esalta e rende inevitabilmente legato con gli aspetti tipici del videogioco. Una fruizione che quasi sicuramente non andrà a sostituire quella più tradizionale, ma che probabilmente vedremo sempre più esplorata e sperimentata in futuro.

Luca Parri
Nato a Torino, nel 1991, Luca studia scienze della comunicazione come conseguenza della sua ossessione nei confronti delle possibilità che offrono i mezzi di comunicazione e ha lavorato come grafico e consulente marketing (lavoro che ha fatto crescere esponenzialmente la sua ossessivo-compulsività per le cose simmetriche e precise). Lo studio gli ha permesso di concretizzare la sua passione per i differenti linguaggi dei media, sperimentando con mano l'analisi linguistica e semiotica; il lavoro gli ha dato la possibilità di provare a inserire la teoria nel pratico. Studio e lavoro, insieme, lo hanno portato a scrivere di, tra gli altri argomenti, grafica pubblicitaria, marketing, comunicazione e comunicazione visiva collegata al videogioco.