Da guerre tra vermiciattoli a passeggiate su pianeti ignoti

Se siete stati videogiocatori tra gli anni ’90 e i 2000 ci sono altissime probabilità che abbiate avuto a che fare con titoli sviluppati e/o pubblicati dall’inglesissimo Team 17: dalla serie di Alien Breed, Qwak e Superfrog (tutti per Amiga) fino alla serie di Worms, forse la loro creazione più conosciuta.

Proprio in Planet Alpha, il Team 17 fa le veci di publisher, traghettando sui nostri schermi la creazione di un gruppo formato da alcune giovani menti provenienti dalla Danimarca (e non solo) che portano il nome di Planet Alpha ApS. Parliamo dunque di un titolo indipendente, che strizza l’occhio alla recente ondata di platform con narrazione silenziosa come furono Limbo e il più recente Inside, entrambi sviluppati da Playdead (anch’essa danese, guarda un po’!).

Pochi poligoni, tanta cura

Come ormai da tradizione per questo tipo di giochi, Planet Alpha ci catapulta in media res, lasciando al giocatore ogni possibile spiegazione di lore e background. Ci ritroviamo al comando di un longilineo umanoide vestito come un astronauta, con tanto di calotta di vetro in testa, un po’ reminiscenza di quello sci-fi di serie B di sessant’anni fa. Non abbiamo molte altre informazioni sulle vicende che ci hanno portato lì, se non che il gioco è a scorrimento 2D e il pianeta sul quale ci troviamo sembra essere un vero e proprio paradiso naturale, abitato da creature a tratti celestiali.

Ma si tratta di un paradiso, purtroppo, destinato a durar poco. La prima cosa che possiamo notare avviando il titolo è la formidabile cura per il lato estetico dell’opera.
Il gioco si muove su una dualità ben precisa: creature mastodontiche, strani insetti e cieli ipersaturati si scontrano letteralmente con lo stile low poly del design. Pareti rocciose praticamente senza texture e formate davvero da una manciata di poligoni si stagliano all’interno di sfondi ricolmi di colori e piccoli dettagli. Un continuo mescolarsi di luci e cromie con elementi a malapena abbozzati. Iperbole esplicativa: immaginatevi di pescare da un livello di Starfox per SNES e infilare tutto in Horizon Zero Dawn.

Totalmente straniante, ma è uno stile che funziona. E permette agli sviluppatori veri e propri virtuosismi artistici: effetti 3D che s’intersecano, giochi di luce che fanno tra l’altro parte del gameplay e una palette di colori vivissimi, che fa la sua porchissima figura se osservata sui pannelli di ultima generazione. Insomma, il comparto visivo di Planet Alpha non manca di qualità, seppur alcune scelte possano risultare un po’ troppo ridondanti nonostante la brevità del titolo (parliamo di meno di 5 ore di gioco per completare tutto e sbloccare il finale segreto). Più di una volta il giocatore si troverà a muoversi tra aliene giungle lussureggianti e paesaggi montani, saltando crepacci e schivando colpi di laser, avendo come unica vera differenza l’orario della giornata.

Considerata la qualità dello stile grafico, è un peccato non aver potuto vedere qualche tipo di ambientazione in più, magari in grado di discostarsi in maniera più netta dalle precedenti. Ma è davvero cercare il pelo nell’uovo in un titolo che è furbo e allo stesso tempo intraprendente nelle scelte visive.

Pochi controlli, tanto potenziale

Come si diceva, il giocatore viene calato nei panni (in questo caso nella tuta spaziale) di un umanoide ritrovatosi dopo un ammaraggio su di un lussureggiante pianeta tanto selvaggio e bello da vedere quanto sconosciuto. La scampagnata all’interno di questo “nuovo mondo” durerà davvero poco, poiché a quanto pare la superficie del pianeta sembrerà essere letteralmente invasa da una specie ostile di robot di varia foggia, tutti con la particolarità comune di essere usciti da una serie TV sci-fi con poco budget, proprio come il nostro protagonista.

Chiaramente tutte le vicissitudini del titolo verranno mostrate al giocatore utilizzando il gameplay, senza alcun dialogo o cutscene. Dal paradiso (extra)terrestre in cui eravamo, saremo letteralmente costretti a correre a perdifiato all’interno di un vero e proprio inferno di laser e creature metalliche con chiari intenti omicidi, finendo negli oscuri anfratti del pianeta in cui ci troviamo, tra tane sotterranee di giganteschi insetti e antichi templi misteriosi. Il tutto utilizzando pochissimi input: la levetta di sinistra muove il nostro personaggio a destra o a sinistra, quella di destra muove leggermente la telecamera di gioco, un tasto per il salto, uno per le azioni contestuali (come trascinare determinati oggetti nel fondale di gioco), uno che permette al personaggio di camminare invece che correre e infine i due dorsali per consentire al tempo di gioco di muoversi in avanti o indietro.

Sì, avete capito bene, il nostro misterioso e magro protagonista silenzioso possiede la capacità di controllare il fluire del tempo. Certo, per gran parte del gioco questo potere è limitato solamente se ci si trova sopra determinate piattaforme e verrà utilizzato quasi esclusivamente per risolvere brevi enigmi ambientali, ma la capacità di far tramontare il sole o, viceversa, farlo sorgere è qualcosa di davvero utile all’interno del mondo di Planet Alpha.

Ed è qui che il titolo zoppica vistosamente. Gli enigmi partono prendendo per mano il giocatore, mostrando ad esempio come portando la notte con i propri poteri, l’ambiente di gioco cambia, facendo ad esempio sbocciare un tipo di fungo notturno per poterlo utilizzare come piattaforma. È il tipico tutorial silenzioso, che mostra direttamente piuttosto che infarcire lo schermo di spiegoni.
Bello, ma poi? La meccanica del ciclo giorno/notte non si spinge oltre, ripetendo semplicemente il proprio pattern di difficoltà ancora e ancora. Insomma, il potenziale che lasciava trasparire il gameplay alla fin fine non porta davvero da nessuna parte, ed è un gran peccato. Uniamo il tutto all’obbligo del dover sottostare alle bizze dell’intelligenza artificiale per superare alcun enigmi ambientali, come ad esempio quando avremo a che fare con alcune ronde di nemici.

Perché Planet Alpha nel suo core è uno stealth game: nessuna possibilità di attaccare gli avversari, si muore velocemente e con pochissimi colpi subiti (spesso ne basterà uno solo). Tutte scelte che portano ad aggirare i pericoli, piuttosto che affrontarli. Ma che fare quando si viene scoperti, si muore velocemente, altrettanto velocemente si rientra in gioco da uno dei tanti checkpoint fortunatamente inseriti prima di ogni possibile incontro fatale, e si scopre che niente nell’ambiente di gioco è stato resettato e il nemico che ci aveva scoperto è uscito dalla sua ronda per inseguirci ed è rimasto esattamente nello stesso punto in cui ci aveva ucciso poco prima? Bisogna attendere che l’intelligenza artificiale lo faccia muovere e lo riporti al suo percorso originario. Ed è frustrante aspettare i comodi di un’IA in un gioco che dovrebbe in qualche modo essere fluido e dal ritmo continuo, poiché sarebbe bastato resettare la posizione degli avversari ad ogni morte per evitare certe inutili attese.

Nonostante queste sviste macroscopiche e la quasi assenza di una curva di difficoltà che permetta agli enigmi di svilupparsi, vi sono piccole chicche di gameplay apprezzabili. Come ad esempio l’utilizzo di una musica di sottofondo contestuale all’azione, con un tappeto sonoro di ambient che si trasforma en passant in minacciosa quando ci si trova vicino a pericoli o si viene scoperti dai nemici. O ancora, senza far troppi spoiler per la “trama”, la comparsa di quelli che si possono riconoscere come boss fight, abbattibili superando alcuni enigmi ambientali contro gli stessi o semplicemente sfuggendone gambe in spalla, correndo su veri e propri percorsi ad ostacoli. Se avete giocato a Limbo, le sezioni con il ragno sono esattamente quello di cui sto parlando, qui addirittura ampliate e spettacolarizzate per lo stile e il gameplay che consente il titolo.

Planet Alpha

Verdetto

Se vi piacciono i giochi belli da vedere, forse Planet Alpha è uno degli indie dallo stile grafico più riuscito degli ultimi anni. Se vi piacciono i platform dallo storytelling criptico con enigmi ambientali, Planet Alpha ne fa sicuramente parte, certo, ma non brilla proprio come dovrebbe nello svilupparne la sua natura di rompicapo. Qualche enigma porterà ad utilizzare il cervello in maniera creativa, certo, tuttavia compreso il pattern, lo si ritroverà ripetuto per il resto del gioco. Ed è un gran peccato, perché con una maggior cura su questo lato, probabilmente avremmo avuto tra le mani un vero gioiello anche pad alla mano, non soltanto su schermo.

Se vi piace Planet Alpha…

Come abbiamo già detto più volte in fase di recensione, vi consigliamo di recuperare Limbo, puzzle-platorm del 2010, oppure Inside, titolo sempre sviluppato da Playdead. A questo link Amazon trovate un cofanetto con entrambi i giochi, qualora siate interessanti.

Gianluca Boi
Recensore seriale, blogger, giocatore di ruolo decennale, hardcore gamer, groupie di Alan Moore. Amante dei Souls, di Castlevania e di Banjo-Kazooie e fanboy di Jet Set Radio. Ha visto Matrix almeno 42 volte, segue il wrestling ed è fissato con lo studio della musica tutta, con una piccola predilezione per gli Ulver, i Fair To Midland e le OST. Nasconde purtroppo un terribile segreto: non sa proprio come leggere gli orologi con le lancette (non scherzo).