Moda e anime: due mondi mai distanti

Tanti settori, dall’intrattenimento fino ai cibi preconfezionati, si affidano a personaggi e mascotte accattivanti degli anime e non solo per promuovere i propri prodotti e il mondo della moda non è da meno. Abbiamo già parlato di come in Giappone siano nati precisi stili d’abbigliamento in numerosi quartieri di Tokyo frequentati dai giovani: da Shibuya ad Harajuku, passando per Ikebukuro o Ginza, ognuno di questi ha avuto una propria rappresentanza modaiola, che finiva per comparire sulle riviste dedicate, con tanto di consigli per seguire gli stessi canoni estetici stabiliti da coloro che li indossavano quotidianamente in un costante desiderio di affermazione individuale.

Anche grazie all’enorme influenza da esse esercitata, queste mode oggi sono sopravvissute tra le pagine delle loro riviste ma anche dei manga che vengono ancora ristampati e negli episodi di vecchi anime ridistribuiti sulle nuove piattaforme streaming. Specialmente per quanto riguarda gli stili nati negli ultimi anni ’90 e primi 2000, gli anime e i manga in cui compaiono sono oggetto di un nuovo interesse da parte di una audience ora sicuramente più attenta alle apparenze – complice sicuramente lo sviluppo dei social network – e dunque propensa a riscoprire un’estetica forse nostalgica ma comunque di effetto, con sue peculiarità difficili da ignorare.

moda anime

I grandi brand di moda, però, haute couture o fast fashion che sia, oggi non si accontentano di riproporre capi, tessuti, colori e tagli di una volta. Ora rispondono direttamente a un nuovo trasporto, manifestato dai giovani che impazzano su Youtube, Instagram o Tik Tok con video in cui mettono assieme outfit ispirati proprio a personaggi di anime famosi. Le firme prendono allora ispirazione dagli anime in maniera letterale, assecondando una nuova estetica dettata dalla loro stessa clientela e cercando, al contempo, di trasformare il concetto di kawaii in un ideale di eleganza e sofisticatezza tutto occidentale.

Come e perché le grandi firme usano gli anime nei loro capi d’alta moda

Il connubio tra anime e moda non è una trovata dell’ultimo periodo. È possibile osservare diverse collaborazioni tra firme quali Prada, Supreme, Louis Vuitton e opere come Final Fantasy XIII-2, Akira, addirittura One Piece e Dragon Ball. In verità, ancora prima di tali collaborazioni, erano gli stessi mangaka a osservare e riprodurre abiti di Dior, Versace o Gucci ed è per questo che, ad esempio, Hirohiko Araki, autore de Le Bizzarre avventure di JoJo, oltre che ispirarsi alle pose di alcuni modelli per quelle ancor più famose dei suoi personaggi, ha pure realizzato delle illustrazioni per una vera campagna di promozione per una collezione di Gucci (da notare come il sensei abbia ammesso anche nella sua visita a Lucca Comics 2019 di essere affezionato al nostro Paese sotto più aspetti: questa non è che un’ulteriore conferma).

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Il reciproco interesse tra moda e anime si fa praticamente naturale, quando poi diventano i manga e gli anime stessi a dettare le mode del momento. I titoli più famosi acquisiscono una tale popolarità da spingere molte grandi aziende ad affidarsi ai personaggi più amati dal pubblico per farne i propri ambassadors e lo stesso avviene con le case di moda, i cui fondatori sono i primi a essere attratti dall’enorme forza culturale di videogiochi e anime giapponesi. Miuccia Prada, ad esempio, fu grande fan di Appleseed e per il film Appleseed Ex Machina del 2007 si occupò del design dei vestiti dei personaggi. Si tratta di un primo esempio piuttosto lungimirante, quello della casa di moda nostrana, imitata poi da molte altre firme che riconobbero presto come moda, anime e videogame facciano affidamento in egual misura all’estetica e a un linguaggio visivo d’impatto.

Con l’avvento dei social, questo sposalizio si è fatto ancor più necessario e spontaneo, portando alla riscoperta di alcune colonne portanti, specialmente degli anni ’90: in tale contesto la fa da padrona Sailor Moon su tutti, con i suoi colori pastello e simboli che ora ritroviamo anche sui maglioncini di collezioni di brand come Bershka; per non parlare della reinassance che sta vivendo il genere cyberpunk in questo momento e al quale la moda ha sempre guardato con occhio di riguardo, rifacendosi a grandi opere come Akira, come avvenuto per alcuni design di Lowe o Supreme; perfino i Pokemon, nati con i propri videogiochi ed evolutisi (pun intended) in un franchise enorme, sono stati d’ispirazione per l’alta moda, ad esempio con un motivo di Pikachu stampato sulle borse di Longchamp.

La controversia di Moschino

Insomma, la forza di anime e manga è quella di avere uno storytelling intrinseco capace di superare praticamente qualunque differenza, anche se non sempre è comprensibile a tutti. A questa lacuna sopperisce allora il mondo della moda, universale e in grado di assorbire qualsiasi genere di influenza. Le due realtà quindi si nutrono a vicenda e attraggono insieme lo stesso pubblico. Tuttavia, ciò potrebbe essere un’arma a doppio taglio.

Nel costante ballo a due tra moda e anime, ci sono comunque delle regole che prevedono sempre il rispetto degli stilisti ma anche dei mangaka e delle loro opere. Come facevamo notare all’inizio, questo interesse quasi ossessivo per l’estetica pop giapponese è tutto occidentale: le firme citate finora sono tutte occidentali e questo perché in Giappone, nonostante negli anni il giudizio si sia un po’ affievolito, essere otaku di anime e manga continua ad essere un hobby tutto sommato mal visto. Siamo noi occidentali ad aver ribaltato il significato di una parola per nostro comodo, quasi a volerci appropriare culturalmente di tale concetto.

Oltre a questo, talvolta qualcuno fa proprie narrazioni non sue, mancando ulteriormente di rispetto a opere e mangaka del caso, come è accaduto nell’ultima polemica accesa da una collezione di Moschino: la collezione Anime Antoinette ha tutta l’aria di essere una copia dell’iconica opera di Riyoko Ikeda, Le Rose di Versailles aka Lady Oscar, una copia “rozza”, come è stata definita dalla società che gestisce i diritti del manga, da sempre ben protetti dalla sua autrice.

Con questa controversia si pone dunque il punto interrogativo finale, su quanto il mondo della moda e quello degli anime possano beneficiare dell’influenza reciproca, cercando di fare i propri interessi allo stesso tempo. Entrambi sono ormai motori sociali affermati e preponderanti nella vita di molti, soprattutto i più giovani, che basano quasi completamente il proprio senso del gusto su queste forme d’espressione. Tuttavia, è giusto sfruttare fin praticamente al plagio la passione di milioni di persone? Siamo convinti di no, specialmente quando è così evidente che nemmeno serve replicare in propria difesa (e Moschino infatti non ha mai risposto a queste accuse), ma dunque quale può essere l’equilibrio tra due forze così dirompenti e in continuo mutamento?

Sicuramente, finché ci sarà una domanda, ci sarà un’offerta e mai come ora il singolo desidera poter spiccare in mezzo alla folla e insieme trovare una propria comunità, un gruppo d’appartenenza. Sia la moda che gli anime fanno esattamente questo, in quanto mercati che muovono enormi somme di denaro ma che nascono innanzitutto come grandi passioni.

Alessia Trombini
Torinese, classe '94, vive dal 2014 a Treviso e si è laureata all'università Ca' Foscari di Venezia in lingua e cultura giapponese, con la fatica e il sudore degni di un samurai. Entra in Stay Nerd nel luglio 2018 e dal 2019 è anche host del podcast di Stay Nerd "Japan Wildlife". Spende e spande nella sua fumetteria di fiducia ed è appassionata di giochi da tavolo, tra i quali non manca di provare anche quelli a tema Giappone.