Miyazaki ci mette nei panni di uno spirito che si muove nello spazio e nel tempo, alla ricerca del proprio scopo.

Quando Déraciné fu annunciato all’E3 fu un po’ una sorpresa. Tutto ci aspettavamo da FromSoftware tranne che un titolo VR.

Un titolo che salvo sottolineare uno stile grafico molto vicino alle opere del team giapponese, in particolare BloodBorne, il trailer non lasciava capire esattamente cosa potevamo aspettarci. 

Cos’è dunque Déraciné? Si tratta di qualcosa dalla struttura molto semplice, un’avventura alla Gone Home se vogliamo, un “walking simulator” piuttosto guidato in cui si interagisce con l’ambiente e si risolvono semplici puzzle contestuali. Nei panni di uno “spirito gentile”, cosi viene definito dai piccoli protagonisti della storia, avremmo il controllo di un fantasma, la cui identità non è meglio specificata. Ci troveremo quindi a percorrere le aule e le stanze di una scuola che funge anche da orfanotrofio, in cui  vivono sei studenti, consapevoli della nostra presenza, ma che non hanno modo di comunicare direttamente con noi. La nostra intermediaria principale sarà la giovane Yulia, che ci chiederà inizialmente di portare a termine semplici compiti per dimostrare la nostra presenza, nel mentre che impareremo a conoscere anche gli altri membri del gruppo. Come in una favola aulica d’altri tempi, non è che i singoli siano caratterizzati chissà come, e ci viene fatta intendere sì qualche inclinazione personale, ma ciò che meglio vuole essere evidenziata è soprattutto la loro innocenza.

Ecco quindi che la prima parte del gioco che procede molto lentamente, serve a incorniciare questo contesto. Più avanti però, le vicende prendono una forma più drammatica e articolata, inserendo nel tessuto narrativo dei risvolti che condizioneranno il destino dei ragazzi e che coinvolgeranno i viaggi nel tempo.

Come spirito, avremmo infatti due poteri: quello di prelevare la vita da un qualsiasi essere, anche piccoli animali, per infonderla in un’altro morto, oppure quello di cambiare “epoca”. Ci troveremo quindi a completare semplici obiettivi, svolti i quali, si attiverà la possibilità di viaggiare indietro (o in avanti) nel tempo di giorni o addirittura mesi. Si tratta di una progressione molto guidata e in mano al gioco stesso. Se ne evince una linearità marcata che di fatto si limita a concederci la possibilità di interagire con gli oggetti per osservarli o conservarli in inventario per utilizzi successivi, oppure per interagire con i personaggi, toccandoli per attivare una breve sequenza o sentire un loro dialogo.

In quanto entità ultraterrena, ci muoviamo in una dimensione molto particolare che esula dal normale fluire del tempo. I personaggi sono immortalati nell’attimo che andiamo a vivere, immobili. Nelle loro vicinanze possiamo solo far scaturire dei globuli che rappresentano l’eco vocale di un loro dialogo. Ascoltare le conversazioni infatti permette sempre di capire chiaramente cosa fare e dove andare. I “puzzle” sono spesso più che enigmi veri e proprio, una semplice questione di osservazione e di attenzione verso le informazioni rilasciate dagli oggetti, o dai “vocali”dei personaggi sospesi nella zona. Tutto questo rende Déraciné quasi un libro interattivo, un racconto tridimensionale particolare e per certi versi affascinante, ma anche un gioco estremamente, forse troppo, statico, che oltre a rendere la partecipazione del giocatore quasi “accessoria”, ci mette anche diverso tempo ad ingranare e a svelare i veri punti di interesse della storia. 

Ci pensa fortunatamente la cifra stilistica di Miyazaki a risollevare le sorti di un prodotto che altrimenti mi verrebbe da definire in maniera brutale, noioso. Déraciné infatti nella sua linearità nasconde una sofisticata lore che coinvolge tutto un immaginario intrigante e suggestivo che ruota attorno al mondo spirituale, che spesso come ci ha abituato l’autore giapponese, si svela solo grazie a piccoli frammenti di informazioni ricavati dalle celeberrime descrizioni di oggetti di ogni natura, anche apparentemente irrilevanti, che danno diversi indizi per comporre mentalmente un mosaico narrativo intorno al contesto del gioco piuttosto originale e non privo di spunti interpretativi, definendo quindi in sostanza l’esperienza Déraciné, se non entusiasmante, quanto meno molto interessante, a prescindere dai limiti strutturali.

Tecnicamente il titolo di FromSoftware è sicuramente riuscito sotto tutti i punti di vista. Visivamente lo stile della compagnia giapponese è sempre riconoscibile e qui espresso in maniera encomiabile nonostante si tratti un prodotto per PS VR, di solito incline a mostrare il fianco quando si tratta di pulizia grafica. D’altro canto come detto il gioco è statico, le ambientazioni (in pratica la scuola e poco altro) sono dettagliate ma davvero poco estese, le animazioni poche e basilari. Per sua natura, e suoi limiti, quindi il gioco si presta a poche critiche. Per quel che riguarda il sistema di movimento e le interazioni, anche qui il semplice game design ha permesso di fare un lavoro semplice ma preciso. Ci si muove con il “teletrasporto” nei punti in cui miriamo con la testa e si muovono le mani del fantasma con i move, senza particolari problemi.

Verdetto

Miyazaki sfrutta la VR per raccontarci una storia meno interattiva e più delicata del solito, ma sempre dotata di quell’enorme fascino che solo la sua poetica criptica e carica di suggestioni sa donare al giocatore. Déraciné si pone pochi obiettivi, non vuole essere molto più che una malinconica fiaba raccontata per mezzo della VR in circa 3, massimo 4 ore di gioco. Una fiaba però dal ritmo veramente lento, che tergiversa fin troppo nelle premesse, non permettendo da questo punto di vista di raggiungere una rotondità perfetta. Si tratta di un gioco che vive di contraddizioni molto forti, che contrappone ad un “gameplay” estremamente semplicistico e già visto in altre esperienze simili, uno stile narrativo brillante, per certi versi estremamente sofisticato, che rielabora in maniera personale e intrigante concetti quali tempo, legami e spiritualità, donando così parecchio spessore alle semplici e apparentemente ingenue vicende dei protagonisti. Un titolo destinato esclusivamente a chi vuole questo tipo di esperienza o a chi non rinuncia a nessuna possibile declinazione creativa dell’estro di Miyazaki, che anche in un titolo modesto come questo, brilla di luce propria non meno rispetto ad altre sue produzioni più blasonate.

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!