Rogue City – Bronx sbarca su Netflix, riempiendolo di sangue, pallottole e nichilismo estremo

Marsiglia vive di contrasti. Tra terra e mare. Tra diverse etnie. Tra legalità e crimine.
Non esistono sfumature nella città francese, che vive un eterno conflitto che coinvolge ogni elemento del suo tessuto urbano.
Rogue City (Bronx) ripercorre questi contrasti, declinati in una crime story che profuma di salsedine, proiettili e sangue. In uscita il 30 ottobre su Netflix la pellicola di Olivier Marchal si insinua nei meandri più cupi e tortuosi di Marsiglia, quelli delle guerre tra gang, popolati da personaggi la cui morale è sprofondata in un oblio etico senza ritorno. Il punto di vista del film è quello di chi dovrebbe far rispettare la legge, in questo regno più animale che umano. Ma cosa succede se chi dovrebbe mettere un freno al caos, è marchiato da sempre con il fuoco del crimine?

 

Bad boys marsigliesi

Rogue City (Bronx) inizia con uno sparo. Un rumore che echeggia da sempre nelle vie di Marsiglia e che accompagna l’esistenza tormentata di un luogo che ha sposato un patto eterno con il male.

Ci troviamo al nord della città, dove va in scena il valzer letale in cui ballano corrotti e corruttori, prede e vittime. La miccia che fa esplodere ogni cosa viene detonata quando il clan dei Bastiani, una delle famiglie principali operanti nell’habitat marsigliese, organizza un’atroce carneficina in un bar frequentato da arabi e malviventi. Qualcuno ha fatto una soffiata e i Bastiani hanno colto al volo l’occasione per spargere sangue e piombo caldo.

Ed è qui che entrano in scena i veri protagonisti di Rogue City – Bronx. La squadra anticrimine deve individuare i mandanti di quel massacro e capire cosa realmente è successo.
Richard Vronski è a capo delle operazioni ed è uno sbirro dai metodi sui generis, che punta più al risultato che al mezzo con cui è costretto a ottenerlo. Ma a Marsiglia non si vive, si sopravvive.

Vronski e i suoi compagni, altrettanto irruenti e poco metodici, devono collaborare con gli odiati membri della BRB, la Brigade de répression du banditisme capitanata da Mario Costa, il cui modus operandi è altrettanto discutibile. A peggiorare la situazione e a mettere ancor più ostacoli al team di Vronski ci pensa l’arrivo del nuovo direttore, il commissario Ange Leonetti, chiamato a mettere ordine in uno dei reparti di polizia più sregolati e anarchici che esistano.

In città intanto la guerra tra clan raggiunge l’apice della violenza, quando marsigliesi e corsi iniziano una faida senza fine, che macchierà chiunque. Vronski e i suoi devono fermare o quantomeno frenare questo exploit di violenza e vendetta. Ma l’unico modo per farlo a Marsiglia è entrare nel fango della malavita e sporcarsi.

Il vero volto del crimine

Inserendosi nella decennale tradizione dei polar francesi, Rogue City (Bronx) rappresenta una realtà cara alla cinematografia e letteratura, quella Marsiglia, che Jean-Claude Izzo aveva saputo ritrarre abilmente nella sua trilogia noir. Olivier Marchal torna sul luogo dei misfatti e dipinge abilmente la cruda e violenta città della Provenza.

L’elemento che sottolinea la credibilità e l’accuratezza narrativa del film si può riscontrare proprio nel background del cineasta transalpino: Marchal in giovane età era infatti un “flic”, termine gergale con cui i francesi definiscono i poliziotti. L’aver vissuto le dinamiche interne alle forze dell’ordine portano il regista a descrivere con estrema verosimiglianza gli articolati intrecci umani ed esistenziali che vibrano sotto le apparenze. Dietro al distintivo pulsa un cuore umano, ben lontano dal racconto stereotipato del vigilante incorruttibile e ineccepibile. I poliziotti descritti da Marchal vivono all’interno del ciclone malavitoso, cercano in tutti i modi di fermarlo, ma non possono fare a meno di scendere a compromessi per prolungare la propria esistenza.

rogue city bronx
In una sorta di “cane mangia cane” di bunkeriana memoria, la violenza è l’unica condotta percorribile in un mondo che Marchal descrive con un nichilismo portato all’estremo. Per il regista non c’è speranza, la brutalità e la corruzione sono pervasive e il pessimismo viene radicalizzato. Non c’è via di scampo e ai proiettili si risponde con altri spari.

La scelta del cast ben si amalgama in questa ricerca del cupo realismo. Richard Vronski è ben interpretato da Lannick Gauntry, salito alla ribalta nel 2012 con Se sposti un posto a tavola. Rogue City (Bronx) segna poi il ritorno sul grande schermo di uno dei rapper/trapper pià famosi in Francia, Kaaris. Zach Damato invece è interpretato da David Belle, fondatore della disciplina-movimento del Parkour.

Marchal continua quindi il trend percorso durante quasi tutta la sua carriera cinematografica, seguendo la linea del thriller crudo, carico di violenza e privo di buoni sentimenti. Non ci sono sottotesti, si segue un’unica via, sulla scia dei proiettili sparati tra le vie di Marsiglia. Tra colpi di scena e di pistola.

Leone Auciello
Secondo la sua pagina Wikipedia mai accettata è nato a Roma, classe 1983. Come Zerocalcare e Coez, ma non sa disegnare né cantare. Dopo aver imparato a scrivere il proprio nome, non si è mai fermato, preferendo i giri di parole a quelli in tondo. Ha studiato Lettere, dopo averne scritte tante, soprattutto a mano, senza mai spedirle. Iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2006, ha collaborato con più di dieci testate giornalistiche. Parlando di cinema, arte, calcio, musica, politica e cinema. Praticamente uno Scanzi che non ci ha mai creduto abbastanza. Pigro come Antonio Cassano, cinico come Mr Pink, autoreferenziale come Magritte, frizzante come una bottiglia d'acqua Guizza. Se cercate un animale fantastico, ora sapete dove trovarlo.