Ripercorriamo Seven, uno dei capolavori di David Fincher
“Mai gridare aiuto, ma sempre al fuoco. Nessuno risponde a una richiesta di aiuto. Tu urla al fuoco e arrivano di corsa.”
Non è solo una citazione da archivio, ma una scabrosa istantanea della nostra società, dove il peccato è l’amaro frutto, e la violenza trova il suo alleato più fedele nell’indifferenza della gente.
A dir poco cinica e aspra la verità con la quale il regista David Fincher ci pone a tu per tu, aiutandoci a riflettere su uno dei problemi alla base del sistema, in quello che è senza dubbio uno dei suoi migliori film (per quanto sia complicato fare una classifica, dato che sono quasi tutti capolavori) e ancor più certamente un cult, film iconico degli anni ’90.
Già, perché è davvero passata una vita da quando Seven (Se7en) uscì nelle sale, precisamente nel dicembre del 1995.
Un film duro, crudo, che ci mette a contatto con la realtà di un mondo che fa paura, al punto che anche la cosa più bella e piacevole, come mettere al mondo un figlio, può paradossalmente diventare un incubo, solamente pensando a tutti i pericoli che dovrà affrontare. Magari un’esasperazione, probabilmente una forzatura, ma certamente una verità che i nostri occhi non guardano se non quando costretti a farlo in prima persona.
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Ma al di là dei messaggi, più o meno nascosti, che il film ci manda, è senz’altro di estrosa genialità la capacità di Fincher di rendere affatto banale e per nulla omologabile agli standard questo thriller, dove accurate scelte di script (buon lavoro di Andrew Kevin Walker) e un brillante cast contribuiscono a far esplodere il già apprezzabile Brad Pitt, oltre che ovviamente a far di questo film una vera e propria pietra miliare della cinematografia.
Per far apparire interessanti le vicende di due poliziotti (Brad Pitt e Morgan Freeman) alle prese con un assassino seriale, probabilmente non sarebbe bastata l’intuizione di associare ogni delitto ad un peccato capitale, ma si sono rese necessarie ulteriori accortezze. La follia omicida di un uomo fuori dal contesto e dalla vita e dalla storia dei personaggi principali, è un plot twist che rende ulteriormente interessante il percorso narrativo.
Inoltre è inquietante quanto sublime l’identità che costui dà ad ogni delitto, incarnando tutti i vizi capitali, e donandogli al tempo stesso un’originale e sbalorditiva peculiarità.
Il finale, spietato ma prettamente simbolico, è come il ferale epilogo del cammino intrapreso dal Male, e che non può non concludersi in maniera scioccante, dopo aver tuttavia lasciato intravedere la possibilità di una scelta, di una sorta di redenzione dal peccato; senza però avere buon esito, concedendo la fine al depravato percorso.
Scioccante, brutale, disturbante, ma un thriller impeccabile: Seven di David Fincher è senza alcun dubbio un film cult, che non ci stanchiamo mai di vedere.