Harley Quinn: l’Arlecchino di Gotham nasconde una storia drammatica, che in pochi hanno saputo raccontare

l cinema è associata al volto e al look di Margot Robbie. Presto tornerà in nuova veste (musicale) interpretata da Lady Gaga. E, in effetti, l’esistenza stessa di Harley Quinn nasce sullo schermo – un caso abbastanza eccezionale nella storia della DC. Dall’etere alla carta, dunque, e non viceversa. E dall’etere ha periodicamente trovato nuovi spunti e nuova vitalità. Eppure, è soprattutto nei fumetti (fin ora) che il personaggio è stato adeguatamente approfondito ed esplorato, dissezionato nella sua biografia e nella sua psicologia. Questa indagine accurata (e un affetto particolare da parte dei suoi creatori Paul Dini e Bruce Timm) l’ha resa tra le più virali tra le icone provenienti dai comics, riscuotendo un rinnovato successo anche tra i lettori e le lettrici più giovani.

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Da spalla a protagonista

Se pensate che la backstory della spalla di Joker fosse definita fin dall’inizio, questo è un grosso errore. Non a caso, tra l’altro si è usato il termine “spalla” che, alla luce del personaggio così come è noto ora, può sembrare riduttivo. Eppure, all’inizio, e precisamente l’11 settembre 1992, quando andò in onda l’episodio “Un piccolo favore” della serie animata Batman, HQ era proprio questo. Serviva una controparte scanzonata, che rendesse ancora più folle l’ambiente in cui Joker si muoveva, in contrapposizione al cupo e serio Uomo Pipistrello. Questa giullare, questa Arlecchino (l’assonanza col nome è voluta), bucò immediatamente lo schermo e venne reclamata come presenza fissa. Il suo essere un elemento di disturbo, completamente diversa dai personaggi femminili visti fino a quel momento la rese decisamente accattivante. Era, ed è, un alter ego femminile caotico e anarchico, senza alcun riguardo dei codici e delle regole. A suo confronto, persino il Principe Pagliaccio di Gotham sembra una persona a modo. Non si leggeva nelle sue azioni un disegno vero e proprio, ma sembrava muoversi sull’impulso dell’istante. Niente di più pericoloso.

Inoltre: il costume. Nonostante andasse a sedersi sullo scranno di pupa del boss, il suo aspetto non era né provocante, né iper-sessualizzato. Indossava, anzi, un abito rosso e nero abbastanza buffo, con una calzamaglia che la copriva totalmente e un cappello a sonagli che la privava dell’elemento sensuale della chioma. Anche la sua faccia era coperta da una mascherina, e il trucco la avvicinava più a un clown che a una femme fatale. Era divertente. E rubava la scena al suo puddin’.

Ma chi era davvero Harley Quinn?

Non dobbiamo aspettare molto prima di ritrovare Harley Quinn anche nei fumetti. Il suo debutto avviene precisamente nel settembre 1993 in The Batman Adventures n. 12 (disegnata da Mike Parobeck). In questo numero, la “fidanzata di Joker” si allea con Poison Ivy contro Batgirl. Insomma, la villain viene spostata in una storia tutta al femminile, come spesso accade nei prodotti mainstream che vogliono aprirsi alle lettrici. Tuttavia, il fumetto che dona realmente spazio al personaggio di Harley Quinn è Mad Love del febbraio 1994, curato dai suoi creatori Paul Dini e Bruce Timm. Qui vediamo la dottoressa Harleen Quinzel, ovvero la versione “in borghese” di HQ. O, ancora meglio, la sua versione “sana”, se così si può dire. Con Mad Love, Dini, Tim e la DC in generale introducono il tema degli “amori tossici” in una narrazione mainstream. Il rapporto tra Joker e Harley Quinn è descritto come un complesso gioco di salvataggio e condanna, in cui la dedizione della psichiatra Quinzel degenera pericolosamente in un’ossessione sentimentale. Harley Quinn e la sua leggerezza iniziano ad assumere sfumature sinistre, più appartenenti a una donna che ha perso la ragione piuttosto che a una persona con una propria vocazione criminale.

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Nel suo essere carnefice e vittima, Harley Quinn acquisisce uno spessore diverso e incarna la contraddizione propria nei “rapporti malati”. Subisci un abuso, ma sei talmente dentro il vincolo psicologico che sei praticamente tu a richiederlo. Joker dal canto suo, si muove in questo rapporto con un altro tipo di peso e lucidità. Usa Quinzel per uscire di prigione, e instaura con lei un rapporto di co-dipendenza, con un meccanismo di tira e molla che esaspera l’attaccamento di lei, e maschera con un teatrino di gag una delle derive più spaventose delle relazioni umane.

Harleen: un racconto contemporaneo di Harley Quinn

I narratori che si sono accostati alla dottoressa Quinzel sono stati diversi, negli anni. Su tutti, però, voglio segnalare il recente graphic novel Harleen, scritto e disegnato da Stjepan Sejic.

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Una tavola di Harleen di Stjepan Sejic.

Il fumettista croato ha un approccio particolare al personaggio di Harley Quinn. Reinventando le sue origini, secondo lo schema intoccabile del rapporto dottoressa/paziente che instaura con Joker, si prende più tempo per parlare della dottoressa Quinzel. Innanzitutto, gli preme sottolineare la profonda intelligenza e la grande sensibilità della psichiatra e una certa similitudine (almeno in un primo momento) con un altro potenziale matto dalle buone intenzioni di Gotham: Batman. Entrambi, infatti, agiscono con la segreta speranza che i criminali, Joker compreso, possano essere in qualche modo redenti. Se in Batman questo si avverte anche nel suo codice etico, che gli impedisce di uccidere i suoi nemici anche quando sarebbe la soluzione più comoda e definitiva, Harleen declina la sua speranza in una ricerca scientifica.

Inoltre, la vita di Harleen prima di Arkham è descritta secondo un copione molto comune. Quinzel è emarginata dai suoi colleghi dopo una relazione clandestina con un suo professore, il che la marchia indelebilmente con lo stigma dello slut shaming e la delegittima professionalmente. Si muove come una reietta ai margini della comunità accademica, pagando per il pregiudizio di una mentalità sessista. Arkham sarà il suo biglietto per fuggire da un ambiente opprimente, che ha lentamente inquinato anche la sua autostima.

Come si cade nella trappola

Il racconto di Stjepan Sejic descrive con una certa cura il meccanismo di manipolazione che Joker attua su Harley Quinn. Allo stesso tempo, mostra con chiarezza che alla base di un tale successo c’è una società che sminuisce la persona, che è sempre pronta a puntare il dito verso ogni atto “sbagliato”. Insomma, Harleen arriva a Joker con una visione del mondo già incrinata, e la salva – in un primo momento – solo la sua forte motivazione medica. Quando, però, la società attorno a lei sembra sgretolarsi, i punti di riferimento morali crollano e sono sostituiti dal fascino del “cattivo ragazzo da salvare”, così il sistema di valori della nostra protagonista si ribalta. L’amore, da Sejic descritto consapevolmente anche nella sua dimensione erotica, diventa quasi un pretesto per abbandonare una vecchia identità stantia.

Harleen Quinzel, dunque è – sì – manipolata da Joker, ma anche attraverso di lui compie un atto di trasformazione. Non in una condizione ottimale, non in una piena stabilità psichica, l’abuser si insinua piuttosto in una persona compromessa, annusando naturalmente le sue crepe. Viene difficile pensare ad Harley come a una vittima tout court, perché questo personaggio invece rappresenta la complessità e la stratificazione di chi vive una relazione abusante. C’è desiderio, ma anche bisogno. C’è soggezione, ma anche l’imposizione di una cura, di un cambiamento e l’illusione (a volte trappola, a volte delirio di onnipotenza) di essere l’unica salvezza per l’amante.

Il lieto fine di Harley Quinn

Se ritengo fuori luogo definire Harley Quinn semplicemente una “vittima di Joker”, differentemente credo che le stia piuttosto bene l’appellativo di “sopravvissuta”. La sua storia la vede allontanarsi sempre di più dal Principe Pagliaccio del Crimine di Gotham per trovare una strada tutta sua. Naturalmente, una volta spintasi più in là della linea tra legalità e crimine, è piuttosto difficile tornare indietro. Anzi, probabilmente HQ neanche lo desidera. Quello di cui può pentirsi, alla luce degli anni passati col suo ex, non è tanto di essere diventata una fuorilegge, ma di averlo fatto per lui. Ora che non c’è più (nella sua vita, certo), Harley è libera di mettersi in proprio.

Gli autori hanno pensato bene di differenziarla da Joker e collocandola spesso in dimensioni collettive. Dalla sua entrata post-Flashpoint nella Suicide Squad (con un look del tutto diverso), alle sue avventure con le Gotham Sirens, HQ infrange anche lo stereotipo della donna incapace di solidarietà e gioco di squadra. Nel tempo, oltretutto, è diventato sempre più chiaro che narrativamente parlando HQ non aveva più molto bisogno di Joker, a cui è stata trovata anche una nuova compagna. Con l’avvicinamento, prima professionale, poi amicale, e infine sentimentale di Poison Ivy, invece, Harley diventa uno dei personaggi DC apertamente bisessuali più amati di sempre. Tra le due, oltretutto, si instaura una relazione che è immediatamente riconoscibile come diversa da quella con Joker. Niente sudditanza, niente maltrattamenti, niente Mad Love. Piuttosto, due supercriminali pronte a dare filo da torcere a Batman e a chiunque a Gotham abbia la malcapitata idea di incrociare la loro strada.